La scienza al servizio dell’organizzazione aziendale
“Non si può insegnare niente; si può solo far sì che uno le cose le trovi in se stesso”. Sono parole di Galileo Galilei, universalmente noto per essere il padre del metodo scientifico. Descrivono bene il coaching applicato dai consulenti di euXilia, società che, dal 2016, accompagna l’evoluzione di manager, leader, team e organizzazioni.
A differenza del coaching classico, il metodo di euXilia analizza le prestazioni della persona e le sue interazioni con l’ambiente circostante, non solo dal punto di vista del coachee, ma anche dei collaboratori. Il metodo è definito “scientifico” perché agisce proprio come suggerito da Galileo: si compiono azioni ed esperimenti per rispondere a una sfida di business, in modo da apprendere più rapidamente e in maniera incontrovertibile nuove competenze.
L’approccio sistemico, poi, permette di lavorare con l’obiettivo della risonanza, cioè dell’influenza positiva anche sull’ambiente di lavoro. È questa la differenza sostanziale dei coach euXilia: non si limitano ad applicare un metodo, ma studiano il pensiero che l’ha generato. Vale anche per il Toyota Kata – il sistema di management e modello universale di creatività basato su adattamento e miglioramento continuo, che molti manager utilizzano, spesso inconsapevolmente e, dunque, senza che ciò generi effettive e durature ricadute sull’azienda.
Alberto Rossi, CEO di euXilia, paragona questi manager a bravi pittori, che non sanno, però, insegnare agli altri a dipingere: l’emozione di una tela ha ricadute positive sul singolo spettatore, non sulla società nel suo insieme. La stessa cosa avviene nelle aziende: anche il più illuminato e talentuoso dei manager, se non applica un metodo scientifico al proprio lavoro, per raggiungere obiettivi di business, non sarà in grado di apportare cambiamenti duraturi. È il limite principale di molti dei percorsi di coaching: non hanno ricadute se non sul diretto interessato, non producono un reale cambiamento organizzativo.
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Questo tema, sempre attuale, lo è ancora di più nel periodo storico che stiamo attraversando, segnato dalla pandemia da Covid-19: anche le imprese più conservatrici sono obbligate a ripensare il proprio modello di business. Alcune perché si sono dovute inventare nuovi prodotti o rivolgere a nuovi mercati, altre per far fronte a un calo o, al contrario, a un improvviso picco di lavoro.
Ognuna ha la sua sfida ma, come ricorda Rossi, anche la più piccola di esse può e deve essere affrontata con un metodo scientifico. Non basta, infatti, copiare le soluzioni degli altri, se non si studia il pensiero che le ha generate: vale anche per la filosofia lean, molto applicata, ma poco conosciuta relativamente alle origini e al pensiero che ne è alla base.
Ma come può essere scientifico il coaching? Come spiega Rossi, è compito del coach mappare i modelli mentali delle persone, per renderli disponibili ad altri. Così è stato fatto da Mike Rother, il ricercatore americano che, per primo, ha trattato il Toyota Kata, studiando i manager che utilizzavano, anche inconsapevolmente, i kata del miglioramento. Infatti, come dimostrano le neuroscienze, per creare o cambiare la cultura di un team o di un’organizzazione, le persone devono praticare comportamenti mirati.
Rother li ha chiamati “kata”, utilizzando un termine proprio delle arti marziali, individuandone due. Il primo è il kata del miglioramento, che permette alle persone di rispondere alle sfide in modo scientifico e sistemico: prevede di procedere per obiettivi a breve termine, per rispondere, poi, a una sfida più generale di medio-lungo termine, superando gli ostacoli che si incontrano, attraverso esperimenti, proprio come novelli Galileo. Il kata del coaching rende coach a loro volta gli stessi manager e, di seguito, i collaboratori di essi, per attuare un sistema a ricaduta: ogni figura, in azienda, può ‘allenare’ la squadra che gli è affidata.
Questo metodo causa un vero e duraturo cambiamento organizzativo, il coaching più tradizionale, invece, si limita a eventi straordinari, ha ricadute soprattutto sul singolo: il miglioramento ottenuto, spesso, non è sostenibile nel tempo. Come spiega Rossi, invece, il coaching scientifico “consente ai manager stessi di creare persone che pensano in modo coerente e risonante quella organizzazione, generando pensiero e, solo di conseguenza, soluzioni”.
