Parità di genere

La certificazione della parità di genere è un percorso

La centralità della persona nell’impresa è, oramai, un paradigma diffusamente condiviso. L’interpretazione di questo principio in azienda non sempre, però, avviene in modo spontaneo e, a volte, è richiesta un’evoluzione organizzativa con il ripensamento dei processi. In questo senso, si è tentato di formalizzare e codificare alcune prassi sotto un’unica definizione, quella del Diversity, equity inclusion (DE&I) management: con questa espressione si indica, infatti, l’approccio organizzativo che considera la persona, con i suoi bisogni e le sue specificità, come risorsa fondamentale per la crescita aziendale.

L’adozione di questo modello richiede necessariamente un cambiamento culturale all’interno dell’impresa e nella governance, come spiega Rossella Riccò, Responsabile Area Studi e Ricerche e Diversity & Inclusion Management Expert di Odm Consulting, la società di consulenza HR di Gi Group Holding. È in questo contesto che le istituzioni si sono mobilitate per favorire questo rinnovamento culturale all’interno delle aziende, in particolare con l’approvazione della Legge 162/2021 che, tra le altre cose, istituisce la certificazione della parità di genere.

La certificazione ha l’obiettivo di attestare il percorso intrapreso dalle imprese, attraverso politiche e misure concrete, per ridurre il divario di genere in ottica di opportunità di crescita, di parità salariale e di mansioni, di gestione delle differenze di genere e di tutela della maternità intervenendo su cultura, governance, politiche e sistemi aziendali. “La certificazione è assegnata alle aziende virtuose che dimostrano di essere impegnate in un percorso di promozione della parità di genere anche se non già completamente raggiunto. Per questo motivo, sono state ideate modalità di monitoraggio che verificano il costante livello di maturità delle imprese in tal senso”, spiega Riccò.

La certificazione è su base volontaria, può essere rilasciata solo da aziende appositamente accreditate e ha una validità triennale prevedendo un monitoraggio annuale (sorveglianza), una verifica ogni due anni (per la rivalutazione e l’aggiornamento dei Kpi) e il rinnovo ogni tre anni. Per ottenere la certificazione, innanzitutto, è richiesto di dimostrare di rispettare almeno il 60% dei parametri minimi (Kpi) identificati dalla prassi che sono distinti in sei aree a cui è stato attribuito un peso differenziato. L’opportunità di crescita in azienda, la riduzione del Gender pay gap e la tutela della genitorialità sono i tre ambiti cui la prassi riconosce maggior peso (ciascuno ‘pesa’ per il 20%). Seguono la cultura la aziendale e governance (che impattano sulla possibilità di ottenere la certificazione per un 15%) ed infine, i processi HR (con un peso del 10%). Oltre a valutare attraverso i Kpi il livello di maturità dell’impresa rispetto alle specifiche aree che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere, la UNI/PdR 125:2022richiede alle aziende di mettere governare tali aree e indicatori attraverso un vero e proprio sistema di gestione e monitoraggio

I benefici della certificazione, dall’attrattività agli sgravi

Per fare ciò, serve predisporre e produrre la documentazione aggiornata, pianificare e attuare audit interni, oltre a predisporre un piano di comunicazione rivolto agli stakeholder e, come già detto, raccogliere e analizzare i dati relativi ai Kpi. Al fine di ottenere la certificazione, inoltre, le imprese sono tenute a nominare un comitato guida, composto almeno dall’Amministratore Delegato e dal Direttore del Personale (o figure equivalenti), e devono allocare un budget dedicato al raggiungimento e al mantenimento degli obiettivi. Per guidare le aziende in questo complesso percorso verso la parità di genere, Odm Consulting offre supporto nell’analisi della situazione in cui versa l’azienda in tema di Gender equality, nell’individuazione delle aree di miglioramento e nella progettazione di un piano d’azione, mettendo in campo conoscenze, strumenti e attività consulenziali in un arco di tempo di lavoro di circa 2 mesi.

“Il raggiungimento e il mantenimento della certificazione, oltre a contribuire all’adozione di un modello culturale durevole basato sulla parità, comporta una serie di benefici e agevolazioni che si aggiungono ai vantaggi strategici che l’equità in azienda porta con sé, come il miglioramento della reputazione e l’attrattività”, spiega Riccò. Innanzitutto, il datore di lavoro ha a disposizione sgravi contributivi sui contributi previdenziali in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50mila euro annui. Inoltre, è prevista una riduzione della garanzia provvisoria prevista dal Codice degli appalti, rendendo più semplice l’aggiudicarsi delle gare e sono previste premialità nei bandi di gara per l’accesso ad aiuti di Stato o finanziamenti pubblici. Infine, per incentivare l’adozione della certificazione di parità anche da parte delle aziende di piccole e medie dimensioni, sono previsti sgravi per le spese di certificazione per le organizzazioni sotto i 250 dipendenti. Agevolare le piccole imprese in questo percorso è fondamentale per favorire una maggiore diffusione dei principi legati alla DE&I.

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Alessandro Gastaldi

Alessandro Gastaldi

Laureato in Comunicazione e Società presso l'Università degli Studi di Milano, Alessandro Gastaldi ha iniziato il suo percorso all'interno della stampa quasi per caso, già durante gli anni in facoltà. Dopo una prima esperienza nel mondo della cronaca locale, è entrato in ESTE dove si occupa di impresa, tecnologia e Risorse Umane, applicando una lettura sociologica ai temi e tentando, invano, di evitare quella politica. Dedica il suo tempo libero allo sport, alla musica e alla montagna.

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