Il welfare aziendale dichiara guerra al tabagismo
Secondo un recente studio condotto da Pivot Health, piattaforma specializzata nel mondo delle assicurazioni sanitarie, il 48% dei datori di lavoro negli Stati Uniti prevede nella sua lista di priorità del 2022 interventi volti a disincentivare il tabagismo tra i lavoratori. La ragione di tale tendenza risiede in parte anche nell’aumento del consumo di sigarette che si è verificato con la pandemia; secondo i dati raccolti dai Centers for disease control and prevention, un organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, c’è stato un incremento della vendita di sigarette dell’1% nel 2020, dopo che dal 2015 in poi era scesa ogni anno di una percentuale tra il 4% e il 5%.
Dal punto di vista di esperti citati da Benefit news, tale aumento può essere legato allo stress psicologico che molte persone hanno vissuto dall’inizio dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. E i datori di lavoro ne stanno vedendo gli effetti: quasi la metà dei dirigenti stima che i fumatori si collocano tra il 21% e il 50% dei propri dipendenti, mentre per l’altra metà dei dirigenti coinvolti nel sondaggio di Pivot le persone che fumano sono ben oltre il 50% del personale.
Negli Stati Uniti le sigarette sono ancora un tabù
Per rispondere a queste statistiche, chi si occupa di benefit aziendali si sta impegnando in prima linea per aiutare i collaboratori a smettere di fumare. “È un vero e proprio lavoro di salute pubblica e assume un valore ancora maggiore se consideriamo che dopo anni di interventi e iniziative abbiamo ancora 50 milioni di persone negli Stati Uniti che fanno uso di sigarette”, ha commentato David Utley, Fondatore e CEO di Pivot, sottolineando l’importanza di politiche serie e continuative che non si basino su temporanei programmi di coaching in supporto dei lavoratori.
Ma non sono solo gli approcci superficiali a ostacolare la lotta al tabagismo: anche i tabù giocano il loro ruolo. Il 69% dei dipendenti coinvolti nell’indagine, infatti, ha dichiarato di evitare di esprimersi liberamente sul loro consumo di tabacco, in parte a causa, ha riportato la testata americana sul mondo del lavoro, dello stigma che negli Stati Uniti tocca chi fuma; questo ostacola, tra l’altro, non solo i progetti riguardo la propria professione, ma anche, più in generale, quelli governativi o legati a singole organizzazioni. La prevenzione è anche culturale e i luoghi di lavoro hanno l’opportunità non banale di farsi, più di altri ambiti, veicolo di cultura.
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
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