La nuova legge sugli Its e la sua realizzazione: la questione organizzativa

Il 20 luglio 2021 la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge sul sistema degli Istituti tecnici superiori (dal titolo “Ridefinizione della missione e dell’organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, Pnrr): 409 favorevoli, sette contrari e quattro astenuti. E ora il provvedimento è al Senato.

Come è noto, gli Its assicurano l’85% di occupabilità dopo un anno e creano competenze essenziali per l’innovazione delle imprese e delle organizzazioni. In Italia oggi contano 18mila allievi circa contro i 900mila della Germania. Il Piano Next Generation Eu prevede un investimento fino a 1,5 miliardi di euro con due requisiti: generare un aumento esponenziale degli studenti, arrivando a un incremento di 18mila l’anno; avviare una riforma del sistema Its, svolta in rapporto sia ai sistemi di formazione e istruzione tecnica e sia alla formazione terziaria universitaria. Dopo 11 anni dalla costituzione degli Its e dopo 22 anni dal primo provvedimento sull’istruzione terziaria non universitaria, finalmente la Camera dei Deputati, con un voto quasi unanime, ha varato una legge di sistema.

È una ottima notizia e i motivi sono diversi. Il Governo, inserendo gli Its nel programma del Pnrr, ha contribuito a tagliare il nodo gordiano di quel groviglio di norme, burocrazia, posizioni interessi che hanno impedito che l’Italia avesse un sistema di istruzione di livello europeo. In secondo luogo si supera il diffuso pregiudizio ideologico verso il legittimo interesse delle imprese a poter accedere a un canale formativo terziario pubblico aderente alle evoluzioni professionali del mondo del lavoro. In terzo è configurata la possibilità di superare la frammentazione di iniziative formative tra loro scollegate e finanziate episodicamente. In quarto luogo si interrompe il moltiplicarsi di posizioni e proposte di ‘amici dell’Its’ che si sono contrapposte in un campo di battaglia ideologico e politico che ha creato entropia. In quinto luogo (forse) si interrompe un succedersi di norme e regolamenti farraginosi.

Servono un piano economico e un programma di Change management

La novità è che con questo disegno di legge gli Its, rinominati ‘Its Academy’, divengono una componente strutturale nazionale del sistema educativo italiano, ossia un canale formativo terziario parallelo all’università, in continuità con il sistema di istruzione e formazione tecnica e professionale e con i licei, simile a quelli esistente come da tempo in Germania, Francia, Spagna, Svizzera. Il sistema nazionale che ne deriva è peculiare: a differenza dell’università e degli istituti di istruzione secondaria, non è costituito da un sistema ‘statale’ centralizzato fatto di ordinamenti e di personale docente reclutato con concorsi nazionali, ma da un sistema unitario definito da standard, da coordinamento e finanziamento nazionale, che gode però di una articolazione e di una governance policentrica e flessibile.

Ma questa legge ce n’est qu’un début. Per lo sviluppo degli Its come sistema, infatti, non basta una legge, ma ci vuole l’attivazione di una complessa organizzazione. Un’organizzazione che porti conferme e diffusione delle positive esperienze già generate dai migliori istituti e che attivi novità da realizzare attraverso processi di realizzazione di carattere economico e organizzativo. Per questo, oltre ulteriori norme attuative previste da disegno di legge, sono necessari altri due strumenti che non possono essere sostituiti dalla gestione ordinaria: un piano economico per utilizzare il Pnrr e un percorso di Change management strutturale, che faccia avvenire le cose.

Nell’articolo pubblicato su Astrid Rassegna, 15 /2021, propongo tre aree di iniziative di diversa natura fra loro interagenti: legislativa (la formulazione della legge quadro predisposta dal Parlamento con il supporto del Ministero dell’Istruzione a cui far seguire una serie di provvedimenti regolatori attuativi); economica (la gestione di un piano di investimento o ‘piano industriale’ delle ingenti risorse del Pnrr, a cura del Ministero dell’Istruzione in raccordo con gli altri ministeri e con le Regioni); organizzativa (un percorso attuativo di cambiamento, ossia un programma di Change management strutturale, coordinato dal Ministro dell’Istruzione con cui gestire la reale trasformazione di tutti i componenti del sistema e con cui promuovere un patto per l’istruzione tecnica superiore che coinvolga gli altri Ministeri, le Regioni, le parti sociali e soprattutto gli operatori degli Its e dei loro stakeholder).

