La carenza di microchip mette in ginocchio la Manifattura
Apple ha recentemente tagliato la produzione di iPad a causa della crisi globale dell’offerta di chip (e per destinare più componenti all’ultimo iPhone lanciato sul mercato dal colosso di Cupertino). La crisi, per la verità, va avanti dalla primavera 2021, quando la carenza mondiale di microchip e semiconduttori ha bloccato la produzione di diverse aziende in tutto il mondo, in particolare dell’Automotive.
Ma anche se Apple ha resistito al crollo delle forniture meglio di altri – grazie al suo considerevole potere d’acquisto e agli accordi di fornitura a lungo termine con i produttori – il CEO Tim Cook ha avvertito che l’impatto delle limitazioni sta svelandosi ora per tutta la sua portata, alla vigilia di uno dei periodi più intensi di consumo, cioè l’approssimarsi del periodo natalizio.
Se il colosso del Big tech può schierare il suo potere d’acquisto, molte imprese devono fare i conti con una situazione ben diversa. Per esempio tra i settori più colpiti c’è il Manifatturiero: secondo il provider globale di informazioni, analisi e soluzioni per i principali mercati mondiali Ihs Markit, a ottobre 2021 c’è stata una frenata della crescita del settore nell’Eurozona (che si attesta comunque sopra la soglia dei 50 punti, che indicano un’espansione dell’attività), proprio a causa della crisi di approvvigionamento dei chip. L’indice finale di Ihs Markit è sceso infatti a 58,6 punti, dalla precedente stima di 58,7: il dato è notevolmente inferiore rispetto ai 61,4 punti di agosto 2021.
La carenza di materie prime intacca tutti i settori
Tra chi guarda con interesse l’evoluzione della situazione c’è Exor International, azienda produttrice di piattaforme digitali per il settore industriale, specializzata in soluzioni di Industrial IoT ed Edge computing (è anche la prima fabbrica italiana connessa in 5G). In particolare a preoccupare i vertici dell’impresa, tra cui Mark Olding che in Exor International è Chief Commercial Officer (CCO), sono le vicissitudini vissute dai i maggiori produttori al mondo di microchip, che per il 12% provengono dagli Stati Uniti. Fino a gennaio 2021 erano cinque, ma a marzo la giapponese Renesas Electronics ha subito un grande incendio in una linea di produzione che ne ha bloccato di fatto l’attività. Inoltre, a febbraio 2021 il Texas – tra i principali Stati Usa per la produzione di microchip – è stato colpito da una delle peggiori tempeste della sua storia, che ha provocato ingenti danni anche alle aziende del territorio.
“Tutto questo è successo mentre il settore era già in crisi a causa della minore possibilità di produzione durante l’emergenza sanitaria, scenario collegato però al contemporaneo aumento della domanda di strumenti tecnologici da parte delle persone che lavoravano da casa”, spiega Olding, analizzando lo scenario attuale.
Nel mondo dei semiconduttori e microchip, intanto, c’è chi si sta muovendo per superare questa fase di preoccupante stallo: Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsmc), per esempio, ha annunciato l’intenzione di costruire nuovi stabilimenti negli Stati Uniti e in Giappone per fronteggiare la maggior richiesta dei componenti necessari per la costruzione di smartphone, pc e automobili. “Ma costruire nuovi hub non è un progetto che si conclude in pochi giorni: ci vuole tempo”, fa notare Olding.
Dalla Manifattura alla crisi sociale
Ma se questo è lo scenario a livello globale, che cosa sta succedendo in Europa? Nel Vecchio Continente, il tema della scarsità di materiali si interseca con le altre sfide da affrontare. Per esempio, l’Automotive sta vivendo la non facile transizione legata alle questioni delle emissioni.
Il cosiddetto Piano verde della Commissione europea, adottato a luglio 2021, infatti, prevede una serie di proposte per trasformare le politiche dell’Unione europea in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo da ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030. Ma i principali Paesi coinvolti nella produzione di auto – Francia e Germania – hanno già chiesto di posticipare l’adozione delle misure al 2040.
“A parte parlare di ambiente, sarebbe meglio concentrarsi sulle delicate situazioni sociali a cui stiamo andando incontro a causa dell’aumento dei prezzi e dell’inflazione causata proprio dalla carenza di materie prime”, dice il CCO di Exor International, ricordando che le pressioni sui prezzi delle materie prime, dell’energia e della tecnologia sono destinate a spingere l’inflazione – secondo i dati della Commissione europea – oltre il 2% nel 2022.
Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino.
Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica.
Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.
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