Giorgia Meloni

L’Italia post elezioni: le sfide del nuovo Governo (di centrodestra)

Mentre la coalizione di centrodestra si attesta al 44%, Fratelli D’Italia – il partito di Giorgia Meloni – si conferma in testa guadagnando il 26% dei risultati elettorali; la Lega, invece, crolla al 9% e Forza Italia all’8%. Il centrosinistra non arriva al 27%: il Partito democratico raggiunge il 19% e risultano intorno al 3% Alleanza Verdi e Sinistra e +Europa; Impegno Civico non arriva neppure all’1%. Azione e Italia Viva si fermano all’8% e il Movimento 5 Stelle intorno al 15%. L’affluenza al 63,8% è in calo di nove punti rispetto alla precedente tornata elettorale. Vediamo alcuni punti del programma elettorale della leader di Fratelli D’Italia.

Lavoro e taglio del cuneo fiscale

Le prossime settimane non si annunciano facili: le stime parlano di una brusca frenata del mercato del lavoro. Servono strumenti flessibili e non onerosi per le imprese: l’obiettivo è quello di mantenere l’occupazione, salvaguardare le famiglie e i posti di lavoro. A luglio l’Istat ha evidenziato un calo di 22mila occupati e una impennata di domande di disoccupazione: secondo l’Inps ne sono state inoltrate ben 339.474 (+8,2% rispetto a luglio 2021). La riforma Orlando, in vigore da gennaio, prevede una Cig onerosa per le imprese e tetti rigidi (molte imprese hanno esaurito il plafond).

Per il nuovo Governo una delle sfide più importanti è quella relativa alla proroga dello sgravio contributivo del 2% per i lavoratori con redditi fino a 35mila euro, in scadenza a fine anno: per la copertura dell’intero 2023 si stima che serviranno circa 3,5 miliardi. Ma la coalizione del centrodestra punta a un taglio strutturale del cuneo fiscale nell’ottica di agevolare lavoratori e imprese. Fratelli D’Italia propone anche un incentivo riassumibile nel criterio di aumentare le assunzioni per pagare meno tasse. Allo stesso modo per la Lega il taglio del cuneo rappresenta una priorità.

Agire per ridurre l’impatto del caro bollette

Un’altra priorità è quella rappresentata dal caro bollette che, come ha spiegato Giorgia Meloni, riduce il potere d’acquisto e fa aumentare i costi di produzione e inflazione. Su questo fronte concentrerà dunque le mosse, insieme con il sostegno al lavoro e a ulteriori aiuti per le famiglie, a partire dal potenziamento dell’assegno unico.

Un primo banco di prova per testare la capacità di reazione alla crisi energetica in atto della nuova maggioranza di governo è quello del rinnovo dei crediti d’imposta per le imprese, contenuti nel decreto Aiuti ter, che dovranno essere estesi anche all’ultimo mese dell’anno. I tempi sono stretti, serve agire con rapidità per alleggerire l’impatto dei rincari su famiglie e imprese.

Introduzione della Flat tax e riforma del fisco

La Flat tax, che ha dominato il dibattito fiscale prima del voto, sembra destinata a faticare parecchio per farsi strada nella realtà. La riforma del fisco ipotizzata dal centrodestra parte da tre assunti: nessuna nuova tassa su casa e patrimoni, introduzione graduale della Flat tax per tutti (e non più solo per le partite Iva) e una nuova pace fiscale per chi non riesce a saldare i conti con il Fisco.

Il primo passo percorribile per ridurre le tasse sulle partite Iva è l’ampliamento della Flat tax attuale, prevedendo un’aliquota unica del 20% per chi ha ricavi o compensi da 65mila a 100mila euro. Costa 1,1 miliardi e riguarda circa 300mila soggetti. In pista c’è poi quella definita “incrementale” da applicare in via opzionale a tutte le persone fisiche con una richiesta del 15% sugli aumenti di reddito dichiarato rispetto all’anno prima.

Verso un nuovo Reddito di cittadinanza

Il Reddito di cittadinanza (RdC) è destinato a subire un cambiamento probabilmente già nella prossima Legge di Bilancio. Costato quasi 23 miliardi dalla sua nascita e con più di 30 miliardi già messi in conto da qui al 2029, il Reddito di cittadinanza già nel breve periodo dovrebbe vedere ridurre la sua dote di almeno un terzo, con conseguente probabile riduzione della platea. L’ultimo monitoraggio Inps (divulgato a fine agosto) evidenzia che nei primi sette mesi del 2022 i nuclei beneficiari di almeno una mensilità di RdC, o di pensione di Cittadinanza (PdC), sono stati 1,61 milioni, per un totale di 3,52 milioni di persone coinvolte.

Giorgia Meloni ha più volte ribadito l’intenzione di abolire del tutto il sussidio, mentre i suoi alleati nel centrodestra hanno proposto una ridefinizione dello stesso, nell’ottica di agire con questa misura soltanto in materia di lotta alla povertà. Occorre a questo punto trovare il compromesso all’interno del nuovo Governo.

Rimodulare le pensioni sul caro vita

Il nuovo Governo dovrà fare i conti con la necessità di rivalutare a gennaio 2023 le pensioni al caro vita. L’intervento avrà una ricaduta sulla spesa pensionistica di almeno 25 miliardi e per il quale dovranno essere rapidamente recuperati almeno 8-10 miliardi con la Legge di Bilancio. Questo tuttavia sembra non coincidere perfettamente con le altre risorse necessarie per centrare gli obiettivi indicati da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi: la Quota 41 e l’aumento delle pensioni più basse.

Il leader della Lega ha sempre sostenuto durante la campagna elettorale le uscite con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica. Giorgia Meloni, però, ha sempre fatto riferimento alle necessità di introdurre forme di flessibilità in uscita, così come peraltro indicato nel programma comune del centrodestra, senza appesantire troppo i conti pubblici (che subirebbero un impatto non trascurabile anche dall’immediato innalzamento a mille euro della soglia minima degli assegni pensionistici promesso da Berlusconi, per il quale occorrerebbero diversi miliardi). Anche la leader di Fratelli D’Italia è favorevole a rendere più corpose le “minime”, ma gradualmente e sempre facendo attenzione alla spesa.

L’obiettivo è quello di evitare il ritorno alla Legge Fornero in versione integrale e irrobustire gli assegni al minimo. Questi sono i punti individuati in materia di Previdenza, ma serve trovare una mediazione nel centrodestra e tracciare la rotta che sarà chiamato a percorrere il nuovo Governo.

Sviluppo dell’Impresa 4.0

Incontrerà sicuramente meno ostacoli l’agenda industriale nei confini nazionali. Per la Manifattura italiana si conferma il prolungamento degli incentivi del piano Transizione 4.0. In sede europea, invece, una posizione di rottura sugli obblighi per l’industria automotive che discendono dal pacchetto ambientale Fit for 55. Il governo di centrodestra giocherà su questo nei primi approcci di politica industriale.

Sul rinnovo degli incentivi fiscali del piano Transizione 4.0 e sul bonus per Ricerca e Sviluppo – che attualmente, a seconda del tipo di investimento, hanno scadenze che vanno dal 2022 al 2025 – c’è un consenso trasversale. E, in parallelo, la lista degli investimenti incentivabili potrebbe essere estesa a spese finalizzate all’efficienza energetica e alla transizione ecologica. Lo strumento per intervenire potrà essere la Legge di Bilancio.

Elezioni 2022, Centrodestra, Fratelli D'Italia, Giorgia Meloni

Tomasin

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