HR_filosofo

La funzione HR e il suo compito filosofico

Quando si parla di sostenibilità di sistemi economici e, allo stesso tempo, di sistemi sociali, uno dei ruoli che la funzione HR potrebbe interpretare è quello del ‘tafano della comunità’. Ci ricordiamo tutti la famosa metafora contenuta nell’Apologia di Socrate in cui il filosofo paragona se stesso a un tafano, che punge un cavallo grande e nobile, ma impigrito dalla propria dimensione, affinché l’animale sia spronato. Come l’insetto, Socrate interroga e stimola la città a dar conto di ciò che è e delle scelte che compie.

Forse il confronto non è particolarmente gratificante. Prima di tutto il tafano non è un animale molto bello a vedersi, anche se forse –così dicendo– pecco di sciovinismo antropocentrico. In secondo luogo, il tafano succhia il sangue, quindi non ha un comportamento gradito ai propri ‘ospiti’. Tuttavia, il lato decisamente più antipatico della metafora è rappresentato dal destino del filosofo, a tal punto apprezzato dagli Ateniesi che fu condannato a morte.

Nonostante ciò, chi si occupa di persone nell’ambito dei contesti organizzativi si assume un compito che, tralasciando gli scherzi sulla metafora, assomiglia molto a quello del filosofo e consiste nel porre domande proprio a partire dalla dimensione umana del sistema economico in cui è inserito. Non è detto che i sistemi siano funzionali all’avveramento della realtà che la crescita economica promette.

Per esempio, si potrebbe dubitare che oggi crescita economica e sviluppo tecnologico generino più felicità, più tempo libero, più relazione umana e maggiore senso di realizzazione personale rispetto al passato. Si potrebbe esitare interrogandosi sulla capacità che il nostro sistema ha di favorire la ricchezza di un’ampia fascia della popolazione, ovvero se sia in grado di generare ricchezza diffusa che non sia esclusivamente appannaggio di pochi o che riguardi solo la dimensione finanziaria della vita.

Una domanda simile potrebbe essere posta sul rapporto che abbiamo con l’ambiente, sui luoghi in cui viviamo, sulle città o sulle aree iper-urbanizzate da cui sentiamo spesso il bisogno di fuggire.

L’approccio a queste domande mi sembra possa nascere da vari atteggiamenti, che vorrei semplificare in due principali. Il primo è di carattere moralistico: il nostro sistema economico è sbagliato e non tiene conto delle persone, dell’ambiente, dei poveri, di quelli che perdono il lavoro per colpa del covid-19, dei giovani che non lo trovano. In definitiva, la responsabilità è del sistema economico che se ne infischia delle persone.

Di questo atteggiamento ritengo sia stato un esempio il fenomeno Greta Thunberg, giovane attivista svedese, che ha detto: “È tutto sbagliato. Non dovrei essere quassù. Dovrei essere tornata a scuola dall’altra parte dell’Oceano. Eppure, voi tutti venite da noi giovani per la speranza. Come osate? Voi avete rubato i miei sogni e la mia infanzia, con le vostre parole vuote! Eppure io sono una delle fortunate. La gente soffre. La gente muore. Interi ecosistemi stanno collassando”.

Chi è il destinatario delle sue domande? I genitori, gli adulti, i politici, le aziende? Mi sembrano interrogativi retorici, emotivistici, privi di reale bersaglio. Tralasciando l’infelice sfruttamento mediatico della ragazza, ritengo interessante il ‘modo’ in cui le domande sono poste, perché fa emergere una discrasia importante tra la promessa e l’effetto che il nostro sistema economico determina. Chi sarebbe disponibile a sottoscrivere che ci disinteressiamo in modo intenzionale dell’ambiente, delle persone, del futuro, dei giovani, per arricchirci irresponsabilmente?

Nessuno, credo. Forse potremmo chiederci, invece, se quanto stiamo facendo per generare benessere non sia proprio ciò che ci sta privando di quello di cui desideriamo godere noi oggi e i giovani in futuro.

Dobbiamo individuare dove sta l’errore che commettiamo anche – e soprattutto – in buona fede, chiederci se il problema non sia forse di efficienza, organizzazione economica o modello istituzionale.

Per fare questo dobbiamo assumere un secondo atteggiamento, differente dal primo, non dando voce ai pistolotti moralistici, ma ponendoci in una prospettiva razionalmente questionante, in modo che il nostro modello economico integri la crescita con la qualità della vita, della relazione, del lavoro, dell’ambiente. In questo processo, nei contesti aziendali, la funzione HR si pone come punto di snodo tra due dimensioni, persona e teoria economica, che si incontrano proprio nel cardine della sostenibilità.

Mauro De Martini pubblica le sue riflessioni nella rubrica “Risonanze Formative” di Persone&Conoscenze.
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sostenibilità, Funzione HR, Socrate, stimolo


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Mauro De Martini

Consulente e formatore, gestione risorse umane e comportamenti organizzativi. È inoltre autore del libro Note di formazione (Edizioni ESTE, 2021).


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