Il tabù dello stipendio ci fa guadagnare meno

Desiderare uno stipendio più alto può essere un fattore motivante nella ricerca di un nuovo lavoro. Se puoi guadagnare di più svolgendo la stessa attività altrove, vale almeno la pena esplorare le diverse opzioni. Ma per farlo bisogna prima credere nella possibilità di essere pagati di più per lo stesso lavoro e, secondo un recente studio riportato dall’emittente britannica Bbc, la maggior parte delle persone sottovaluta in modo significativo le retribuzioni di chi è impiegato in occupazioni simili alla propria in realtà diverse. Dal punto di vista dei ricercatori è proprio questo a disincentivare nella ricerca di lavori meglio retribuiti e a risultare più svantaggiate di altri sono le persone con i redditi più bassi. Se i lavoratori fossero più consapevoli delle disparità salariali, secondo lo studio almeno il 10% dei lavori a bassa retribuzione semplicemente non sarebbe più svolto alle attuali tariffe. 

Sebbene le persone siano sempre più consapevoli dei vantaggi della trasparenza salariale, in particolare come mezzo per ridurre il divario retributivo di genere, resta una latente riluttanza nel parlare apertamente di retribuzione. Ora più che mai, però, con l’attuale carenza di manodopera nei più diversi settori e con la conseguente sfrenata ricerca di lavoratori e lavoratrici sviluppare un po’ più di curiosità sugli stipendi altrui potrebbe ben pagare, letteralmente. 

Con più trasparenza salariale molti lavori non sarebbero più praticabili con i salari attuali 

A indagare il tema è stata Nina Roussille, Economista presso la London School of Economics, parte di un team di università statunitensi, britanniche e tedesche che tra il 2019 e il 2020 ha esplorato come i lavoratori guardano alle loro possibilità nel mercato del lavoro dal punto di vista dell’offerta retributiva. I ricercatori hanno intervistato in Germania 516 persone rappresentative della popolazione attiva. Ai partecipanti è stato chiesto quanto si sarebbero aspettati di guadagnare se entro i successivi tre mesi si fossero spostati in un’altra azienda svolgendo un lavoro simile. Circa la metà ha affermato che avrebbe guadagnato più o meno lo stesso stipendio. Confrontando invece i loro stipendi effettivi con quelli di alcuni dei loro ex colleghi, le convinzioni che li animavano si sono rivelate nettamente al ribasso: la maggior parte degli ex colleghi ha riferito di aver riscontrato grandi cambiamenti salariali in positivo durante il trasferimento nel nuovo posto di lavoro. 

Inoltre, circa la metà degli intervistati credeva di guadagnare a grandi linee la retribuzione media per la propria occupazione, mentre solo il 20% di loro rientrava effettivamente in questa fascia. Tutti gli altri guadagnavano molto di più o molto meno rispetto alla media e le persone nelle aziende con i salari più bassi erano anche quelle meno propense a credere di poter ricevere più denaro altrove. Secondo i calcoli di Roussille e dei coautori della ricerca, se tutti i lavoratori avessero accesso a dati accurati sugli stipendi offerti dal mercato, tra il 10% e il 17% dei rapporti di lavoro non sarebbero più praticabili con i salari attuali: tutti chiederebbero di più. 

La paura delle conseguenze alimenta la riservatezza 

Lo studio non ha esaminato il motivo per cui le persone erano così male informate sui livelli salariali, ma altre ricerche hanno evidenziato come domandare ai colleghi informazioni sui loro stipendi venga percepito come un momento di disagio. Tamara Montag-Smit, Assistant Professor di Management presso la Manning School of Business dell’University of Massachusetts Lowell, ha fatto notare come anche il suo studio condotto sul tema abbia suggerito che questa riluttanza deriva dalle preoccupazioni delle persone su come potrebbe incidere sulle relazioni con gli altri. Questo vale soprattutto per i lavoratori che sentivano di poter guadagnare molto di più o molto di meno dei loro colleghi, e che temevano che se le persone avessero saputo la loro retribuzione questo avrebbe potuto danneggiare il loro status sul posto di lavoro. 

Sia Roussille che Montag-Smit hanno sottolineato che, nel caso per esempio delle donne, essere informate ha un effetto significativo nell’intaccare le disparità salariali di genere. La ricerca di Montag-Smit, in particolare, suggerisce che nelle aziende con trasparenza salariale uomini e donne hanno la stessa probabilità di successo nei negoziati per una retribuzione migliore. Roussille ha fatto anche notare che il meccanismo che vede le donne chiedere una retribuzione inferiore rispetto alle controparti maschili con competenze simili sparirebbe se alle persone venisse comunicato lo stipendio medio per un ruolo prima di essere interrogate sulle proprie aspettative salariali. 

La trasparenza è una battaglia comune 

Nel complesso Montag-Smit ha osservato negli ultimi anni una lenta tendenza verso una maggiore trasparenza sui salari. “Anche solo l’idea di condividere aspetti come la retribuzione media o i nomi dei dipendenti con le retribuzioni più alte è qualcosa di cui i dipartimenti delle Risorse Umane dieci anni fa non avrebbero parlato”, ha commentato, spiegando come ora la pratica sia molto più diffusa. Ciò è dovuto, secondo la docente, anche alla proliferazione di siti web e piattaforme nelle quali le persone condividono in modo anonimo i propri salari, avvicinandosi così alle trattative salariali con almeno una certa consapevolezza del loro valore di mercato.  

Roussille e i coautori della ricerca sperano che quest’ultima possa essere utile ai lavoratori. Nel frattempo, è importante dal suo osservatorio che le persone diano un’occhiata ai siti web di confronto retributivo per farsi un’idea della distribuzione dei salari. Ma soprattutto che vadano oltre il tabù della riservatezza della retribuzione e domandino direttamente a colleghi ed ex colleghi i loro guadagni. “Questo permetterebbe di conoscere meglio le proprie possibilità nel mondo del lavoro”, ha affermato. Facendo qualcosa di importante per se stessi e per gli altri. 

Fonte: Bbc 

stipendio, trasparenza salariale, Nina Roussille


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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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