Parità

La legge sulla parità salariale introduce un sistema premiale

“Solo nei libri mediocri gli uomini sono divisi in due campi e non vengono mai a contatto. Ma nella realtà tutto è così intrecciato! Che assoluta nullità si dev’essere per sostenere nella vita una parte sola!” (Boris Leonidovič Pasternak)

La frase dello scrittore Boris Leonidovič Pasternak appare ottimale per sottolineare la novità e l’importanza della recente legge sulla parità salariale (Legge 162/2021), proprio perché si tratta di una norma non divisiva, ma ‘unificante’, nel senso che pone l’accento sulla necessità di rafforzare, in un mondo in cui le diversità si intrecciano sempre più frequentemente (in primis, ovviamente, quella tra uomo e donna), il concetto più ampio di “parità di genere”, sostenendone l’applicazione in materia di lavoro e quindi, automaticamente, nell’ambito di una comunità complessa e variegata quale è l’impresa del XXI secolo. Allo stesso modo può incidere profondamente anche sull’organizzazione e la gestione di tale comunità.

La Legge 162/2021 (entrata in vigore il 3 dicembre 2021) va segnalata e minimamente commentata perché detta le coordinate per stimolare le imprese a intraprendere un periodo ancor più virtuoso in materia di parità di genere, prevedendo oltretutto a tal fine un apposito sgravio contributivo per sensibilizzarle anche ‘pragmaticamente’ (e non solo culturalmente) a progredire il più possibile verso una gestione equilibrata e avanzata di una materia così delicata.

Essa infatti va a incidere profondamente, innanzitutto, sul D.lgs 198/2006 (il cosiddetto “Codice per le pari opportunità”) sia per conseguire l’obiettivo di allineare l’Italia alle indicazioni generali provenienti dall’Unione europea (e ciò dovrebbe avvenire anche per il tramite del Piano nazionale per la ripresa e resilienza, Pnrr, onde collegarsi ai princìpi guida del Next Generation Eu) sia per rimuovere alcuni ostacoli tuttora esistenti e solo scalfiti dalla normativa previgente.

I concetti di discriminazione diretta e indiretta nella selezione del personale

A dimostrazione del focus rinvigorito sul tema, per esempio, l’art. 1 della Legge 162/2021, ricollegandosi all’art. 20 del D.lgs 198/2006, prevede che da parte del consigliere nazionale di parità il Parlamento debba essere aggiornato ogni due anni sugli effetti della nuova disciplina (ciò tenendo conto anche delle indicazioni provenienti dai consiglieri di parità territoriali), con prima applicazione già a partire dal 30 giugno 2022. Un punto nodale della Legge, sotto il profilo prettamente tecnico, che va innanzitutto sottolineato consiste poi nell’intervento di modifica del testo dell’art. 25 del D.lgs 198/2006, perché vengono riconfigurati i comportamenti rientranti, sotto vari aspetti, nel concetto di “discriminazione di genere”.

In proposito va infatti evidenziato che le condotte tenute già in fase di selezione del personale vanno a pieno titolo valutate in termini di eventuali azioni di “discriminazione diretta” e si amplia notevolmente l’ambito potenziale di operatività del diverso, ma parallelo, concetto di “discriminazione indiretta”. In esso vanno ora ricompresi gli interventi che possano creare svantaggio (per mere ragioni di sesso, di età, di genitorialità, di legame con la maternità) “non necessario o giustificabile da obiettivi organizzativi legittimi”, nonché quelli che possano comunque frenare il regolare accesso ai meccanismi di progressione di carriera o di coinvolgimento nella normale vita aziendale.

Questi rischi si presume possano essere quantomeno ridotti (se non del tutto evitati) anche grazie alla modifica dell’art. 46 del D.lgs 198/2006, derivante dalla sua riscrittura in termini di estensione dell’obbligo biennale di presentazione del rapporto sulle pari opportunità alle imprese con più di 50 dipendenti (prima la soglia era di 100 lavoratori), con la precisazione che il relativo rapporto dovrà essere redatto secondo un rigoroso format da predisporre a cura del Ministero del Lavoro (rapporto da trasmettere anche alle rappresentanze sindacali aziendali).

Importante da segnalare anche la previsione secondo la quale il Ministero del Lavoro dovrà esporre successivamente sul proprio sito gli elementi necessari per avere contezza sia delle aziende che avranno aderito all’obbligo di trasmissione sia di quelle inadempienti. Pertanto un apposito decreto ‘congiunto’ di Ministero del Lavoro e Dipartimento delle Pari Opportunità (da emanarsi entro il 31 gennaio 2022) provvederà alla individuazione concreta degli elementi minimi obbligatori per la redazione del rapporto, fermo restando che dovrebbero esservi riportati almeno i seguenti dati:

  • numero dei lavoratori occupati di sesso femminile e maschile;
  • numero delle lavoratrici in stato di gravidanza;
  • numero dei lavoratori di sesso femminile e maschile assunti nel corso dell’anno;
  • differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso;
  • inquadramento contrattuale e la funzione svolta da ciascun lavoratore occupato, con evidenza dei contratti a tempo pieno e parziale;
  • importo della retribuzione complessiva corrisposta, delle componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, dei bonus e di ogni altro beneficio in natura ovvero di qualsiasi altra erogazione;
  • informazioni e dati sui processi di selezione in fase di assunzione, di reclutamento, sulle procedure utilizzate per l’accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale, sugli strumenti e sulle misure disponibili per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sulla presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso e sui criteri adottati per le progressioni di carriera;
  • modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell’azienda interessata, nel rispetto della tutela dei dati personali.

