La corsa etica
Si è sempre atleti, anche quando non si corre. Ha esordito così Franca Fiacconi, l’unica donna italiana ad avere vinto la maratona di New York, a Il Convivio di Persone&Conoscenze. Ci siamo interrogati su come si coltiva la fiducia in se stessi e bastano queste poche parole a rendere tutto chiaro, cristallino. Dobbiamo volere fortemente gli obiettivi che ci diamo e lavorare per ottenerli.
Gli obiettivi devono essere lo specchio delle nostre passioni, dobbiamo sentirli profondamente per raggiungere la meta. Non si è atleti solo quando si corre: l’atleta vive in funzione della sua passione, il suo stile di vita è strumentale alla ricerca del risultato. Dobbiamo fare lo sforzo di trasporre questo principio all’interno delle nostre vite per comprenderne a fondo il valore.
È utile fare questo esercizio per capire, per esempio, che non siamo genitori solo quando stiamo con i nostri figli, diventiamo genitori e questo cambia il nostro modo di affrontare la realtà.
La pandemia – e ci aveva già provato con esiti meno scontati la Quarta rivoluzione industriale – ha definitivamente portato il lavoro fuori dal luogo di lavoro e questo ci porta a dire che non siamo lavoratori solo quando siamo al lavoro. Vita privata e professionale si sono fuse in un’unica dimensione che richiede autenticità.
Le passioni come stimolo del nostro agire
Non si indossano più gli abiti di scena per salire sul grande palcoscenico del lavoro recitando una parte, il palco-azienda non esiste ora che l’azienda è entrata nelle nostre case. Supereremo la circostanza estrema del remote working, ma le nostre organizzazioni non torneranno uguali a prima e ci appare sempre più chiaro che vinceremo la nostra gara se la giocheremo senza barare, innanzitutto con noi stessi. Anche per questa ragione le politiche incentivanti possono avere effetti solo nel breve periodo e solo finché le persone se ne ricordano. Sono le motivazioni intrinseche e le passioni a farci correre più forte e tagliare il traguardo.
Se l’obiettivo che ci diamo, o che ci dà qualcuno a fronte, appunto, di un incentivo, non coincide con qualcosa che sentiamo profondamente dentro di noi, difficilmente lo raggiungeremo. Da questo delicato passaggio si alimenta la fiducia: ognuno è il primo allenatore di se stesso. Se siamo autenticamente convinti delle nostre azioni, dell’ambito nel quale ci stiamo allenando, il risultato non sarà la nostra prima preoccupazione ma deriverà da consapevolezza ed equilibrio, che ci condurranno alla meta senza ansie da prestazione.
I grandi risultati arrivano quando si è sereni e la serenità dipende da quanto autentica è la nostra passione. Non potremo mai fidarci di noi stessi se non saremo capaci di guardarci dentro per capire se obiettivo e passione coincidono.
Vale la pena interrogarsi su questo, anche perché, se il nostro impegno non è autentico, rischiamo di danneggiare anche chi sta intorno a noi. Un lavoro fatto con approssimazione, e senza profonda convinzione, mette a rischio il lavoro del nostro team. Per questo coltivare la fiducia diventa una responsabilità etica. Nei confronti di noi stessi, innanzitutto. Riflettiamoci.
Franca Fiacconi, responsabilità, etica, fiducia in se stessi, Quarta rivoluzione industriale