La Digital transformation alla prova della nuova crisi

È nei momenti di crisi che la tecnologia subisce – ma persino offre – un’accelerazione. Da tempo l’espressione “Digital transformation” è nelle agende delle aziende che oggi, di fronte alla pandemia generata dal coronavirus, si rendono conto se la trasformazione digitale impostata è realmente efficace oppure era solo un’etichetta da sbandierare.

Digitalizzazione significa in particolare revisione dei processi in chiave digitale. Chi se ne occupa da sempre è DocFlow, azienda che da 25 anni ridisegna i flussi documentali e che da piccola realtà oggi conta circa 100 collaboratori per un fatturato che si aggira intorno ai 14 milioni di euro.

Quando ancora l’emergenza sanitaria causata dal coronavirus non era drammatica come quella che stiamo vivendo ora, abbiamo incontrato (virtualmente, perché l’intervista si è svolta grazie a una piattaforma digitale) Carlo Petti, Presidente e Fondatore di DocFlow, imprenditore e manager con alle spalle una lunga carriera nell’Information Technology.

Dal 1994 l’azienda di Petti è concentrata nella ‘missione’ del Document Process Management. “Venticinque anni fa parlare di processi documentali era una novità, perché erano pochissimi ad affrontare il tema. Oggi la chiamano Digital transformation, ma è un altro modo di etichettare ciò che noi facciamo, per primi, da sempre”, esordisce il Presidente di DocFlow.

Differenziarsi in un’arena competitiva dove tutti i player usano gli stessi slogan, dunque, non è semplice, ma essere arrivati nel mercato con anticipo aiuta. “La nostra particolarità è avere un numero di clienti molto fedeli, con noi da oltre un decennio e in qualche caso da più di 20 anni, come Edison o Fca”.

L’attività di DocFlow si concentra in particolare nella trasformazione digitale dei processi tipicamente in ambito back-office: dall’Amministrazione al Personale, passando anche per la Qualità e la gestione del prodotto. A caratterizzare l’offerta è l’approccio consulenziale, perché ormai la tecnologia è accessibile a tutti e a costi sempre inferiori. “La nostra offerta prevede un servizio end-to-end grazie alla gestione in modalità Software-as-a-Service (SaaS) delle varie applicazioni sulle quali possiamo intervenire fornendo assistenza”, specifica Petti.

Carlo Petti, Presidente e Fondatore di DocFlow

Ottimizzare attraverso la revisione dei processi

Per restare competitivi, la Digital transformation è quindi centrale. Il tema è trasversale per ogni settore, anche se le aziende impegnate nel mondo B2C hanno dovuto accelerare forse più delle altre che comunque si sono dovute adattare rapidamente a loro volta: in generale il tema è al centro dell’attenzione di tutte le imprese che devono gestire grandi volumi di documenti e grandi numeri di utenti.

Spesso, però, restare all’avanguardia nella Digital transformation è una questione di etichette. Si prenda il caso dell’Intelligenza Artificiale – che in alcuni casi è una riedizione di concetti noti da tempo come la Business Intelligence – che rimanda al tema della semantica, ambito su cui DocFlow è al lavoro da tempo, ben prima che le varie intelligenze artificiali come Siri o l’assistente virtuale di Google facessero irruzione nelle vite di tutti.

“Siamo innovatori di professione, ma soprattutto perché ci appassiona l’informatica”, ci tiene a precisare Petti, evidenziando questo aspetto come “il nostro vero punto di forza” che permette all’azienda di “esplorare tutti gli ambiti tecnologici”. E che permette loro anche di capire se una tecnologia è un’innovazione reale oppure di facciata. È il caso della Robotic Process Automation, considerata come “una moda”, perché, a detta di Petti, “si automatizza un processo che dovrebbe essere eliminato perché se lo fa un robot non porta valore aggiunto”.

Il concetto centrale riguarda l’efficienza dei processi che si calcola attraverso il numero di full-time equivalent (FTE) che possono essere risparmiati a seguito di una migliore gestione del processo stesso: “Piuttosto che automatizzare tutto a tappeto, l’opportunità che hanno le aziende è proprio la revisione dei processi”, sostiene Petti.

Lo Smart working funziona se ci si è preparati

Processi e digitalizzazione sono tornati di prepotenza in agenda proprio in questa fase di emergenza sanitaria (ed economica di riflesso) che vede sempre più aziende affidarsi allo Smart working per assicurare la continuità del business. Ma il lavoro agile è solo lo strumento per dare seguito a una strategia che, come giustamente fa notare Petti, necessita di un modello organizzativo e soprattutto deve consentire l’accesso da remoto a tutto il patrimonio informativo in modo digitale.

“Per DocFlow far fronte a questa emergenza attraverso lo Smart working non è un’esperienza inedita, perché ci siamo fatti trovare assolutamente preparati, avendo a disposizione tutto ciò di cui abbiamo bisogno come se fossimo in presenza”.

A sostenere i nuovi modelli di lavoro è di certo la tecnologia. Nel caso di DocFlow c’è un legame molto stretto con Microsoft che mette a disposizione Office 365, strumento che consente la “condivisione remota e la comunicazione a tutti livelli”, oltre ad Azure come piattaforma cloud. “Il modello che si sta imponendo è quello del cloud ibrido”, commenta Petti. “Difficilmente tutte le applicazioni, almeno per i prossimi cinque anni, finiranno interamente nel cloud”.

