La cultura ci salverà dalla pandemia
Ci confrontiamo con una pandemia. La crisi è esogena all’economia e colpisce contemporaneamente domanda e offerta. Il Paese è paralizzato, sono state confermate le proroghe di contenimento sino a dopo Pasqua. Una situazione di stallo di questa portata non si era mai vista. Nemmeno durante la Seconda Guerra mondiale erano stati chiusi i bar e tutti i luoghi della socializzazione.
Un evento che avrà un impatto sulla vita personale e professionale di ognuno di noi e che determinerà il modo con cui affronteremo la lenta uscita dall’emergenza sanitaria. Questa crisi può essere l’occasione per un ripensamento delle Istituzioni Europee, ma dobbiamo anche interrogarci sul dopo, come si devono organizzare le imprese alla loro riapertura? A quali valori si devono aggrappare? Ci stiamo attrezzando?
In questo momento il Paese sembra delegare ogni decisione ai medici, ma le pandemie si affrontano mettendo in campo la scienza, certo, così pure risorse tecnologiche e, soprattutto, intelligenze organizzative. Da più parti si invoca l’istituzione di un Piano Marshall ma, come ha giustamente fatto notare Giulio Sapelli, Professore Ordinario di Storia economica presso l’Università Statale di Milano e autore del libro Pandemia e Resurrezione gli americani, insieme con gli aiuti, hanno portato anche in Europa lo Scientific management: il problema, infatti, è come organizzare le imprese. Ne abbiamo parlato con gli ospiti del PDM Talk di venerdi 3 aprile 2020; le argomentazioni che ci hanno portato, e di cui riassumo alcuni aspetti salienti, meritano tutta la nostra attenzione.
Essere resilienti non ci aiuterà
Occorre guardare a questa emergenza con occhi nuovi, mentre ostinatamente utilizziamo lenti che già abbiamo. Se nella crisi del 2008 e 2009 le imprese resilienti sono sopravvissute meglio al terremoto provocato da una crisi finanziaria, oggi la situazione non è paragonabile. La resilienza porta con sé un punto debole, rappresentato dall’adattamento, che mal si sposa con l’imprenditorialità.
Essere imprenditori al tempo del Covid non significa adattarsi, ma innovare, anticipare, trovare nuove modalità operative, ha spiegato Federico Della Puppa, esperto in pianificazione strategica e marketing territoriale di SmartLand.
Dobbiamo sviluppare un nuovo modo di fare le cose, la sfida è ‘come’ ci organizzeremo dopo, quali i nuovi parametri e significati. Dall’economia circolare dobbiamo passare alla società circolare, le aziende devono sviluppare impatti positivi in senso più ampio e passare da comunità di fabbrica a ‘fabbriche di comunità’, dove il territorio diventa una metafabbrica all’interno del quale va costruito un progetto culturale, dove la cultura è lo scheletro cui si aggrappano altri valori.
Sociologia e antropologia devono farci superare il muro della tecnicalità per recuperare il senso dell’economia, che nell’etimologia del termine, ci deve riportare alla buona gestione della casa. E questo richiede di tornare a riflettere su quali sono gli elementi che costruiscono valori individuali e collettivi.
I capi alla prova
Oggi diventa urgente mettere in campo la capacità di rischiare – ha commentato Pier Luigi Celli, Dirigente d’azienda, saggista e scrittore – serve coraggio per immaginare come capitalizzare quello che abbiamo imparato e ci consenta di fare passi avanti. Oggi c’è bisogno di una curiosità insaziabile, bisogna aprire anche a coloro che l’ottica tradizionale ci faceva considerare outsider.
Quando si riattiveranno le imprese, le persone porteranno con sé un’esperienza del tutto nuova: il lavoro sarà compenetrato con la vita personale e la vita modificherà il lavoro arricchendolo di nuove esperienze. E questo servirà alle aziende, che potranno così attingere a saperi che le persone hanno acquisito lavorando da casa.
Saranno i capi però a doversi confrontare con una grande prova, saranno loro a dover cambiare. Verrà messa in discussione la modalità con la quale rappresentiamo il potere: coloro che in azienda lavorano con autonomia e responsabilità chiederanno anche potere, e il problema andrà affrontato poiché non ci sarà uno scatto in avanti senza una partecipazione condivisa da parte di tutti. L’intelligenza distribuita che viene messa in atto con il lavoro a distanza porterà grandi cambiamenti. E i capi dovranno domandarsi come accogliere nuove istanze.
Riscoprire la cultura per governare l’economia
Serve una immaginazione sociologica e organizzativa, ha aggiunto Sapelli, mentre ci si cura si deve pensare al futuro, e questa è la grande scommessa. Purtroppo, scrive nel suo libro Pandemia e resurrezione, “non c’è situazione più pericolosa che una pandemia per scatenare comportamenti collettivi irriflessivi” e le classi politiche optano per la diffusione della paura. Bisogna recuperare le grandi alleanze costruite negli Anni 50 e 60 da imprenditori e intellettuali.
Le nostre Piccole e medie imprese, così importanti nel nostro tessuto sociale, rappresentano una speranza: lì c’è un’ancora di salvezza essendo le piccole aziende fondate sulle persone e non sui ruoli. Servono intellettuali – cui oggi non si attribuisce una fondamentale rilevanza – per ricostruire il rapporto tra economia e organizzazione. Bisogna recuperare la concezione umanistica dell’impresa perché deve essere la cultura a dirigere l’economia.
La sfida è lavorare, e ricomporre, il tessuto umanistico dell’impresa. Sapelli ha invocato a gran voce un ritorno a una base culturale umanistica da cui partire per innestare poi una cultura manageriale. Il Professore definisce l’impresa la “libertà dei moderni”, ritenendola forse l’unico mondo dove è possibile creare lavoro di comunità fondato sulla persona. L’impresa è l’ultima zattera, per questo va curata ricreando uno spazio comunità.
Oggi è già domani
A testimoniare il valore della cultura in fabbrica è venuta in aiuto Mariacristina Gribaudi, Chairwoman di Keyline e Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia. La sua azienda produce chiavi da 250 anni e ha dovuto superare, nella sua lunga storia, più di una guerra e diverse epidemie. In azienda è stato istituito un comitato scientifico culturale presieduto da un’operaia e, nella sua azienda, i progetti culturali sono concreti, a partire dal Museo della Chiave.
Alla domanda, domani come sarà?, ha risposto che oggi è già domani, e dobbiamo avere un atteggiamento creativo e immaginare un modo diverso di lavorare perché già ora siamo diversi. Dobbiamo sentirci tutti seduti su aereo che ha già i motori accesi e sta per ripartire.
Se i tempi in cui alla Direzione del Personale di Olivetti sedeva il romanziere Paolo Volponi sembrano lontani, siamo chiamati a recuperare quella curiosità intellettuale che ha animato l’uomo nel nostro rinascimento, quando i pensieri di filosofi, artisti, artigiani e uomini di scienza hanno gettato le basi della nostra modernità.
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