Spunti (concreti) di cambiamento con KataCon Europe 2021
È in questo contesto che si inserisce KataCon Europe 2021, la conferenza sul Toyota Kata più importante d’Europa, rivolta a tutti coloro che vogliono aggiornarsi, imparare e usare sempre meglio i kata nella propria organizzazione e nel proprio contesto lavorativo. KataCon Europe mira a fornire informazioni per far evolvere l’organizzazione e trasformarla in una vera learning organization, che aiuti le persone e i team a crescere e a raggiungere obiettivi sfidanti, nonostante l’incertezza e il cambiamento. L’edizione 2021 è, ovviamente, totalmente online, a causa della pandemia. Ma proprio quest’ultima rende indispensabile per le aziende cercare soluzioni alle sfide più o meno impegnative che essa ci mette davanti.
“L’evento nasce dal bisogno, non del tutto percepito dalle aziende, di avanzare, senza perdersi in lamentele né fidarsi delle percezioni, che conducono a conclusioni sbagliate. Sovente, si proiettano nel mondo i propri pensieri, senza generare un sistema di apprendimento: nelle organizzazioni non è favorito il dubbio, ma la risposta, pur sbagliata, perché si punta al risultato immediato, non all’apprendimento” spiega Rossi.
Ma è solo l’apprendimento che permette di avere risultati concreti e duraturi. “Anche le aziende più tradizionaliste devono arrendersi all’evidenza: il modo tradizionale di pensare non funziona più” osserva Rossi.
Il CEO di euXilia racconta la storia, molto concreta, di un’azienda da 13 milioni di euro di fatturato. Acquisita da una nuova proprietà, questa si accorge di un buco da 1 milione: la sfida diventa quella della sopravvivenza, cercando di trasformare, nello stesso tempo, la cultura aziendale, perché basata sulla staticità della vecchia proprietà, di tipo paternalistico. Le persone erano ferme nel loro processo di apprendimento, ognuna nella sua limitata mansione e l’azienda era destinata a chiudere.
Ma un leader illuminato si rivolge a euXila e inizia a lavorare con il kata del miglioramento: si pone sfide intermedie su tutte le aree dell’organizzazione (una sulle vendite, una sui service, una sugli acquisti). Ogni manager di queste aree ha la propria. Rossi è coach del CEO, che ha ovviamente la sfida macro e diviene a sua volta coach del suo staff.
Oggi, a un anno di distanza, non solo è stato ripianato il debito, ma a bilancio è segnato un utile. Il motivo è semplice: non è cambiata una persona nell’azienda, ma tutta la cultura organizzativa. Tutta l’impresa pensa ora con metodo scientifico, ha le sue sfide e sa di avere dalla propria parte una vera abitudine legata prima al pensiero prima, poi all’azione. Siamo di fronte a un cambiamento omogeneo e, quindi, duraturo.
Questo non toglie niente al talento e all’intuito del manager: le sfide non devono essere tutte titaniche. È partendo dalla più insignificante che si apprendono i meccanismi che facilitano l’acquisizione della mentalità scientifica, in termini molto pratici.
Si apprende anche il valore del team e gli strumenti più adatti, con un respiro internazionale, che è un’altra dimensione decisamente sottostimata, ancora oggi, dalle aziende e dai manager italiani. È la dura legge del gol: “A nessuno verrebbe mai in mente di pensare che una grande squadra possa vincere il campionato senza allenatore”, ricorda Rossi. Nelle aziende non è diverso: senza un mister preparato in panchina, non portano a casa il risultato.
Bolognese, giornalista dal 2012, Chiara Pazzaglia ha sempre fatto della scrittura un mestiere. Laureata in Filosofia con il massimo dei voti all’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Baccelliera presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma, ha all’attivo numerosi master e corsi di specializzazione, tra cui quello in Fundraising conseguito a Forlì e quello in Leadership femminile al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Corrispondente per Bologna del quotidiano Avvenire, ricopre il ruolo di addetta stampa presso le Acli provinciali di Bologna, ente di Terzo Settore in cui riveste anche incarichi associativi. Ha pubblicato due libri per la casa editrice Franco Angeli, sul tema delle migrazioni e della sociologia del lavoro. Collabora con diverse testate nazionali, per cui si occupa specialmente di economia, di welfare, di lavoro e di politica.
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