La filantropia d’azienda come grande eredità di Golinelli

La filantropia d’azienda? Gode di ottima salute. Ne sarebbe felice Marino Golinelli, recentemente scomparso a 101 anni, a Bologna: nelle sue tante esperienze, oltre che imprenditore (ha fondato il colosso farmaceutico Alfasigma, che oggi conta quasi 4mila dipendenti), è stato collezionista d’arte e filantropo. Golinelli ripeteva spesso di sentire il dovere morale di restituire alla società parte delle sue fortune; così nel 1988 diede vita alla Fondazione Golinelli, la prima fondazione filantropica privata in Italia ispirata ai modelli anglosassoni di mecenatismo privato, con l’obiettivo di promuovere l’educazione e la formazione, diffondere la cultura e favorire la crescita intellettuale, responsabile ed etica dei giovani. 

Negli ultimi 10 anni, Golinelli si era dedicato anche a ulteriori iniziative culturali nella città di Bologna, come il Life learning center per avvicinare i ragazzi alle bioscienze, l’Opificio Golinelli – Casa di bambini, esperimenti e tecnologie (uno spazio dedicato alla contaminazione dei saperi) e il G-factor, acceleratore di startup e spinoff. “Golinelli continua a vivere nella sua multiforme Fondazione, che voleva durasse almeno fino al 2065”, ha dichiarato il Sindaco di Bologna Matteo Lepore in un’intervista a La Stampa ricordando la figura dell’imprenditore. 

La vera eredità di Golinelli è stata quindi la filantropia aziendale, che in Italia sta crescendo a doppia cifra, almeno stando ai dati della più recente ricerca della Dynamo Academy e di Sda Bocconi Sustainability Lab. Lo studio, che ha analizzato l’impegno strategico per il benessere delle proprie persone e del territorio di 116 imprese tra il 2019 e il 2020, ha rivelato che nell’anno dell’inizio della pandemia si è registrata una crescita del 26,3% dell’erogazione di fondi a fini filantropici da parte delle aziende. Le donazioni sono passate infatti dai 364 milioni di euro del 2019 ai 460 milioni di euro del 2020. 

La filantropia è aumentata nell’anno del Covid 

Tra i settori di intervento in cui le imprese hanno indirizzato i propri investimenti filantropici nel 2019 figurano gli stessi su cui aveva posto l’attenzione proprio Golinelli: cultura e attività ricreative. Nel 2020, coerentemente con l’emergenza sanitaria, al primo posto è passato invece il settore Protezione civile, Emergenza e Catastrofi (con il 19% dei fondi), seguito da Sanità e Salute pubblica (17%). A livello geografico, l’85% del campione in entrambi gli anni ha destinato più della metà delle erogazioni a favore di beneficiari e organizzazioni italiane. 

La ricerca ha sottolineato anche la centralità del Top management nell’indicare la destinazione delle donazioni: nel 42% dei casi chi cura questo aspetto ha diretto riporto a CEO e Direttori Generali, mentre nella selezione dei progetti di filantropia prevale una modalità di gestione mista (cioè top down e bottom up), con il coinvolgimento dei collaboratori in quanto stakeholder. Sul fronte del personale, il 53% delle aziende ha attuato iniziative di volontariato aziendale sia nel 2019 sia nel 2020. Nel 2019 le aziende impegnate in forme di volontariato aziendale sono state il 74%, nel 2020 il 67,5%. 

Ma in base a quali criteri si decidono i destinatari dei fondi? Il 64% delle imprese ha dichiarato di tenere in conto i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) definiti dalle Nazioni unite nel 2015, per esempio la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile e un’educazione di qualità, equa e inclusiva. È chiaro comunque che l’emergenza globale abbia giocato un ruolo considerevole nell’impennata delle erogazioni, perché tra le aziende che hanno effettivamente aumentato il budget dedicato alla filantropia tra il 2019 ed il 2020, circa il 50% prevede una diminuzione nel 2022, tendenza ancora più evidente (60%) tra quelle che lo hanno diminuito. Un trend che, probabilmente, Golinelli non avrebbe apprezzato. 

Filantropia aziendale, Golinelli, Life learning, G-factor, Opificio Golinelli


Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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