Its, una scommessa persa (per ora)
Con quasi un giovane su cinque a non essere occupato o impegnato in percorsi di istruzione e formazione (i dati Eurostat del 2022 registrano circa 1,67 milioni di italiani tra i 15 e i 29 anni) e una media di laureati al 28% (siamo penultimi in classifica, davanti solo alla Romania e ben lontani dal 63% del Lussemburgo, in prima posizione, con la media europea al 41%), l’Italia ha grande difficoltà a costruire un sistema di istruzione terziaria professionalizzante robusto ed efficace.
In questo scenario, gli Istituti tecnologici superiori (Its o Its Academy) rappresentano il primo vero tentativo di ampliare percorsi paralleli a quelli di formazione accademica e potenziare le competenze tecnologiche e professionali di tecnici superiori. La Legge di riforma 99/2022 prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ha definito chiaramente l’obiettivo degli Its: sostenere lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo italiano.
A un anno dalla sua introduzione la Fondazione Agnelli, istituto di ricerca nelle scienze sociali, ha redatto il rapporto dal titolo Its Academy: una scommessa vincente? L’istruzione terziaria professionalizzante in Italia e in Europa, con l’obiettivo di comprendere se e in quale misura l’impostazione della riforma possa avvicinare l’Italia al resto dei Paesi europei. Curato da Matteo Turri, Docente al Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi dell’Università degli Studi di Milano, il report ha preso in esame nove Its, diversi per caratteristiche e area geografica, così da studiare le principali qualità e criticità dell’attuale sistema formativo, confrontando la formazione terziaria professionalizzante negli altri tre principali Paesi dell’Unione europea (Francia, Germania e Spagna) e in Svizzera, leader a livello internazionale su questo fronte.
Un’offerta formativa ancora poco conosciuta
Una delle principali anomalie del sistema degli Its in Italia è la dimensione ridotta della popolazione studentesca. Mentre in Svizzera e Germania l’istruzione terziaria professionalizzante rappresenta, in termini di iscritti, più del 40%, e in Francia e Spagna si avvicina al 30%, in Italia rappresenta poco più dell’1%. Nei 146 Its italiani sono circa 25mila gli studenti, numero equivalente agli iscritti a un ateneo universitario di medie dimensioni. In media, ogni Its ha appena 180 studenti, con notevoli disparità territoriali: 230 al Nord, 170 al Centro e 125 nel Mezzogiorno. Queste dimensioni limitate sono considerate il principale ostacolo allo sviluppo degli Its in termini di consapevolezza, visibilità, interesse e finanziamento.
Inoltre, a differenza di alcuni Paesi europei che offrono diverse linee di formazione terziaria professionalizzante (per esempio, la Francia attraverso le Sections de techniciens supérieurs e gli Instituts universitaires de technologie, che rilasciano rispettivamente i Brevets de technicien supérieur e i Diplômes universitaires de technologie), l’Italia ha scelto di concentrarsi su una sola linea (appunto gli Its Academy). Questa scelta è associata all’assenza di una definizione chiara del profilo culturale e professionale dei diplomati Its che, tra l’altro, può creare problemi di aspettative non corrisposte sia tra gli studenti sia tra i datori di lavoro.
Un ulteriore ostacolo che frena la diffusione degli Its è l’isolamento, che si traduce nella mancanza di sinergie con l’istruzione secondaria di secondo grado e l’istruzione terziaria universitaria, in primis in termini di orientamento. “Oggi gli Its appaiono come monadi, senza legami organici con il resto del sistema di istruzione: questo comporta che pochi studenti delle superiori siano a conoscenza degli Its come possibili alternative agli studi universitari e che, inevitabilmente, il loro sviluppo proceda a passo lento. Lo stesso isolamento esiste rispetto al sistema universitario”, ha commentato Andrea Gavosto, Direttore della Fondazione Agnelli.
D’altra parte, esiste una notevole diffidenza tra i due percorsi di istruzione terziaria: da un lato, le università mostrano poco interesse nel potenziare l’aspetto professionalizzante dei loro programmi, mentre dall’altro gli Its sembrano enfatizzare principalmente la formazione nazionale, trascurando la dimensione teorica dell’apprendimento. Questo isolamento si riflette anche a livello giurisdizionale, dove Its e università sono in capo a due ministeri differenti (rispettivamente, Ministero dell’istruzione e del Merito e Ministero dell’Università e della Ricerca), a svantaggio di una visione sistemica.
Eppure gli Its rappresentano una novità destinata a lasciare il segno. Secondo Gavosto, questi sono anni decisivi – se non forse l’ultima occasione – per il decollo in Italia di un vero sistema di alta formazione professionale: “Alcune scelte effettuate finora appaiono, però, poco in sintonia con quanto succede nel resto di Europa; il nostro Rapporto ha l’obiettivo di sollecitare un’urgente riflessione pubblica”.
Investire negli Its per innovare l’economia
Per un rafforzamento ad ampio spettro della formazione terziaria professionalizzante sarebbe auspicabile definire in modo più accurato i profili di uscita degli Its. In questo, la Legge 99/2022 prevede una ridefinizione delle aree tecnologiche e delle figure professionali di riferimento. Allo stesso modo, servirebbe legare maggiormente gli Its alla scuola secondaria di secondo grado, sfruttando al massimo l’orientamento scolastico, coinvolgendo il personale docente delle scuole superiori, ma anche attraverso la condivisione di strutture e risorse e considerando l’opzione di anticipare l’iscrizione a questi istituti alla fine del quarto anno delle scuole superiori.
Più di tutto, però, sarebbe necessario superare la visione stereotipata della formazione terziaria professionalizzante e sostenere il potenziamento di questo sistema anche attraverso le giuste risorse economiche. Rispetto al primo aspetto, accanto al rafforzamento degli Its servono misure di promozione e irrobustimento della formazione terziaria professionalizzante anche dentro le università, rafforzando le lauree professionalizzanti e facilitando il riconoscimento dei crediti maturati negli Its ai fini universitari.
Riguardo al tema degli investimenti, invece, l’attuale finanziamento statale (circa 50 milioni, a cui si aggiunge un limitato finanziamento regionale) non sembra adeguato a una crescita significativa dei numeri degli Its. Secondo i calcoli della Fondazione Agnelli, ipotizzando di coinvolgere nel sistema terziario di istruzione tecnologica superiore circa 80mila studenti ogni anno (ovvero circa il 25% degli immatricolati all’università nei corsi di laurea di primo livello e a ciclo unico) e ipotizzando un finanziamento per coprire un costo annuo per studente di 6.600 euro, l’ammontare necessario a regime, per i corsi biennali, sarebbe circa 1 miliardo di euro. Solo garantendo risorse economiche, normative e infrastrutture adeguate sarà possibile costruire, anche in Italia, una cultura della alta formazione professionale, un’opportunità non solo per la formazione degli studenti, ma anche per le capacità di innovazione della nostra economia.
Classe 1996, Martina Midolo è giornalista pubblicista e si occupa di social media. Scrive di cronaca locale e, con ESTE, ha potuto approfondire il mondo della cultura d’impresa: nel raccontare di business, welfare e tecnologie punta a far emergere l’aspetto umano e culturale del lavoro.
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