Anche se ormai avere un orizzonte più lungo di un lustro, non solo nell’informatica, si rivela un azzardo, ci sono ambiti in cui DocFlow può riuscire ad avere maggiore visibilità proprio per il ruolo di anticipatore rivestito nel tempo. “La fatturazione elettronica ha permesso di compiere importanti evoluzioni, ma è solo il primo passo verso la digitalizzazione di altri processi; già nel 2000 li abbiamo impostati con quella che ancora si chiamava Fiat e ancora oggi siamo al fianco di Fca”, commenta Petti. Che ritiene come presto si assisterà alla totale eliminazione dell’intervento umano negli scambi di informazioni tra azienda e azienda.

Tempo di nuovi modelli organizzativi flessibili

Proprio sul fronte dell’innovazione DocFlow farà la parte del competence center per fare chiarezza sulle tante tecnologie che si affacciano nelle imprese e che consentono la creazione di processi di condivisione dinamica alla base della realizzazione dei nuovi modelli organizzativi che potrebbero, secondo Petti, portare anche al ridimensionamento delle grandi organizzazioni.

“Spesso le grandi imprese devono fare i conti con alcuni vincoli organizzativi che impongono modelli rigidi che si possono rivelare inefficienti e anche inefficaci. I processi dinamici consentono di ingaggiare le giuste persone rispetto a processi ben definiti avendo sempre a disposizione tutte le informazioni e le autorizzazioni necessarie per raggiungere obiettivi”. E questa impostazione del lavoro si può applicare alla stragrande maggioranza delle attività, perché vuol dire importare il lavoro per processi, ambito in cui DocFlow è specialista.

Ma che cosa differenzia realmente l’azienda rispetto ai competitor? “Abbiamo scelto di limitare il nostro campo d’azione, tanto che in 24 anni abbiamo contato circa 200 clienti; dietro questo numero si cela la nostra strategia di selezionare con attenzione le imprese con cui collaborare perché vogliamo condividere lo stesso modello di valori”.

E non è un caso che da 20 anni il sistema di gestione dei documenti amministrativi di Fiat-Fca sia sempre stato affidato a DocFlow, che nel tempo si è occupata di mantenerlo aggiornato e integrato con vari gestionali come SAP. “Ci facciamo ingaggiare solo negli ambiti nei quali riteniamo di poter dire la nostra in modo completo”, taglia corto Petti.

Verso la creazione di un canale indiretto

Nonostante questa strategia e la copertura diretta del mercato, in realtà da tempo in azienda è maturata l’idea di affidarsi a una rete di partner di canale, iniziando a spostare l’attenzione dagli aspetti consulenziali a quelli più legati al prodotto. “Dalla fine del 2019 stiamo lavorando alla possibilità di industrializzare alcune delle nostre soluzioni per farle proporre senza eccessive personalizzazioni, così da offrirle a prezzi più competitivi”, dice Petti. E ora l’obiettivo del 2020 è dare concretezza al progetto.

Un esempio è Flowee, un prodotto per la gestione di tutte le comunicazioni digitali in ingresso e in uscita, con possibilità di classificare, smistare e archiviare i messaggi, utilizzando anche l’Intelligenza Artificiale. Che DocFlow faccia sul serio c’è il fatto che è già stata ingaggiato un manager chiamato a occuparsi proprio del nuovo canale indiretto. “Non significa però che ci siamo spostando dal nostro mercato di riferimento, piuttosto stiamo aggiungendo un nuovo tassello”, commenta Petti, che non nasconde come l’idea abbia avuto una lunga gestazione e che potrebbe dar vita, a breve, a una nuova divisione oppure addirittura a un’azienda a sé.

In fondo non sempre la personalizzazione eccessiva dei prodotti può essere la soluzione ideale per tutti. E infatti il Presidente di DocFlow spiega che non ha senso ridisegnare un processo di chi lo fa da anni secondo altri schemi se non quelli dell’azienda stessa ed è la consulenza ad adattarsi alla situazione (tipica delle grandi aziende); diverso il caso di chi, invece, cerca un sostegno anche nella fase di ridisegno del processo. Altro aspetto vincente, per Petti, riguarda il fatto che le soluzioni di DocFlow sono “realmente usate dagli utenti”, che sono “davvero contenti di usare le applicazioni”. Perché? “Perché rispondono al loro modo di lavorare e si sentono aiutati nella quotidianità”.

Intanto nel corso degli ultimi 25 anni, dalla sua posizione privilegiata, DocFlow ha avuto l’occasione di osservare come sia cambiato, tra i vari aspetti, anche il tipo di interlocutore con cui confrontarsi. Se prima era principalmente l’IT, ora chi si occupa di tecnologie è una delle figure coinvolte, insieme con l’end-user e il responsabile del processo.

Ovviamente c’è ancora il dialogo con l’IT, ma il focus non è certo sulla tecnologia: “Oggi non si può più pensare di avere in azienda specialisti di ogni nuova soluzione e quindi i nostri interlocutori danno per scontato che siamo noi gli esperti delle tecnologie di Business Process Management”.

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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

Dario Colombo


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