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La corsa sopravvive con la creatività

La pandemia ha accelerato la trasformazione digitale. Vale di certo per le aziende, ma anche per le persone. Improvvisamente anche chi non aveva confidenza con la tecnologia s’è ritrovato catapultato in una ‘normalità’ nella quale fisico e digitale si intersecano di continuo. E non solo nel lavoro. Le piattaforme di videoconferenze sono state l’agorà per gli incontri professionali, ma anche (soprattutto!) per le relazioni personali: chi non ha fatto un aperitivo virtuale con gli amici?

Le nuove regole di distanziamento sociale hanno imposto e stimolato tutti a costruire un inedito futuro. Molte imprese, per esempio, hanno riconvertito il business per sopravvivere, mentre a livello organizzativo si sono adattate alle misure sanitarie implementando una forma di Smart working che sarebbe più corretto definire di “Remote working”, visto che la condivisione degli spazi resta problematica.

Anche il mondo del running si è trasformato di continuo. Nella prima fase della pandemia, i runner sono stati etichettati come gli “untori”: la corsa è lo sport praticato dal paziente 1 (che poi si è scoperto non essere per nulla il primo affetto da Covid, perché il Coronavirus circolava da tempo anche in Italia); i podisti hanno approfittato – a volte in modo eccessivo – della libertà concessa per svolgere attività sportiva, con conseguente boom di ‘appassionati’ di running che hanno usato la corsa per uscire dai confini domestici.

Con l’inasprimento delle misure di sicurezza, però, i runner ‘improvvisati’ sono spariti e hanno lasciato il posto ai più creativi. Nei 200 metri concessi per sgranchirsi le gambe, massima distanza di allontanamento ammessa dal proprio domicilio, mentre la maggior parte ha scelto gli esercizi domestici di Jane Fonda memoria, c’è stato addirittura chi ha corso la Maratona. Ma ci sono stati runner che hanno addirittura coperto la distanza dei 42,195 chilometri sul balcone di casa o dentro l’appartamento e non solo sul tapis roulant – immortalando la performance su YouTube. Insomma, la creatività non è mancata nel lockdown.

Ripartire per riassaporare la competizione

La creatività non è, tuttavia, finita con la riapertura. Dopo la sbornia del ritorno alla corsa in libertà dal 4 maggio 2020 – ma sempre rispettando le norme di distanziamento, che in caso di attività sportiva come il running sono ancora più restrittive come ha dimostrato un recente studio scientifico – e con l’incognita sui tempi di ripresa delle competizioni, i runner si sono organizzati in gare virtuali. La mia squadra di corsa ha promosso staffette virtuali e confronti basati sulle singole performance, con l’obiettivo di mantenere unito il gruppo e stimolare tutti al rapido recupero.

Ben più recenti, però, sono le iniziative ufficiali degli organizzatori di storiche manifestazioni podistiche, che, com’è ovvio, devono riadattarsi per evitare assembramenti e limitare i momenti di potenziale diffusione di contagio (addio spogliatoi, depositi borse, ecc.). Ne cito tre come esempio. L’edizione 2020 della Brescia Art Marathon va in scena in un inedito formato: una settimana di tempo (dal 4 al 12 luglio) per correre, dove si vuole, la maratona (è possibile correre anche sulle distanze della mezza maratona o dei 10 chilometri), la cui iscrizione è in parte devoluta in beneficenza agli ospedali bresciani e automaticamente dà diritto a partecipare all’edizione 2021.

Poi c’è il tradizionale giro del Lago di Resia in Alto Adige, trasformato nel 2020 in un’edizione a cronometro (18 luglio), con partenze spalmate dalle 7 alle 19 per evitare assembramenti. Stessa strategia per la Up&Down di Pietra Ligure del 12 luglio: i 5 chilometri della manifestazione si correranno con partenza a gruppi di sei persone ogni 15 secondi; niente docce né ristori ‘aperti’, ma solo sacchetti con prodotti degli sponsor o il gadget della gara; poi ovviamente mascherina pre e post gara per tutti gli atleti e ritiro dei premi uno a uno per mantenere la distanza.

Il running è ripartito. Intanto sono spariti gli appassionati che hanno usato la corsa solo per aggirare il lockdown, magari sommando l’occasione a quella di poter portare fuori il cane: le piste ciclabili e pedonabili si sono ripopolate – con diligenza – di podisti. La normalità è lontana. Ma sperimentare nuove modalità di competere potrebbe allargare il bacino di runner. Questa volta ‘veri’ e non improvvisati. Buone corse. A distanza, ovviamente.

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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

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