Imparare

Insegniamo ai giovani a imparare

Alla fine della quarta ginnasio la professoressa di lettere ci dettò un elenco di libri. Non una semplice lista, ma un bagaglio indispensabile per poter affrontare, diremmo oggi, le complessità della vita. Tra gli autori, Thomas Mann e tutta la grande letteratura russa, da Lev Tolstoj a Fedör Dostoevskij ad Anton Čhecov. Oltre ai grandi classici, da Miguel de Cervantes a Victor Hugo e Marcel Proust e Jean-Paul Sartre passando per il nostro patrimonio, che doveva comprendere Luigi Pirandello, Carlo Emilio Gadda e Grazia Deledda. Avevo preso sul serio il compito e, forse, il fatto di avere collocato Mann in cima alla lista, mi ha fatto appassionare alle storie che attraversano vicende sociali e umane che si snodano attraverso centinaia di pagine. E che richiedono tanto tempo per arrivare alla fine.

Parto da queste riflessioni per arrivare ai giorni nostri: viviamo nell’epoca del grande mismatch e ci interroghiamo sul ruolo della scuola come sistema educativo. La scuola non forma le competenze richieste dal mondo del lavoro, non produce tecnici a sufficienza e il gap tra domanda e offerta si allarga. Ma bisogna fare un passo indietro. Un ragazzo che inizia l’università dovrà formarsi tutta la vita, perché i contenuti dei ruoli cambiano a una velocità fino a qualche anno fa impensabile. Il sapere assimilato oggi sarà insufficiente per interpretare un ruolo domani. La predisposizione a imparare, l’attitudine ad approfondire e la curiosità sono caratteristiche indispensabili per garantire quella che viene definita employability. E qui sorge una prima questione. Lo studio richiede concentrazione e tempo. Due elementi messi a dura prova, dai device che catalizzano la nostra attenzione e dalle più evolute release di Intelligenza Artificiale (AI), che ci danno l’illusione che il tempo non sia più necessario per costruire un sapere. Basta la domanda giusta a ChatGpt e tutto quello che ci serve conoscere ci è restituito in pochi secondi. Lo scibile è racchiuso nei motori di ricerca. Non occorre sforzarsi, basta avere una connessione e sapere cosa chiedere. Viviamo nell’epoca del ‘real time’, i ragazzi vivono su TikTok, il contenuto si disvela in pochi secondi. In questo scenario, quanti si avventurano nelle vicende di Jean Valjean che si snodano in cinque volumi? Pochi, credo.

La domanda è: se ora il sapere si costruisce in modo diverso, se l’approfondimento lascia il posto alla ‘pillola’ (in formazione si chiama così), come ci stiamo attrezzando per gestire le grandi rivoluzioni tecnologiche, ambientali e sociali? Saremo, come cittadini, in grado di comprenderle e governarle? Il premio Nobel Daron Acemoglu ci ha messo in guardia: il potere è nelle mani di pochi che detengono grandi piattaforme di comunicazione, esercitano capacità di persuasione orientando i contenuti. Siamo sicuri di scegliere cosa leggere, acquistare o quali luoghi visitare? La domanda è tutt’altro che banale e qui torniamo alla scuola. Se sta cambiando la modalità con la quale alleniamo il nostro cervello a pensare, se modifichiamo i metodi di apprendimento, se deleghiamo ricerca e approfondimento a ChatGpt saremo in grado di affrontare la vita, e il lavoro, con consapevolezza e spirito critico? È possibile che la tecnologia ci stia rendendo più stupidi? L’intelligenza artificiale sarà il nostro superpotere? La risposta giusta è: dipende, ma da cosa? L’AI sta modificando il nostro modo di pensare e la modalità con la quale costruiamo la conoscenza e questo modificherà il sistema cognitivo. Come e con quali conseguenze è tema di studio.

Di certo AI e social media hanno già cambiato la nostra vita e, soprattutto, sono qui per restare. Dovremo essere capaci di farli convivere con l’espressione della nostra umanità. Per ora dobbiamo guardarci dal concetto che l’AI dia sempre risposte inoppugnabili: si tratta di uno strumento che va gestito. Per questo è importante sviluppare capacità di giudizio e spirito critico. C’è l’idea che le persone non possono vivere da sole davanti a un Pc, ma il contatto umano è una parte determinante della costruzione della nostra identità. Poi c’è la strada vuota davanti. Un cammino tutto da scrivere e che dipende da noi. La capacità che avremo di aggirare gli ostacoli, e di dare risposte innovative, dipenderà, anche, dalle letture che ci avranno accompagnato. I grandi libri che hanno indagato quanto c’è di universale ed eterno nell’umanità plasmano le tessere del mosaico della conoscenza che accumuliamo nel corso della vita. E ci aiutano a gestire le macchine.

formazione, apprendimento, scuola


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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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