Il prezzo del lavoro ibrido
Mentre molte aziende prevedono di implementare modelli di lavoro ibridi permanenti che alternino le attività svolte in ufficio e quelle presso la propria abitazione, viene da chiedersi se il modello sia davvero vincente in termini di benessere e sostenibilità. Alcuni studi hanno infatti mostrato come l’alternanza possa risultare emotivamente estenuante per molte persone, mettendo in luce quanto lunga sia la distanza tra l’ideale e la realtà quotidiana della formula.
In una recente indagine globale condotta dalla piattaforma statunitense pensata per il coinvolgimento dei dipendenti Tinypulse, oltre l’80% dei responsabili ha riferito che tale configurazione si è rivelata estremamente faticosa per i lavoratori. Nonostante la gestione in parte in presenza e in parte a distanza del rapporto lavorativo sembrasse una vittoria per tutti, specie alla luce della maggiore flessibilità alla quale apre le porte, lo studio ha offerto spunti di riflessione che invitano a considerare con attenzione i punti d’ombra dell’ibrido.
Interrompere la routine richiede una maggiore organizzazione
Dal punto di vista di Elora Voyles, People Scientist di Tinypulse, insieme con la novità del lavoro ibrido è svanito anche l’entusiasmo dei lavoratori. “Abbiamo scoperto che le persone dalla metà circa del 2021 hanno iniziato a essere meno positive sul modello”, ha commentato Voyles, facendo notare come sul parziale fallimento di questo modello lavorativo possa aver pesato il fatto che nei mesi estivi e primaverili del 2021 le organizzazioni hanno per la maggior parte improvvisato le loro politiche ibride, spesso senza consultare i collaboratori.
Il problema, per Voyles, è che l’interruzione della routine quotidiana e il continuo passaggio dal lavoro in presenza a quello a distanza è molto stancante. Nel sondaggio di Tinypulse su 100 lavoratori in tutto il mondo il 72% ha segnalato un esaurimento dovuto al lavoro ibrido: quasi il doppio rispetto a chi lavora completamente da remoto e maggiore anche rispetto a chi lavora solo in ufficio. Il campione, dall’osservatorio di Voyles, riflette una tendenza più ampia: “Una routine prevedibile e coerente può aiutare a far fronte a sentimenti di stress e incertezza, specialmente durante una pandemia, mentre l’ibrido richiede frequenti modifiche alle abitudini quotidiane”. Esige, infatti, maggiore energia, organizzazione e pianificazione.
Inoltre, un recente studio ripreso dalla Bbc, ha rilevato che il 20% dei lavoratori che utilizzavano questo modello nel Regno Unito trovava difficoltoso staccarsi dal lavoro, lamentando di sentirsi sempre connesso e mentalmente immerso nelle attività professionali. Una criticità che è stata evidenziata anche riguardo ai confini tra casa e lavoro, citati come difficili da mantenere nel regime ibrido: questo può comportare il rischio di una presenza digitale full time maggiore anche rispetto ai lavori completamente remoti, che richiedono e implicano fin dall’inizio la fiducia del datore di lavoro.
Il potenziale del modello ibrido va oltre gli orari e gli spazi di lavoro
Perché l’ibrido risponda davvero alle aspettative di chi con tanto entusiasmo l’aveva abbracciato, diventa essenziale, ha ribadito Voyles, che venga praticato nel modo migliore possibile. “Il momento in cui le cose vanno storte è quello in cui il programma viene dettato da un supervisore. I collaboratori finiscono per trovarsi con una settimana lavorativa su cui non hanno alcun controllo”, ha spiegato. Anche perché il lavoro ibrido è una definizione ampia che può essere interpretata in molti modi, che vanno dal recarsi in ufficio tre giorni alla settimana al farlo una volta al mese. È inoltre utile, perché le strutture di lavoro a distanza siano più solide, che vengano predisposti meccanismi per garantire che i dipendenti dispongano dei software e degli strumenti giusti per il lavoro da casa, rendendo più facile il passaggio dalla gestione casalinga a quella in ufficio.
Per il momento ci troviamo nel bel mezzo di un grande esperimento e potrebbe volerci parecchio tempo perché i problemi del modello ibrido vengano sciolti. Si tratta, in ogni caso, di una grande opportunità per modificare il modo in cui lavoriamo. Ma il cambiamento deve andare oltre il nuovo orario stabilito dai responsabili e avvicinarsi sempre più a un paradigma che possa funzionare altrettanto bene per il datore di lavoro e per il lavoratore.
Fonte: Bbc
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
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