Nella legge c’è troppo e manca qualcosa

Il disegno di legge non è in realtà una legge quadro, perché contiene ben 17 articoli che coprono 32 colonne, l’espressione dell’eccesso di dettaglio della regolazione tipica della nostra produzione legislativa. Eppure le dimensioni fondamentali di un sistema rinnovato erano poche: Its come canale autonomo della istruzione terziaria parallelo alla università; durata e riconoscimento dei diplomi nel sistema europeo delle qualifiche (quinto e sesto livello); ‘passerelle’ a due sensi fra Its e università; responsabilità nazionale nella definizione del modello didattico e degli standard; responsabilità regionale nella programmazione; proporzione fra docenti provenienti dalle aziende e dal sistema dell’istruzione; struttura giuridica delle Fondazioni Its; governance delle Fondazioni e poche altre.

Invece la proposta legislativa entra in una serie di dettagli che confermano – o modificano – precedenti disposizioni o rispondono alle preferenze dei diversi presentatori dei precedenti progetti volti più a intervenire su aspetti specifici che a costruire l’architettura di nuovo sistema. Tuttavia gran parte di questa architettura è presente nel disegno di legge: occorre fare uno sforzo per enucleare la parte in cui il disegno di legge può essere considerato una “legge quadro” e evidenziare le numerose innovazioni rilevanti.

Una analisi dettagliata della legge è contenuta nel lungo articolo Federico Butera, “Aperto il cantiere dell’ITS”, Rassegna Astrid, 15, 2021.

La sfida di gestire il piano di investimento

Come anticipato, il Pnrr prevede ora un ingente finanziamento. Come e da chi saranno gestite le risorse destinate agli Its? Si tratta di fondi che, proprio per la loro importanza e l’obiettivo di sostenere una riforma, non possono essere gestiti con i metodi e processi ordinari, ossia distribuendo risorse alle attuali o future Fondazioni Its attraverso bandi e meccanismi premiali tradizionalmente adottati e gestiti dalle strutture ordinarie del Ministero o dalle Regioni. Occorre un approccio e una metodologia da piano economico o piano industriale. È questo un punto delicato da cui dipende non solo la corretta allocazione dei fondi secondo gli impegni con l’Europa, ma lo sviluppo di un clima di coesione e la trasformazione degli Its in un vero sistema.

Il piano economico o industriale dovrebbe essere svolto in armonia con le politiche nazionali di sviluppo industriale e con le politiche di formazione del capitale umano, favorendo politiche attive del lavoro; finanziando le dotazioni tecnologiche e laboratoriali; incentivando i campus tecnologici e i centri di trasferimento tecnologico.

Le sfide sono quelle di rendere efficaci il sistema di governance condiviso fra Ministeri e Regioni e parti sociali; le responsabilità manageriali di guida del piano; la compliance alle disposizioni dell’Europa e degli organi di controllo non burocratici: tutto ciò pur così difficile è necessario, ma non ancora sufficiente. Queste azioni dovrebbero avvenire all’interno sia di una evoluta metodologia di programmazione e rendicontazione sia di un processo sociale partecipativo. In una parola si tratta di una questione organizzativa.

Il Change management strutturale per attuare la riforma

Quanto precede deve essere gestito in modo da ‘fare avvenire le cose’. Il Ministero dell’Istruzione e gli altri enti coinvolti dovrebbero formulare un programma di Change management strutturale raccordato la gestione ordinaria e i piani di investimento. Si tratta infatti di promuovere e gestire azioni, suscitare energie che producano risultati, cambiamenti e innovazioni: programmi e azioni che non sono il risultato automatico né delle norme primarie né dei decreti attuativi né delle risorse né della gestione corrente. ‘Una marcia in più’ è necessaria ad accompagnare un cambiamento di sistema e di competenze.

