Il salario minimo non s’ha da fare

L’Italia non è pronta per il salario minimo. In attesa che il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) – da poco ufficialmente presieduto da Renato Brunetta – elabori una proposta concreta sulla questione, imprenditori e manager si stanno interrogando sulla proposta lanciata dai di partiti di opposizione (Alleanza Verdi e Sinistra, Azione, MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico, +Europa), avanzata a luglio 2023, sull’introduzione del salario minimo nel nostro Paese. L’idea promossa prevede un sistema misto, cioè che sia riconosciuto il trattamento economico minimo previsti dal contratto collettivo e, allo stesso tempo, che la retribuzione minima non sia inferiore a nove euro all’ora.

L’Italia è una dei pochi tra i 27 Paesi dell’Unione Europea, insieme con Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia, a non prevedere per legge un salario minimo. A trattenere l’evolversi della situazione non è, però, la mancanza di condivisione degli ideali, ma ostacoli concreti. Da qui l’opinione di Alessandro Raguseo, CEO e Co-Founder di Reverse, azienda internazionale di headhunting e Risorse Umane, che, analizzata la proposta dell’opposizione, resta scettico sull’introduzione del salario minimo. “I temi sono altri, come la sostenibilità economica, il cambiamento o l’adeguamento della contrattazione collettiva, il probabile conseguente depauperamento della rappresentanza sindacale, la diminuzione della tassazione sul lavoro”, ha spiegato Raguseo.

Per trasformare le condizioni attuali occorre, secondo il CEO di Reverse, intervenire sulla macchina burocratica del lavoro, sulla diminuzione del numero dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) – in Italia se ne contano 1037, secondo i dati, aggiornati a giugno 2023, del Cnel – sulla semplificazione della busta paga e sulla riduzione del costo del lavoro per le imprese e della tassazione per i dipendenti. “Sarà importante stabilire un monitoraggio di applicazione, in modo da intervenire ove necessario aiutando le imprese, tramite anche aiuti da parte dello Stato”, è l’opinione di Raguseo.

Troppi contratti collettivi con diversi formati         

Il primo ostacolo da affrontare è, infatti, proprio il cuore della proposta: la retribuzione superiore a nove euro all’ora. In Italia molti contratti non prevedono una paga a ore, ma mensile. Le modalità del Ccnl sono inoltre molto varie, così come la modalità di calcolo della retribuzione oraria. Ogni contratto presenta un numero differente di giorni di ferie, di ore di permessi e anche di mensilità, senza contare il fatto che ci sono aziende che forniscono diverse forme di welfare ai propri dipendenti: come verrebbe conteggiata questa forma di risparmio e quindi di retribuzione aggiuntiva nei confronti di chi non ha lo stesso beneficio?”, ha argomentato Raguseo.

Inoltre, secondo il CEO di Reverse, le aziende cercherebbero di adeguare i livelli salariali all’andamento generale andando così a irrigidire il mercato, che potrebbe a sua volta spingere le imprese a trasferirsi all’estero. La reazione a catena continuerebbe ancora, perché le imprese cercherebbero di ammortizzare l’aumento dei costi e tra le modalità rientrano la riduzione del personale, formule di contratto alternative o di lavoro sommersi fino alla cessazione dell’attività. Quindi, se da un lato il salario minimo potrebbe essere una soluzione per affrontare l’inflazione, dall’altro lo stesso costo dei beni crescerebbe perché gli aumenti per le imprese si trasformerebbero in costi aggiuntivi sui prezzi.

Seppur l’Italia non è pronta per il salario minimo, Raguseo ritiene che sia utile parlarne per poter rimuovere gradualmente gli ostacoli e arrivare realmente pronti a una trasformazione del tessuto lavorativo italiano: “L’introduzione di un salario minimo è sicuramente tra gli obiettivi da portare sui tavoli decisionali, ma sono altrettanto convinto che bisogna arrivare alla sua introduzione in modo estremamente ponderato con delle basi di contesto solide”.

Cnel, salario minimo, Alessandro Raguseo, ccnl


Alessia Stucchi

Alessia Stucchi

Alessia Stucchi è giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne in triennale e in Sviluppo Economico e Relazioni Internazionali in magistrale. Nel 2023 ha vinto il Premio America Giovani della Fondazione Italia Usa che le ha permesso di conseguire il master Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Nel tempo libero si dedica alle camminate, alla lettura e alle serie tivù in costume.

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