La crescita del Sud è nelle mani di aziende e istituzioni
Gli ultimi dati Istat parlano chiaro, anche se sono riferiti ancora al 2018: l’ex provincia di Bari, da tempo ormai Città Metropolitana, in quell’anno con 24,6 miliardi è risultata la seconda nell’Italia meridionale alle spalle di quella napoletana per il valore aggiunto di tutti i settori, calcolato a prezzi correnti. Ma non solo, perché si è classificata come la prima provincia/Città Metropolitana lungo la dorsale adriatica da Lecce a Trieste, superando quella di Venezia – attestatasi a 24,5 miliardi – ed è stata la 14esima a livello nazionale alle spalle di Milano (162,1), Roma (148,3), Torino (67,9), Napoli (54,1), Brescia (38,8), Bologna (37,7), Firenze (34,8), Bergamo (33,8), Padova (28,7), Verona (28,4), Vicenza (26,7), Treviso (26,4) e Modena (24,6). Rispetto a quest’ultima città, Bari è distaccata di appena 24 milioni (24,664 per Modena e 26,640 per Bari) e consente al capoluogo pugliese di confermarsi un punto di forza del sistema produttivo meridionale, adriatico e nazionale, dotato di ulteriori potenzialità espansive che andranno stimolate e governate dal sistema delle istituzioni e dal partenariato sociale.
Nel quadriennio 2015-18, il tasso di crescita del valore aggiunto della Città Metropolitana di Bari è stato del 6,3%, superiore a quello regionale (+5,4%), del Sud (+4,7%) e di poco inferiore a quello dell’Italia (+6,8%). L’incidenza dell’intero comparto industriale sul valore aggiunto totale è stata nel 2018 pari al 19,4%, ma com’è noto, esso ha effetti di traino su altri settori, dal Credito ai Trasporti, dalla Logistica a Servizi di varia natura, dalla ricerca scientifica e tecnologica alla formazione media-superiore e universitaria.
La Città Metropolitana di Bari vanta vari robusti cluster manifatturieri. Ne è un esempio l’apparato di produzione industriale che ha nell’agglomerato Bari-Modugno del Consorzio Asi il suo motore trainante, grazie alle attività di multinazionali come TD-Bosch, Marelli, Magna (ex Getrag), Bridgestone, Dana (ex Graziano Trasmissioni), Skf, O-I Owens Illinois, Ingersoll Rand, Merck, BHNuovo Pignone, Isotta Fraschini-Fincantieri, Onaf-RFI, Mls (ex Osram), Alstom Ferroviaria, e di dinamiche imprese locali, fra cui emergono il Gruppo Ladisa, Mobilturi, Alfrus, Indeco, Chimica D’Agostino, Tecnoacciai, Masmec, Frezza Legnami.
Ma ci sono da ricordare le aree di Molfetta, anch’essa gestita dall’ente consortile barese, ove fra le altre opera Exprivia, ormai da anni divenuta una multinazionale; di Corato, sede fra l’altro di Casillo Partecipazioni, primo gruppo imprenditoriale pugliese per fatturato nel 2019, pari a 1,5 miliardi, e di Granoro, secondo pastificio regionale nello stesso anno per volume di ricavi; di Altamura, con le sue numerose aziende molitorie, fornerie industriali, imprese meccaniche e del legno-mobilio; di Santeramo, sede del quartier generale di Natuzzi; di Rutigliano, ove è in esercizio l’imponente pastificio di Divella, e poi nei Comuni di Conversano, Castellana, Putignano, Monopoli che ospita la Casa Olearia Italiana e alcune delle aziende di Angel Invstment, fra cui Mer.Mec.
Dinamiche industrie manifatturiere, alcune delle quali con fatturati ragguardevoli o facenti parte di multinazionali, sono presenti anche a Gravina (MacNil, Gruppo Zucchetti), Palo del Colle (Siciliani), Ruvo (Itel telecomunicazioni), Gioia del Colle (Granarolo, Ac Boilers), Acquaviva delle Fonti (Edison Energia, Ifac, Ondapack, MV Line), Grumo (Tecnomec e Cos.Eco), Noci. Insomma, nel Barese si registra ormai da anni un’industrializzazione sempre più ramificata e diffusa con tante imprese export-oriented o capaci di competere sul mercato locale con agguerrite concorrenze di aziende che provengono dal Nord e dall’estero.
