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La responsabilità delle aziende nella ricollocazione delle persone

Il tema del blocco dei licenziamenti e la sua revoca stanno occupando le recenti pagine dei quotidiani. Cerchiamo dunque di ricostruire i fatti. Il Ministro del Lavoro Andrea Orlando ha inserito nel decreto Sostegni bis una proroga con divieto di licenziare al 28 agosto 2021 per le grandi aziende che avessero utilizzato la Cig Covid fino al 30 giugno 2021. La proroga non è stata gradita dagli industriali, perché lo stop ai licenziamenti prosegue dal 23 febbraio 2020. Dopo un lavoro di mediazione si è arrivati a un compromesso e il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato il Decreto Legge modificato.

Cosa cambia? La proroga del blocco dei licenziamenti al 28 agosto 2021 è saltata e dal 1 luglio 2021 le aziende dei comparti manifattura e costruzioni hanno due possibilità: usufruire della Cig ordinaria senza versare addizionali e con il divieto a licenziare oppure, in assenza di Cassa integrazione, possono interrompere i rapporti di lavoro. Dal 1 luglio 2021 cessa il divieto di licenziare, ma il Premier Mario Draghi ha sottolineato il “forte incentivo a non farlo“.

Il provvedimento riguarda industria ed edilizia, mentre per il comparto dei servizi il blocco dura sino alla fine di ottobre 2021 e la Cig gratuita si protrae fino a fine anno. Per le imprese in crisi rimane la possibilità di accedere alla Cassa integrazione ordinaria o straordinaria senza versamenti di contributi addizionali sino al 31 dicembre 2021. In questi casi, il divieto di licenziamento permane per tutto il periodo della cassa integrazione.

Questi avvicendamenti hanno contribuito generare malumori: per esempio i sindacati si sono mobilitati compatti per rivendicare la proroga del blocco dei licenziamenti. Analoga preoccupazione desta la riforma degli ammortizzatori sociali, unita all’incognita legata alle politiche attive. Nel frattempo, infatti, il Governo ha commissariato l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) che avrebbe dovuto riorganizzare, appunto, le politiche del lavoro. Sono invece state prese altre misure, come il reddito di cittadinanza assimilabile a politica attiva del lavoro, con l’istituzione dei navigator, sulla cui efficacia sono stati espressi molti dubbi e critiche.

Ora bisogna ripartire da zero puntando sullo sviluppo di un sistema informatico che metta in relazione la domanda con l’offerta. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha inserito il rafforzamento dei centri pubblici per l’impiego all’interno della missione 5 dedicata a inclusione e coesione dove rientrano le politiche per il lavoro e i miliardi destinati sono 6,66. Gli obiettivi generali sono quelli di potenziare le politiche attive del mercato del lavoro, rafforzare i centri per l’impiego, favorire la creazione di imprese femminili e promuovere l’acquisizione di nuove competenze da parte delle nuove generazioni.

Ripartire potrebbe essere un approccio valido considerando la scarsa – se non nulla – efficacia, dell’Anpal e il lavoro da fare è davvero molto sfidante. La progettazione delle politiche attive del lavoro richiede un forte coordinamento pubblico-privato per risolvere forse il più grave dei nostri problemi che riguarda non tanto l’assenza di lavoro quanto la mancanza di competenze adeguate. La manifattura è ripartita e il problema non è la mancanza di lavoro ma la carenza di manodopera qualificata.

Di questi argomenti ne abbiamo parlato nella puntata di PdM Talk del 28 maggio 2021. Gli ospiti della puntata:

Luca Failla, Head of Employment & Benefit di Deloitte Legal Italy
Cristiano Pechy, Country Manager di Lee Hect Harrison e Presidente Aiso

pdm talk, blocco dei licenziamenti, Pnrr, outplacement, Anpal, centri pubblici per l’impiego, Agenzie per il lavoro

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