Internazionalizzazione

Innovazione e internazionalizzazione nella nuova globalizzazione

Negli studi di management ci sono temi che durano una stagione, legati a un’emergenza o a un’eccezione, ma pur sempre limitati alla durata di qualche mese o poco più. Altri argomenti, invece, sono ricorrenti e godono di una certa attenzione per poi sparire e ripresentarsi (spesso con denominazioni differenti e contenuti simili) qualche tempo dopo, quasi a sottolineare l’impossibilità, o quantomeno, la difficoltà di dare una soluzione definitiva, a ricordare come apprendere non sia sufficiente senza scartare, innovare, cercare strade nuove.

Tra i temi ricorrenti, l’internazionalizzazione delle aziende e la globalizzazione economica e dei mercati occupano un posto di tutto rilievo. Le grandi multinazionali, le Big tech, le aziende unicorno, le Born global, le startup e i grandi agglomerati indicano come ‘campioni’ nazionali hanno goduto (a periodi alterni) di attenzione. Minor spazio è stato dedicato alle aziende di medie dimensioni a forte esposizione internazionale, in passato soprannominate “multinazionali tascabili”. Celati e meno evidenti, ma fondamentali nel definire le proprietà della struttura industriale.

Alcune sono riconosciute quali eccellenze del settore di appartenenza, capaci di mantenere nel tempo competitività nei mercati globali e assicurare una continuità tecnologica e di innovazione; non di rado espressione di un territorio, ma proiettate nei mercati del mondo. Molte di queste aziende sono tanto di successo quanto poco conosciute fuori dal settore di appartenenza. A prima vista possono sembrare sospese tra la piccola impresa e la grande multinazionale; aziende che vivono la propria dimensione intermedia in uno stato di equilibrio. Anche quando riconosciamo la loro centralità, l’immagine che ne abbiamo resta sfumata, per comprendere meglio il ruolo delle aziende di medie dimensioni internazionali (Medium size multinational enterprise; Mmne) si deve mutare il punto di osservazione.

Per capire, poi, se e come queste fanno leva, per innovare, sull’esposizione internazionale, si deve modificare, o meglio capovolgere, la prospettiva tradizionale. È, dunque, necessario abbandonare l’ottica etnocentrica ed europea per meglio interpretare le strategie e le azioni di queste imprese lontane dall’Home market del nostro Continente. Così, si supera la contrapposizione tra locale e globale e si mette a fuoco come le esperienze internazionali siano diventate opportunità di apprendimento e innovazione per le aziende di medie dimensioni. Senza questo approccio si corre il rischio di applicare i modelli per le grandi aziende multinazionali o di continuare a gestire le Mmne come aziende di minore dimensione (Kriz e Welch, 2018).

In Europa l’esempio di maggior impatto e caratterizzazione della struttura industriale è quello della Mittelstand tedesca. Si riferisce alle aziende di piccole e medie dimensioni (più di un milione) che impiegano circa 20 milioni di lavoratori. In Germania rappresentano circa il 30% della quota nazionale di export in settori innovativi e, spesso, a forte impronta tecnologica con una posizione di leadership per qualità e soluzioni tecniche. Queste aziende tendono ad aver personale a forte specializzazione supportato dal sistema di formazione professionale, hanno una localizzazione definita, un organico stabile e basso turnover. Nelle ricerche spesso si considerano come più significative quelle che contano tra i 600 e i 1.500 dipendenti e con un fatturato complessivo tra i 75 e i 400 milioni di euro. Sono chiamate con orgoglio i “campioni nascosti” e riconosciute come un fattore di resilienza e solidità del sistema industriale della Germania e di competitività nell’economia globale.

Caratteristiche e proprietà delle Medium size multinational enterprise

Il primo problema che si incontra è quello della misurazione: le classi di aziende impiegate nelle rilevazioni statistiche internazionali presentano degli evidenti limiti. A livello europeo, Eurostat classifica le aziende come “medie” da 50 a 249 dipendenti e “grandi” a partire da 250. Queste classi dimensionali, che avevano una ragione in origine, costituiscono un limite all’analisi e alla definizione delle politiche economiche e industriali, che può essere superato dalle analisi per singoli settori che, a loro volta, soffrono in modo crescente di una definizione di confini molto labile.

