Pa

La rivoluzione mancata (della Pa)

Quando a gennaio 2022 il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta ha annunciato, con una lettera ai dipendenti pubblici, la volontà di colmare le lacune della Pubblica amministrazione (Pa), relative tanto al lavoro agile quanto, più in generale, alla trasformazione digitale, hanno forse tirato un sospiro di sollievo coloro che erano rimasti profondamente delusi dalla scelta dello stesso responsabile del Ministero, che qualche mese prima aveva annunciato il ritorno al lavoro in presenza di tutto il personale. Tra i più amareggiati, i componenti dell’Osservatorio del lavoro agile nelle Pa, istituito nel 2020 presso il Dipartimento della funzione pubblica, che con i suoi esperti era stato incaricato di fornire dati, materiali e buone prassi perché il lavoro a distanza, al quale la pandemia ha fatto da volano, potesse concretizzarsi nel modo migliore.

Se è vero che nel settore mancavano – e mancano tuttora – le tecnologie e le competenze per attuare in modo sostenibile il lavoro agile (come spiegato da Brunetta in un articolo de Il Foglio nell’autunno 2021) è anche vero che ignorare il parere dell’Osservatorio, facendo passare l’idea che quella modalità fosse una parentesi da chiudere più in fretta possibile, ha finito per trasmettere un messaggio secondo cui la Pa è poco allineata alle evoluzioni del mondo del lavoro e poco incline a esserne attrice protagonista. “La decisione del Ministro all’epoca è stata presa a prescindere dall’Osservatorio e questa è stata una delusione per tutti i componenti”, è il giudizio di Anna Maria Ponzellini, sociologa del lavoro con una lunga esperienza di ricerca su relazioni industriali, mercato e organizzazione del lavoro, che fa parte dell’Osservatorio del lavoro agile nelle Pa e della Commissione tecnica dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile. “Abbiamo lavorato tanto e ricordo che i membri della segreteria tecnica – me inclusa – sono persone che credono molto nello Smart working. In generale, penso che organismi, agenzie e osservatori come questo stentino a influire sul processo decisionale politico, anche per una questione di tempistiche”.

Dal suo punto di vista, la scelta del Governo espressa dal Decreto dell’8 ottobre 2021 ha un contenuto penalizzante che sembra sottintendere che le modalità di lavoro a distanza portate avanti durante il periodo emergenziale siano state solamente una parentesi, un’esperienza legata esclusivamente al particolare momento storico, cui porre un punto non appena la curva dei contagi lo ha permesso, ricominciando a lavorare in presenza come si è sempre fatto. Questo perché, come evidenziato dallo stesso Brunetta qualche mese dopo, lanciando il programma formativo facente capo al Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della Pa, nel settore mancavano conoscenze e competenze fondamentali – tecniche, organizzative e manageriali affinché il lavoro agile avesse un futuro, ma anche perché per molte persone responsabili dei processi decisionali la situazione andava bene così com’era prima della pandemia.

Secondo Ponzellini, dal punto di vista di molti dirigenti non si sentiva alcun bisogno di cambiare alcunché, tanto meno con l’introduzione del lavoro ibrido: “Certamente serviva una sorta di stop, del tempo per raccogliere le idee davanti a un evento con un impatto significativo come quello che l’emergenza sanitaria ha avuto su tutti gli aspetti della vita. Una pausa per capire come ripartire”. E per comprendere, per esempio, come evitare le criticità riscontrate dagli utenti dei servizi della Pa e rendere più agevole la risposta delle diverse aree, ognuna con le proprie specificità, che compongono quel variegato mondo. Anche perché, tra queste, le reazioni alla necessità di abbracciare il lavoro agile non sono state uguali. Secondo un’indagine del 2020 della Banca d’Italia, le maggiori difficoltà sono state riscontrate dalle funzioni di Frontoffice e da quelle, per esempio, della gestione del patrimonio immobiliare; al contrario, aspetti come la contabilità, l’amministrazione del personale e la gestione del bilancio si sono mosse più agevolmente in modalità ibrida.

Aspettare il cambio generazionale non ha funzionato

Purtroppo il messaggio che è stato dato indirettamente con il summenzionato Decreto è stato quello tout court del fallimento dell’esperienza. Un approccio di questo tipo, dal punto di vista dell’esperta dell’Osservatorio del lavoro agile nelle Pa, non rende onore agli enormi passi avanti fatti da molte amministrazioni durante la pandemia sulla digitalizzazione del settore e, dunque, del Paese. L’impulso dato dall’emergenza sanitaria ha permesso di raggiungere risultati straordinari in un ambito più restio, probabilmente, di qualsiasi altro alle novità, a causa di fattori come l’anzianità dei dirigenti e il timore di non essere in grado di immaginare e coordinare cambiamenti così significativi nelle modalità operative. “Molti dirigenti non sapevano come gestire i processi di lavoro attraverso i nuovi strumenti. Dalla pandemia si è appreso molto, si sono raggiunte conquiste come l’anagrafe online. È emerso che di fondo, nei vertici della Pa, vigeva la tacita strategia di aspettare il cambio generazionale per far funzionare i servizi digitali”, commenta Ponzellini, che crede profondamente nell’efficacia, a certe condizioni, del lavoro a distanza.

Per l’esperta si tratta, con tutti i limiti che ancora non lo rendono realmente smart, di un traguardo importantissimo per tutte le persone. L’immagine più efficace è quella della liberazione dalla ‘schiavitù’ del cartellino. Anche per questo Ponzellini è particolarmente dispiaciuta che il lavoro dell’Osservatorio al fianco del Ministero sia stato alla fine modesto. Dopo che il Presidente della Commissione ha dato le dimissioni, ci si chiede che cosa ne sarà del ruolo di una squadra che, con un mandato di tre anni per fornire dati e analisi, avrebbe potuto offrire sul mondo del lavoro e sul suo futuro uno sguardo certamente profondo e competente. Ed equilibrato, probabilmente, visto lo scenario nel quale sul tema circolano episodi biasimevoli da un lato e pratiche virtuose ed eccellenti dall’altro, escludendo l’enorme zona grigia che annovera la maggior parte delle realtà (è dando un’occhiata a quest’area che ci si può fare un’idea più precisa di quelle che sono le visioni più realistiche e più comuni, in un mondo nel quale fisico e virtuale da tempo sperimentano una serrata convivenza).

“Di base noi ci occupiamo di raccogliere dati, discutere evidenze empiriche, fornire materiali e riflessioni, non di prendere decisioni politiche, che spettano ad altri. Forniamo anche buone prassi”, precisa Ponzellini, spiegando che da quando, a giugno 2021, sono uscite le anticipazioni di Brunetta, seguite dalle linee guida sul rinnovo dei contratti, inclusive delle indicazioni per il lavoro agile nella Pa, la Segreteria tecnica si è dedicata a quello che avrebbe potuto fare per orientare il Decreto. Come, per esempio, istituire un osservatorio sulla produttività nei diversi comparti per rassicurare, con dati oggettivi, chi teme che la modalità a distanza possa incidere negativamente sull’efficienza dei servizi pubblici. La proposta di Ponzellini, però, al momento non ha avuto seguito e la Commissione è stata rivista con un nuovo decreto nel marzo 2022.

L’intervista integrale ad Anna Maria Ponzellini è pubblicata sul numero di Marzo 2022 di Persone&Conoscenze.
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lavoro agile, Pubblica amministrazione, renato brunetta, Anna Maria Ponzellini


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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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