La rivincita dello spirito imprenditoriale
La recente promozione in Serie A del Monza Calcio (un traguardo storico per la squadra brianzola) è l’ultimo successo sportivo e imprenditoriale di Silvio Berlusconi. Abbiamo analizzato lo spirito dell’imprenditore che si rimette in gioco costantemente, che crea e innova grazie al suo intuito e alla sua immaginazione, attraverso la testimonianza di chi ha conosciuto il protagonista della storia e ha condiviso la stessa vocazione di fare impresa. Quella che segue è la riflessione di Gianfranco Dioguardi.
Erano i ruggenti Anni 70 e si respirava nell’aria un senso diffuso di imprenditorialità. Vivevo una mia personale esaltante esperienza, avendo dovuto assumere, da una quindicina d’anni, una pesante responsabilità imprenditoriale alla morte di mio padre in una impresa edilizia: sperimentavo l’Organizzazione come strategia (Milano 1982) per traghettare l’azienda verso una media dimensione manageriale. Ero ansioso di forgiare uno spirito imprenditoriale che sentivo ben presente in me e andavo alla ricerca di maestri dai quali trarre utili insegnamenti.
Il gioco del caso (Palermo 1987), che già altre volte si era dimostrato amico, mi creò una occasione di conoscere personalmente Silvio Berlusconi, allora all’apice della sua attività imprenditoriale nel settore edilizio. Fu un incontro per me indimenticabile nel quale, fra l’altro, mi omaggiò dell’esemplare numero 394 di una splendida edizione della Utopia di Thomas More nella traduzione di Luigi Firpo, per i Tipi di Neri Pozza editore (1978) con una sua significativa introduzione nella quale fra l’altro scriveva: “Mi sono innamorato di Utopia […] e ho incominciato a sognare di costruire un giorno una città perfetta che si chiamasse così. […] Non ci sono evidentemente riuscito, ma progettando nuove unità urbane […] ho tentato sempre, di avvicinarmi il più possibile a un modello di città […] che potesse essere, per i suoi abitanti, il teatro ideale per una vita più serena”. Il libro mi fu così dedicato: “Con profonda stima e simpatia, Silvio Berlusconi”.
Imparai così che l’imprenditore è, in primo luogo, una personalità che sa ispirarsi a utopie ovvero a sogni innovativi da trasferire in una realtà che dovrà modificare l’esistente e quindi implicherà grandi responsabilità anche di natura etica. Da allora ho sempre seguito le attività di Berlusconi, rimanendo di volta in volta entusiasmato dalle sue capacità imprenditoriali di innovare il mondo (valga per tutte l’invenzione della televisione privata e la capacità di spezzare l’allora monopolio televisivo di Stato). Nel campo editoriale è poi diventato uno dei principali attori, spaziando fra libri e giornali e poi acquisendo ruoli fondamentali nella grande distribuzione e nelle assicurazioni. Eccolo, inoltre, nello sport con il Milan che ha reso vincitore di tutto quanto si possa pensare in Italia e all’estero sotto la sua presidenza. E sempre nel calcio si è rimesso in gioco con il Monza, traghettato in Serie A, realizzando così un traguardo storico per la squadra.
L’imprenditore come l’avventuriero settecentesco
Mentre seguivo la vita imprenditoriale di Berlusconi, mi si chiarivano sempre più le caratteristiche della carismatica figura dell’imprenditore protagonista dell’economia, figura in grado di generare occupazione reale, benessere, ricchezza da distribuire, leader carismatico cui ispirarsi: mi convincevo, sempre più, come fosse una indispensabile istituzione per creare benessere nella società che verrà, figura carismatica alla quale tutti i giovani dovrebbero ispirarsi nella loro formazione professionale.
La sua figura mi ricordava la grande tradizione imprenditoriale italiana emergente sin dal Medioevo e dal Rinascimento con i grandi antesignani: Marco Polo, Francesco di Marco Datini, il mercante di Prato inventore delle Holding e del concetto di imprese rete. Personaggi che seppero coniugare cultura con le attività pratiche del fare imprenditoriale, assumendo rischio nell’incertezza del quotidiano come ha evidenziato nel Settecento Richard Cantillon, introducendo per la prima volta nei discorsi di economia la parola “entrepreneur”.
Mi fa piacere anche pensare a Berlusconi interpretandolo come una figura romantica che apprezzo molto; lo considero come un avventuriero settecentesco, personaggio che alla stregua dell’imprenditore andava alla costante ricerca di nuove imprese anche nel mondo delle idee perseguendole con grande tenacia. Al proposito, un insegnamento fondamentale mi viene proprio da Giacomo Casanova (1725-1798), l’avventuriero per eccellenza, che nel suo divertente e interessante libro La mia fuga dai Piombi, così scrive: “Credo ancora oggi che quando uno si mette in testa di venire a capo d’un qualunque progetto e non si occupa che di quello, finisce con il riuscire nel suo intento malgrado tutte le difficoltà. […] Si tratta di contare sulla fortuna e nello stesso tempo di sfidarne i rovesci”.
E Berlusconi ha saputo davvero sfidare la fortuna e i suoi rovesci fino a tarda età, fiducioso nella ragione della libertà e nelle innovative iniziative dell’essere umano. Ha sempre seguito un insegnamento che spinge l’imprenditore a esercitare con tenacia e con forte perseveranza le proprie azioni imprenditoriali, così da conquistare il successo.
L’esemplare volontà di riscatto
L’imprenditore, dunque, connotato da carisma, da leadership, da senso di governance, professionista con spiccato senso del mercato, di economia, di finanza e di banche, con il gusto del creare, dell’innovare del realizzare, dotato di intuito e di ideali legati all’immaginazione, capace di integrarsi sul territorio, attento alla cultura e al mecenatismo, in grado di sostenere la costanza e la tenacia e di contrastare la corte barocca, sapendo essere amico della fortuna, soprattutto alla ricerca di sempre nuove avventure e perciò ‘avventuriero’ nel senso settecentesco del termine, reso oramai saggio da queste doti così peculiari e dall’insegnamento della ragione illuministica, è sempre proteso a portare a compimento con successo la propria avventura imprenditoriale, proiettandola in un futuro caratterizzato dal gusto della scoperta e dell’innovazione continua.
Purtroppo, già gli ‘avventurieri-imprenditori Settecenteschi alla fine si innamoravano della politica, mitica dea corruttrice di anime, alla quale anche Berlusconi non ha saputo resistere all’incanto del suo fascino. E anche in questo caso ha segnato le sue azioni con ripetuti successi. Ma lo scenario politico è per sua natura infido e in esso l’invidia si evolveva in odio: purtroppo si avverte nell’aria un generalizzato senso di insopportabilità per i successi berlusconiani, mentre sembra emergere un’ansia nel godere dei suoi mali anche giudiziari. Eppure, nonostante tutto, si riafferma ancora in Berlusconi una esemplare volontà di riscatto e di perenne rinascita grazie a una personalità unica che la Storia non potrà dimenticare per farla trionfare sulle bassezze della nostra epoca.
Professore Ordinario di Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Bari e Presidente Onorario di Fondazione Dioguardi
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