A quali programmi e azioni pensiamo? Per esempio: il potenziamento delle risorse delle capacità delle Fondazioni Its (queste, come abbiamo visto, sono sospinte a raccogliere le sfide di una quintuplicazione dei diplomati in pochi anni; occorre supportare il potenziamento strategico, organizzativo e professionale delle singole Fondazioni Its); sviluppare le reti Its governate territoriali e merceologiche, un lungo percorso di apprendimento; potenziare le funzioni aggiuntive degli Its (laboratori didattici, innovazione di prodotto e di processo, consulenza alle imprese); potenziare e diffondere le metodologie didattiche innovative sviluppate in questi anni dai migliori Its; formare i formatori del sistema educativo e delle imprese; attuare i piani di comunicazione alle famiglie e ai giovani; potenziare i processi di orientamento; impostare azioni per il coinvolgimento delle imprese per suscitare il loro contributo professionale e economico; potenziare le strutture di presidio nei Ministeri e nelle Regioni; accompagnare il cambiamento della organizzazione reale dei Ministeri, delle Regioni, delle Fondazioni Its, delle attività didattiche

Ritengo che il metodo che può essere adottato è quello del Change management strutturale. Il management del Ministero, delle Regioni, delle Fondazioni Its e delle altre strutture, con questo metodo si assumono insieme la responsabilità di guidare e monitorare un cambiamento complesso e lo fanno attivando una partecipazione e progettualità estesa, condividendo in primo luogo un obiettivo mobilitante: quintuplicare il numero degli allievi e supportare l’innovazione delle piccole e medie imprese. È un processo di Change management. La missione e la partecipazione delle persone può contribuire al superamento delle inevitabili resistenze al cambiamento e il riorientamento professionale e culturale delle persone.

Il Change management strutturale (Federico Butera, Organizzazione e società, Marsilio, 2020, Capitolo 13) consiste in tre classi di attività, rappresentate e gestite in modo tale da mobilitare tutte le risorse: un piano di riorganizzazione parziale o totale del sistema strutturale Its (questo è quanto è assicurato dal nuovo disegno di legge e dai provvedimenti normativi attuativi e dal piano economico delle risorse del Pnrr); una serie di progetti pilota, supportando, valorizzando e diffondendo i casi esemplari; un’attività di implementazione e miglioramento continuo (il punto chiave di questa terza proposta è quello di potenziare le organizzazioni che a tutti i livelli sono protagoniste dello sviluppo del sistema: condizione sine qua non per dare esecuzione alle intenzioni del disegno di legge).

Le aree organizzative deputate a fare diventare gli Its un vero sistema sono le seguenti: struttura, soggetti e funzionamento degli organi collettivi di governance, degli organi responsabili degli atti attutativi; organi di presidio della gestione di finanziamenti; presidio della gestione del cambiamento; strutture del Ministero e delle Regioni; organizzazione delle Fondazioni Its e delle loro reti. Esse devono essere organizzazioni mission driven, ossia guidate dagli obiettivi economici, occupazionali e sociali del Pnrr. Organizzazioni che devono essere progettate e gestite usando quei modelli, pratiche metodologie evolute e non burocratiche che le scienze organizzative e le migliori organizzazioni ci hanno reso disponibili negli ultimi decenni.

Il Ministro Bianchi come Direttore d’orchestra

È tutto troppo complicato? No, il successo della formazione terziaria non universitaria tedesca, francese, svizzera, spagnola è stato il frutto della efficace gestione delle organizzazioni di cui è composto il sistema. Ora per noi questa è la sfida resa possibile dalla nuova legge: meno politics e più organizzazione.

La politica, quella con la “p” maiuscola, ha un ruolo fondamentale nell’assicurare consenso, volontà e determinazione di raggiungere gli obiettivi del sistema, nel mettere a disposizione le risorse umane e strumentali migliori e soprattutto nel modellare e comunicare il processo di costruzione della formazione terziaria come processo democratico di sviluppo del sistema produttivo e del mercato del lavoro italiano.

Rimane aperta la questione del ‘Direttore d’orchestra’ di tutta questa complessa partitura. Io credo che il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che più volte ha affrontato questi temi in termini progettuali e che ha la rara statura per guidare la profonda riorganizzazione del sistema educativo italiano che abbiamo illustrato, una volta liberato dai gravosi impegni legati alla gestione della pandemia dopo la riapertura delle scuole, sarà egli stesso a mettersi alla guida dell’orchestra che include così tanti soggetti istituzionali e organizzativi, adottando il suo modello di all governement e attivando il suo staff, le strutture del Ministero e la estesa comunità di operatori e esperti che desiderano contribuire allo sviluppo della formazione terziaria.

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Federico Butera

Federico Butera è Professore Emerito all’Università degli Studi Milano-Bicocca e Presidente della Fondazione IRSO. Inoltre, è autore del recente libro Organizzazione e società – Innovare le organizzazioni dell’Italia che vogliamo (2020).

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