Innovazione a costo zero
Situazione femminile, primavera 2022: le guerre che si stanno combattendo nel mondo sono molte e le donne pagano ovunque prezzi altissimi. In Ucraina molte di loro, insieme con i bambini, lasciano il Paese. Ai confini file di passeggini attendono di trasportare i più piccoli con i quali madri, sorelle, zie e nonne tentano la fuga. La giornalista russa Maria Ovsyannikova ha manifestato il proprio dissenso alla guerra facendo incursione con un cartello con la scritta “no war” in un notiziario russo. È stata arrestata, poi rilasciata e multata. Ma è probabile che non finisca qui… In Russia le madri dei soldati non si danno pace per un conflitto per il quale non vogliono sacrificare le vite dei figli.
Lasciando l’Ucraina e spostandoci a Sud Est si arriva in Afghanistan, in guerra dagli Anni 70 e con i talebani oggi al potere. La libertà delle donne è sotto attacco e la conferma definitiva è arrivata di recente, quando il regime ha ordinato la chiusura delle scuole femminili medie e superiori. L’istruzione garantisce un futuro, ma è proprio quello che i talebani vogliono controllare. Chiudere le donne in casa, sepolte sotto un burqa, è il modo migliore per mantenere saldo il controllo.
Anche in assenza di guerre, la libertà femminile è calpestata: in Oklahoma, negli Stati Uniti, è vietato interrompere la gravidanza. La legge permette di sporgere denuncia contro chi pratica o favorisca l’aborto. Un sistema di controllo ‘dal basso’ che cancella battaglie femministe combattute dalle nostre madri.
Minare l’autostima, rinunciare al talento
Nella rassegna sulla condizione femminile, anche il nostro Paese merita attenzione. Suggerisco la visione di Una femmina, film tratto da una storia vera che ripercorre la vita di una donna che si ribella al potere mafioso. I fatti risalgono ai primi anni del Terzo millennio e la sceneggiatura tratteggia il funzionamento di un’organizzazione sociale dove patriarcato e malaffare soffocano le donne all’interno di vite alienate, dove tutto è governato dalla paura e non è consentita alcuna forma di pensiero autonomo. “Senza gli uomini noi non siamo niente”: a questa frase della nonna, si ribella la protagonista Rosa, che non si piega a un ordine costituito, dove il lavoro delle donne è asservito al malaffare maschile. A inquietare è il periodo storico: non è la fine dell’Ottocento, ma siamo ai giorni nostri.
Mentre Samantha Cristoforetti viaggia nello spazio e Fabiola Gianotti guida l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare (Cern), quante sono le donne che vivono in condizioni di ‘libertà limitata’? Il film descritto è angosciante, documentato dall’inchiesta Fimmine ribelli, che testimonia storie di vittime di violenza nelle organizzazioni criminali: succede nella nostra Italia, nei paesi dove ancora ci sono famiglie che vivono seguendo le regole dettate dalla criminalità. Rosa vuole per suo figlio un destino diverso e collabora con la giustizia. Ma quanto costa questo coraggio? La storia fa riflettere sul ruolo delle donne, troppo spesso negato o asservito ad altri poteri. Negare l’istruzione significa mettere un’ipoteca su futuro; precludere il lavoro vuol dire negare la libertà; vietare l’aborto controllare il corpo delle donne. È un modo per dire: “Della tua vita non decidi tu”.
Alimentare una cultura dove la donna esiste, ma illuminata da un riflettore manovrato dalla cultura maschilista, è un modo subdolo per minarne l’autostima. Del resto, siamo abituate a situazioni nelle quali si mette in dubbio che la donna ce la possa fare. Partendo dalla domanda: “Ma come fa a conciliare la famiglia con il lavoro?” A un padre qualcuno ha mai posto tale quesito? Credo che l’atteggiamento verso le donne sia l’unico nel quale si perpetri, scientemente, un colossale sabotaggio. Il Corriere della Sera ha riportato un’analisi di Cerved dalla quale è emerso come nelle aziende guidate da donne o dove il management femminile supera la quota del 30% le performance crescano. Le imprese sono sollecitate ad acquisire software sempre più sofisticati e non intendo sottovalutare l’importanza dell’innovazione. Nondimeno, c’è un programma che potrebbero installare spendendo, oltretutto, poco (la guerra al pay gap rimane purtroppo una di quelle a ‘bassa intensità’). Darebbe risultati straordinari, ma si continua a non considerarlo: si chiama valorizzazione del talento femminile.
pay gap, lavoro femminile, talento, guerra