Fra le società leader nel settore delle utility si segnalano Aqp – che offre i suoi servizi in tutta la Puglia e in regioni vicine – Amiu Puglia, e le filiali di big player con attività a rete come quelle di telefonia fissa e mobile (Tim, Fastweb, Wind).
Forti nell’area sono anche le aziende locali di Trasporti e Logistica fra cui spiccano GTS e Stante Logistics. Un ruolo fondamentale svolgono poi nel sistema industriale del territorio le imprese edili, fra le quali si segnalano Debar, Salvatore Matarrese, Garibaldi, Aleandri e Cobar.
Questo apparato di produzione industriale ha mostrato nel 2020 una rilevante capacità di ‘tenuta’, anche nei mesi più duri del primo lockdown, e dopo il forte rilancio della seconda metà dello scorso anno, sta proseguendo, almeno in questo primo scorcio del 2021, una buona attività produttiva.
La necessità di coordinamento delle istituzioni
Ora, per consolidare tenuta complessiva e capacità competitiva, questo apparato di produzione industriale – fra i cui settori si stanno consolidando relazioni di filiera, pur se molto altro in tale direzione sarebbe possibile costruire – ha bisogno di un ruolo sempre più forte di coordinamento e di impulso di Comuni, Città metropolitana e Regione, secondo le rispettive competenze.
Sotto questo profilo, per esempio, alcuni dei maggiori Comuni ‘industriali’ prima ricordati, qualcuno dei quali già inserito nella Zes adriatica, potrebbero rafforzare i loro interventi per l’armamento infrastrutturale di aree industriali e di Pip per favorire nuovi insediamenti manifatturieri, o aderire – ed è bene che se ne incominci a discutere fra i loro amministratori – al Consorzio Asi di Bari che, con la partecipazione ai suoi organi di governo dei rappresentanti di quei Comuni, potrebbe diventare in tal modo una vera cabina di regia ‘metropolitana’ (e non più solo barese) per intensificare e governare i nuovi processi insediativi di industrie e imprese artigiane.
La Città Metropolitana con il Sindaco Antonio Decaro è da tempo impegnata nella promozione di una crescita dell’intero e vasto territorio guidata da una ‘visione’ di sistema e i finanziamenti ottenuti, e in qualche caso già cantierizzati, per le infrastrutture lo dimostrano. Ora, intendiamoci bene, non è facile in una Città metropolitana come quella di Bari così storicamente ricca di specificità (campanilistiche) territoriali – che vi rappresentano però anche forti presidi produttivi – portare innanzi programmi di progressiva integrazione fra settori e aree dei loro maggiori addensamenti.
Devono maturare anche fra le imprese di ogni dimensione una cultura e una pratica quotidiana della collaborazione interaziendale, naturalmente in esclusive logiche di mercato, che portino sempre di più a fare sistema. In tale direzione un contributo fondamentale, oltre che dalle associazioni di categoria, può arrivare dai tre atenei di cui dispone la Città Metropolitana, e in particolare dal più grande di essi per il numero dei corsi di laurea e di Dipartimenti, cui il Rettore Stefano Bronzini sta imprimendo una spinta crescente verso un fecondo dialogo con i territori e i loro stakeholder.
Tuttavia i processi in atto, sia pure con significative diversità da zona a zona, e le sfide della globalizzazione – che la pandemia ha solo rallentato, ma che è ormai irreversibile – incoraggiano gli amministratori locali e le imprese a proseguire sul cammino della cooperazione e dello sviluppo multisettoriale tendenzialmente integrato che è l’unico possibile in grado di assicurare nuova crescita alla Città Metropolitana e soprattutto nuova occupazione alle sue risorse umane.
Articolo a cura di
Federico Pirro
Bari, Città metropolitana di Bari, collaborazione interaziendale