Il valore dell’intermediazione della consulenza informatica

Macchine e strumenti per l’automazione e la digitalizzazione rappresentano un’esigenza reale: gli investimenti  4.0 possono migliorare i tempi produttivi, tagliare gli sprechi e aiutare il management a raggiungere gli obiettivi di bilancio. Ma da soli gli investimenti non bastano. Per far sì che fruttino davvero è necessario avere una visione precisa e procedere per gradi. 

Fabrizio Riccomi, CEO & Founder NeroSuBianco, azienda di consulenza che accompagna i percorsi di crescita delle Piccole e medie imprese (PMI) italiane attraverso l’innovazione tecnologica, ne è convinto: proprio le PMI possono oggi ragionare come le imprese più grandi. Il limite alla crescita e all’efficientamento non è infatti più la dimensione, bensì riguarda la sfera della mentalità. “Basta trovare soluzioni che siano adatte alla propria situazione”, dice Riccomi. 

Lo scenario conferma la sua visione: “Esistono casi di aziende medio-piccole che pur non avendo responsabili IT o figure completamente dedicate ad organizzare i reparti produttivi stanno già  puntando all’efficienza attraverso la digitalizzazione e la messa in Rete dei macchinari”, prosegue il CEO. Essenziale, in questo caso, è trovare il giusto partner strategico nell’organizzazione: “Proprio per il fatto che non ci sono figure interne responsabili o specializzate su determinati argomenti, le PMI hanno bisogno di affidarsi a consulenti esterni capaci di mettere insieme numeri, strategia, processi e tecnologia”. Perché quando eseguita ad hoc e progettata puntando alla concreta efficienza, la consulenza da costo si trasforma in profitto. 

Implementare i giusti strumenti in azienda 

Per capire meglio l’importanza strategica dell’intermediazione della consulenza informatica, Riccomi illustra i ruoli dei protagonisti sul fronte della digitalizzazione: se l’azienda necessita di nuovi macchinari e programmi, i fornitori di soluzioni possono proporre e vendere tutto ciò di cui ha bisogno l’organizzazione, ma è un rischio farlo senza ‘adattare’ la proposta alla situazione reale e senza analizzare ciò che già esiste nell’impresa. “L’intermediario studia invece i processi aziendali in atto e ipotizza quali siano gli strumenti più adatti, quelli più facilmente adottabili e quelli che aumenterebbero davvero la produttività, senza intralciare ciò che già avviene”, dice il CEO. Se l’acquisto dei macchinari e la digitalizzazione dei processi avvengono senza che prima siano fatte l’analisi dello scenario As-Is e To-Be, simulando i possibili effetti delle installazioni di nuova tecnologia, questi potrebbero diventare un puro costo, più che un investimento efficiente in termini di produzione. 

Secondo Riccomi, quindi, alle PMI serve un anello di congiunzione con i produttori di software che propongono strumenti certamente efficaci, ma solitamente ideati per aziende di dimensioni più grandi. “La nostra società esegue delle analisi che consentono di confrontare le soluzioni presenti sul mercato non in modo generico, bensì valutando in che modo esse possano rispondere ai bisogni dell’azienda in cui andranno installate. Grazie a questo approccio anche le soluzioni più complesse possono essere ricondotte ad un linguaggio immediatamente comprensibile, semplificando così i processi di scelta di investimento anche a quelle imprese che, per la loro natura, non hanno intenzione di stravolgere i processi per adattarsi a un software”.  

Il processo è più o meno sempre lo stesso. Si parte da una situazione complicata da risolvere, si analizzano sprechi e inefficienze partendo dal bilancio e da eventuali strumenti di controllo, si procede valutando i processi e le criticità derivanti da un utilizzo non efficiente degli strumenti presenti. Questa analisi permette di capire i margini di miglioramento e di individuare i punti su cui lavorare. L’obiettivo finale consiste nell’individuare soluzioni che semplifichino la quotidianità, si affianchino al lavoro di ottimizzazione dei processi — laddove necessario  — e aiutino a monitorare macchinari e il ciclo produttivo facendo risparmiare tempo e denaro, garantendo al tempo stesso uno svolgimento più sicuro, snello ed efficace delle attività. 

Una consulenza integrata dalla teoria alla pratica  

Utile a questo punto è fare un esempio concreto di come una consulenza efficace e mirata porti a implementare i giusti strumenti in azienda. Si prenda il caso (reale) di una piccola officina meccanica che produce accessori di moda per le aziende del lusso. Si tratta di un’impresa, racconta Riccomi, che lavora per fasi complesse e che – nonostante abbia già effettuato investimenti in tecnologie digitali di processo – ha ancora difficoltà a monitorare tutto il processo produttivo. “Proprio come in moltissime aziende del tessuto italiano, quando i procedimenti digitali sono già avviati – ma in una fase embrionale – bisogna prendere in considerazione ciò che già c’è, valutandone l’efficacia e congruità rispetto a struttura nuova che si andrà ad acquisire o implementare”. 

Nel caso di questa azienda  dotata di macchine a controllo numerico, di reparti per le lavorazioni particolari e la rifinitura e di impianti complessi (come la galvanica per le piccole parti degli accessori) alcune parti del processo produttivo erano già automatizzate o semiautomatizzate, ma gli investimenti in vista erano diversi, perché la digitalizzazione richiede costanti aggiornamenti. “Organizzazioni di questo tipo devono quantificare gli sprechi in anticipo rispetto all’acquisizione dei nuovi macchinari e software”, è il suo consiglio. E dato che questa analisi può diventare complicata, le aziende di consulenza possono gestirla al meglio, indirizzando con cognizione di causa il management o la proprietà e spiegando come passare dalla gestione su carta all’utilizzo omogeneo di un gestionale di Manufacturing Execution System (MES) sempre più integrato (che colleghi il software a tutte le macchine per gli interi processi). 

“La prima azione? Individuare le procedure che già sono in atto e quelle che servono, con una fase pre-ingegnerizzazione che renda tutto più efficiente e semplice per tutti, usando nuovi device e nuove interfacce. E solo dopo aver individuato e installato una nuova infrastruttura l’azienda può decidere su quali tecnologie investire, selezionando il fornitore di un MES che risolva in maniera definitiva l’eventuale inefficienza del ciclo produttivo”, conclude Riccomi. 

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Sara Polotti

Sara Polotti è giornalista pubblicista dal 2016, ma scrive dal 2010, quando durante gli anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (facoltà di Lettere e Filosofia) recensiva mostre ed eventi artistici per piccole testate online. Negli anni si è dedicata alla critica teatrale e fotografica, arrivando poi a occuparsi di contenuti differenti per riviste online e cartacee. Legge moltissimo, ama le serie tivù ed è fervente sostenitrice dei diritti civili, dell’uguaglianza e della rappresentazione inclusiva, oltre che dell’ecosostenibilità.

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