Non dovrà comparire l’identità del lavoratore. Nel citato decreto attuativo dovranno inoltre essere indicate le modalità di trasmissione, entro il 31 dicembre di ogni anno, dell’elenco delle aziende tenute all’obbligo di redazione del rapporto ai consiglieri territoriali competenti. Nel caso di incompletezza o non veridicità dei dati esposti verrà applicata una sanzione amministrativa da 1.000 a 5mila euro.

La certificazione della parità di genere

Ma il punto certamente più innovativo, in un’ottica strategica di sensibilizzazione continua sull’argomento, è rappresentato dal nuovo art. 46-bis introdotto nel D.lgs 198/2006, poiché codifica l’istituto della certificazione di parità di genere. Cioè un documento attestante, a partire dal 2022, che le azioni adottate dai datori di lavoro sul tema possono essere oggettivamente reputate idonee a evitare il divario di genere su alcune tematiche essenziali come le opportunità di crescita interna, la tutela della maternità, la configurazione di politiche retributive tendenti a parificare mansioni e lavoro, anche se questa parte della normativa diverrà effettivamente operante solo dopo l’approvazione dei relativi decreti attualità da parte del Governo e dei Ministri competenti (coadiuvati peraltro da un apposito comitato tecnico che verrà istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri).

Ben consapevole delle difficoltà che comunque potrebbero permanere nella fase di stimolo alla miglior esecuzione della nuova legge, il Legislatore ha altresì deciso di ‘spingere’ le imprese a intraprendere questo nuovo percorso mediante il riconoscimento, dettato dall’art. 5 della Legge 162/2021, di una riduzione dell’1% (per il solo 2022) sui contributi a carico del datore di lavoro ‘virtuoso’, in quanto risultato in possesso della succitata certificazione della parità di genere (purtroppo il limite massimo di 50mila euro per azienda potrebbe fungere un po’ da freno, soprattutto per le entità produttive di maggiori dimensioni).

Sul punto si deve attendere peraltro l’emanazione di un decreto attuativo ad hoc entro il 31 gennaio 2022, senza poter poi escludere a priori un rifinanziamento del bonus per gli anni successivi. Ancor più significativa però appare l’ulteriore agevolazione, secondo la quale le imprese in possesso della certificazione al 31 dicembre dell’anno precedente potranno ricevere, in più, una sorta di beneficio premiante in termini di punteggio da esaminare per la valutazione nell’ambito di bandi di gara, appalti, ecc., o di cofinanziamento di investimenti da parte delle autorità competenti alla relativa gestione (anche con un riguardo a fondi europei).

Insomma, già da questa breve illustrazione dei punti più rilevanti della nuova normativa si può apprezzare lo sforzo del Legislatore per tentare di adeguare la situazione italiana alle migliori esperienze in atto nel nostro continente e alle regole dell’Unione europea, che peraltro sono in costante evoluzione (è alle porte infatti l’emanazione di una nuova direttiva sul gender pay gap, mirante sostanzialmente a rafforzare il principio di trasparenza retributiva sia in fase pre assuntiva sia nel corso dei rapporti di lavoro).

Certo, è comunque troppo presto (in assenza, oltretutto, dei vari decreti attuativi) per trarre conclusioni circa gli effetti positivi che la Legge 162/2021 potrà produrre. Però è indubitabile che essa comporti un significativo passo avanti, già sul piano concettuale, su un terreno sinora rilevatosi piuttosto impervio per una varia serie di regioni, culturali e non. Si tratta comunque di ragioni che gradualmente possono essere rimosse, soprattutto se ci si continuerà a ispirare ai principi ottimamente sintetizzati da due pensieri che possono in qualche modo reputarsi emblematici, cioè: “Il genio non ha sesso” (Madame de Staël); “credo nella parità di diritti per tutti; penso che Dio ami ognuno di noi” (Harry Styles). Secondo questa logica non pare quindi eccessivo ipotizzare che il 2022 possa rappresentare un radicale momento di svolta per quanto concerne la tematica della parità di genere in termini di completezza ed efficacia della sua diffusione, sotto la spinta, per l’appunto, della nuova legislazione quivi commentata.

L’articolo è pubblicato sul numero di Dicembre 2021 della rivista Sviluppo&Organizzazione.
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Gender pay gap, pari opportunità, parità salariale, Legge 162/2021


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Ernesto Di Seri

Docente a contratto di Diritto per l'Ingegneria all'Università Luic Carlo Cattaneo di Castellenza. Sulla rivista ESTE Sviluppo&Organizzazione cura la rubrica 'Gli scenari del lavoro' in cui analizza le dinamiche complesse del lavoro, innescate da fattori sociali, tecnologici, giuridici e contrattuali.

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