Come è evidente, nei risultati delle politiche attive di sostegno all’occupazione e allo sviluppo dell’Unione europea, le classi dimensionali sono assolutamente cruciali per orientare correttamente le politiche e le azioni di supporto. Ampliando l’orizzonte di confronto all’economia globale, infatti, è chiaro che ‘one size doesn’t fit all’ (“una misura non vale per tutti”), ma anche che ‘the size matters’ (“la dimensione conta”). Le aziende di media grandezza a forte vocazione internazionale – definite da 500 a 2.500 dipendenti, con fatturato per oltre il 60% nei mercati non domestici (extra europei) e con la presenza di unità non solo commerciali nei mercati mondiali – rappresentano un campione interessante che raccoglie alcuni protagonisti dei mercati globali. Questo cluster si affianca ai grandi gruppi multinazionali, pur restando meno sottotraccia il contributo alla competitività del sistema produttivo e industriale e la capacità – in molti settori – di reagire alle trasformazioni.

Come descritto di seguito, molte delle Mmne presentano una capacità di bilanciare differenti strategie di replicazione, di adattamento e apprendimento. Questa sorta di ‘ambidexterity da media dimensione’ le rende protagoniste competitive dei contesti emergenti in situazioni geopolitiche e sociali profondamente mutate rispetto agli ultimi due decenni. Una conferma nasce dall’analisi delle strutture delle aziende europee che hanno saputo consolidare la loro posizione in mercati complessi come quelli asiatici, in particolare cinesi.

In quelle economie, la rapidità e la pervasività di alcune decisioni di governo finanziario che hanno avuto un effetto evidente sull’economia interna dei Paesi asiatici, hanno non di meno modificato le traiettorie di interi settori, imponendo flessibilità e velocità di adattamento e apprendimento (Walter et al., 2016) La competitività delle Mmne deriva dalla disponibilità di risorse (umane, finanziarie, tecnologiche, ecc.) e dall’agilità (decisionale e di governance) legate alla media dimensione. La combinazione di questi aspetti permette di affrontare e consolidare la posizione competitiva nell’economia globale in modo più efficace di quanto possano fare le aziende di minori dimensioni o le differenti strategie di cooperazione e aggregazione.

La necessità di disporre risorse e investimenti diretti è una condizione che, in molti casi, non sembra sostituibile con accordi di cooperazione e forme di joint venture a fronte di sistemi normativi e assetti istituzionali differenti e disallineati. Accanto alle risorse e alla flessibilità ci sono spesso anche inferiori costi organizzativi derivanti dalla minor rigidità e strutturazione organizzativa. Anche sulla base di semplici osservazioni sull’economicità degli assetti, l’essere ‘stuck in the middle’ sembra offrire dei vantaggi o, quantomeno, aprire a un ampio ventaglio di opportunità e alternative organizzative.

Combinazioni e differenti configurazioni emergono quasi a sottolineare uno spazio di sperimentazione organizzativa che le piccole aziende faticano a trovare e che le grandi non realizzano. Dai grandi mercati internazionali sono escluse le aziende di minori dimensioni che non riescono a crescere e raggiungere una soglia minima. Dove la competitività non è solo originalità e spirito imprenditoriale, le dimensioni sono un reale vincolo. Le caratteristiche organizzative assegnano alle Mmne un ruolo da protagonisti più capaci di interpretare la nuova globalizzazione economica e industriale. Ma se è un’ipotesi per il futuro, meglio rileggere le evidenze che fanno capire quali sono e potranno essere in prospettiva i contributi di queste imprese allo sviluppo economico.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2022 di Sviluppo&Organizzazione.
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PMI, globalizzazione, Mittelstand, Medium size multinational enterprise


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Andrea Pontiggia

Ima Lab Università Ca’ Foscari, Venezia, Sda Bocconi, Milano

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