Il ruolo della responsabilità sociale delle imprese

Ormai è abbastanza consolidato: l’unico modo per generare soluzioni fondate a problemi complessi consiste nel dare spazio a percorsi inclusivi che mettano in gioco tutti gli attori dell’ordine e dello sviluppo, ognuno con le proprie logiche e finalità di azione. È la nota risposta a quattro mani, capace di realizzare “l’interazione intelligente di mercato, istituzioni illuminate, cittadinanza attiva (nelle sue forme individuali e organizzate in enti intermedi) e imprese responsabili” (Consulta scientifica del Cortile dei Gentili, 2020). Posta la centralità del mercato e dei processi economici nel fare società, fra tutti questi attori, alle imprese responsabili spetta una posizione inevitabilmente da protagonista. Lo sviluppo sostenibile non può prescindere dal ruolo delle imprese responsabili.

Più che un prodotto, come noto, la Responsabilità sociale delle imprese (Rsi) può essere definita come un processo: “il punto finale di una catena logica che parte dall’etica di impresa e, attraverso il traghettamento della responsabilità sociale, arriva alla rendicontazione dell’incidenza dell’impresa sulla società, nello specifico extra-contabile” (De Nardis, 2011). Ancor meglio, la Rsi può essere letta come “una delle leve principali per la gestione della crescita economica e dello sviluppo, intendendo con questo termine l’inclusione della coesione sociale e del rispetto ambientale” (Iannone, 2006) nell’ottica sistemica degli effetti prodotti dalle azioni delle imprese. Nell’essere la risultante di ben quattro dimensioni di esperienza sociale – mercato, lavoro, comunità e ambiente – integrate tra loro secondo certi dettami (Iannone, 2006), si può dire che nell’idea stessa di Rsi vi sia stato sin dall’origine un impegno verso un determinato tipo di sostenibilità.

Anche il piano morale rimanda a un connubio quasi inevitabile tra Rsi e sostenibilità, se si tiene presente l’orizzonte valoriale sempre più condiviso ai nostri giorni di agire “in modo tale che gli effetti della (propria) azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana” (Jonas, 1991). A questo proposito rileva anche notare che furono tre i fattori fondamentali che fecero esplodere il tema della Rsi tra gli Anni 80 e 90, spingendo sin dall’inizio nella direzione di una sorta di ‘sodalizio’ in re ipsa tra sostenibilità e agire responsabile da parte delle imprese.

Basti ricordare i riferimenti al fiorire di organizzazioni di società civile impegnate nella tutela dei cittadini, dei consumatori e dell’ambiente; all’allargamento della globalizzazione e dei relativi processi di perdita di corrispondenza tra impresa e territorio; e al sorgere di una nuova consapevolezza dell’impronta umana sull’ambiente, favorita dalla diffusione dei lavori del Club di Roma e del Rapporto Meadows (Meadows et al., 1972).

Uno sviluppo economico ma compatibile con l’ambiente

D’altra parte, il Libro verde della Commissione europea già dal 2000 considerava la Rsi come “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Nel suo successivo intervento del 2011, la Commissione rivedeva la definizione in “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”, vale a dire come l’integrazione delle preoccupazioni sociali, ambientali, etiche, dei diritti umani e sulle sollecitazioni dei consumatori ai fini, da una parte, della creazione di valore condiviso tra proprietà, stakeholder e società e, dall’altra, di identificazione, prevenzione e alleviamento dei possibili effetti avversi dell’azione industriale.

Parlare di sostenibilità significa far riferimento a quell’universo culturale di teorie volte a promuovere un’idea di sviluppo innanzitutto economico, ma al contempo compatibile con l’ambiente naturale e con la dimensione sociale, intesa nella doppia accezione di equità sociale e garanzia dei diritti delle generazioni presenti e future (Assemblea generale della Nazioni Unite, 2015; Istat, 2020; Senatore e Sterpone, 2019).

Il ruolo della dimensione sociale

Nell’ambito di questa cornice che tratteggia una sorta di corrispondenza inevitabile e nelle cose tra le possibilità di sviluppo sostenibile e l’agire responsabile delle imprese, risulta necessario chiarire in particolare che ruolo svolga la dimensione sociale nelle declinazioni della sostenibilità e quali contenuti specifici fornisca alla Rsi oggi; come le imprese concorrano alla sostenibilità sociale e quale quadro di potenzialità e limiti questa analisi ci restituisca.

Il binomio Rsi-sostenibilità necessita, dunque, di ulteriori specificazioni volte a fare chiarezza sulla loro interrelazione e sulla delineazione dei tratti peculiari di ciascuna di esse. Se si adotta una logica strumentale per intendere la Rsi e si considera l’agire responsabile dell’impresa come sforzo volto a rimettere al centro dell’attenzione l’uomo e l’ambiente, allora sarà possibile comprendere come rappresenti il mezzo e non la finalità (Sciarelli, 2007), attraverso cui conseguire uno sviluppo che sia sostenibile.

Si può perciò dire senza timore che la sostenibilità, nelle sue varie declinazioni (ambientale, economica e sociale), sia la finalità a cui tendere mentre la Rsi, in un certo senso, rappresenti l’insieme di tutte quelle azioni e tutti quegli strumenti che a livello pratico possono essere messi in atto dalle aziende per raggiungere l’obiettivo preposto. Si tratta di mezzi e fini che non sono a loro volta scevri da criticità. Basti rilevare come la Rsi rappresenti uno degli ambiti in cui è maggiormente possibile constatare un discostamento tra la realtà dei fatti, da una parte, e le dichiarazioni di principio e le rappresentazioni dall’altra.

O come la ricerca utilitaristica di produzione di quantità sempre maggiori di proventi abbia spesso portato a sovrapporre le idee stesse di utilità e benessere. D’altro canto, l’abbondante letteratura ha anche dimostrato come attualmente il concetto di sostenibilità lasci spazio ad ampie interpretazioni che, se da una parte, sono inclusive di molteplici anime e specializzazioni settoriali, dall’altra ne disinnescano la portata ideale attraverso la nebulosità concettuale (Senatore e Sterpone, 2019; Keiner, 2006; Latouche, 2006).

Ecco, quindi, che il ritorno all’analisi delle molteplici dimensioni che costituiscono la sostenibilità diviene elemento imprescindibile di un’analisi ragionata delle modalità attraverso cui la stessa è divenuta ingrediente inderogabile di qualsiasi attuale declinazione di Rsi. Come già accennato in precedenza, e come emerge dai contenuti e dalle dichiarazioni dell’Agenda 2030, si può intendere la sostenibilità come essenzialmente composta di tre dimensioni: ambientale, economica e sociale.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Maggio-Giugno 2021 della rivista Sviluppo&Organizzazione.
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sostenibilità, responsabilità sociale d'impresa


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Romina Gurashi

Assegnista di ricerca presso La Sapienza, Università di Roma

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