La tecnologia non ci ruba il lavoro, lo rende stimolante e lo valorizza
Intelligenze artificiali che sfornano contenuti, algoritmi e chatbot sempre più avanzati, robot che si sostituiscono all’uomo nei lavori manuali (come già fanno da decenni, peraltro): il falso mito della tecnologia che “ruba” il lavoro all’uomo sembra alimentarsi ogni giorno di più. In realtà, le prospettive sono molto diverse: l’automazione dei processi e il digitale permetteranno di svincolare le persone da attività ripetitive e poco stimolanti. Permetteranno di mettere in campo competenze, empatia e intelligenza (umana), liberando tempo per attività a valore.
Ne è convinto Paolo Grotto, CEO di Arket, società di consulenza e sviluppo software specializzata nella digitalizzazione dei processi aziendali. “In Arket ci occupiamo di e-collaboration e digitalizzazione dei processi, ovvero di quel ramo dell’informatica che studia i processi aziendali e automatizza le attività a basso valore aggiunto, demandandole a un computer per fare in modo che le persone si dedichino ad altro, a maggior valore, migliorando al contempo la collaborazione interna, con clienti e fornitori”.
In un momento storico in cui le aziende sono alla continua ricerca di personale, hanno difficoltà a reperire le figure di cui hanno bisogno e il tema della carenza di competenze è sentito in tutti i settori, ecco che liberare del tempo da dedicare ad attività aziendali critiche può fare la differenza: “Se un’azienda impara ad automatizzare le attività a basso valore aggiunto, facendo in modo che le persone evolvano dal punto di vista professionale, può aumentare la produttività a parità di addetti” è la tesi di Grotto.
Oggi le imprese stanno passando da un’offerta centrata prevalentemente sul prodotto a un’altra che punta sui servizi: è il fenomeno noto come servitizzazione. Questa trasformazione – abilitata e potenziata dalle tecnologie – consente di proporre nuove soluzioni, con il fine di aumentare ricavi ma anche di avere l’opportunità di stringere relazioni a lungo termine coi clienti. E nel dare valore alle relazioni, nessuna tecnologia può eguagliare l’uomo.
Concentrare gli sforzi su relazioni e servizio rende più competitivi
Sono numerosi gli esempi pratici che si potrebbero fare. Pensiamo a un ufficio commerciale: automatizzando i processi di caricamento ordini e backoffice, gli addetti potrebbero dedicare più tempo alle relazioni, contattando i clienti e occupandosi maggiormente di assistenza pre e post vendita, fasi cruciali in ottica di servitizzazione. Certamente, le persone andranno formate affinché acquisiscano le giuste competenze per avere successo nel loro nuovo ruolo professionale.
Un’altra applicazione esemplificativa può essere quella di un ufficio acquisti, che negli ultimi anni si è trovato a dover gestire difficoltà di approvvigionamento, ritardi dei fornitori, carenza di materiali, interruzioni delle catene del valore… Cambiando i prezzi delle materie prime, salgono i costi per i fornitori e, di conseguenza, è necessario caricare i listini aggiornati con frequenza: un’azione che in passato si faceva una volta all’anno oggi può dover essere svolta a cadenza mensile, se non settimanale. Demandare alla tecnologia questo tipo di incombenza può aiutare le persone ad aver maggior tempo per relazionarsi con i fornitori, cercarne di nuovi, dare spazio alla contrattazione e ottenere condizioni migliori.
Insomma, di ‘lavoro rubato’ non c’è traccia, visto che si tratta di ‘togliere’ alle persone le attività a basso valore aggiunto: “La professionalità grazie alla tecnologia evolve in maniera positiva; un lavoratore non sarà più un mero trascrittore di dati, ma diventa protagonista della gestione di un servizio nei confronti del cliente. Questo implica la necessità di puntare maggiormente sulla qualità delle figure che operano in azienda: si innesca un processo di crescita interna” spiega Grotto.
La digitalizzazione impone quindi un miglioramento ‘qualitativo’ agli esseri umani, sta a loro saper cogliere le opportunità che si aprono. “Per mantenere i collaboratori ingaggiati e superare la possibile resistenza iniziale al cambiamento, è importante costruire un percorso, accompagnando le persone in questa evoluzione del loro ruolo, senza imporre dall’alto la trasformazione. Come Arket, abbiamo sviluppato un ecosistema di soluzioni che in circa 20 anni di attività si sono evolute nel tempo; supportiamo le imprese nel comprendere le loro necessità tecnologiche e di revisione dei processi, ma anche nell’implementare tutta una serie di facilitazioni che abbiamo appreso in anni di gestione dei progetti” conclude il CEO. I vantaggi non saranno solo per l’azienda, ma anche per i lavoratori e in tutte le attività quotidiane: solo chi cambia rimane competitivo.
Giornalista professionista, Cecilia Cantadore ama raccontare storie di persone e imprese. Dopo la laurea magistrale in Culture e Linguaggi per la Comunicazione all’Università degli Studi di Milano è entrata nel mondo dell’editoria B2B e della stampa tecnica e professionale lavorando per riviste specializzate. Scrive di cultura aziendale, tecnologia, business e innovazione, declinando questi macro temi per le diverse testate cartacee e online con cui collabora come freelance. Dedica il suo tempo libero alla musica, ai viaggi e alle camminate in montagna.
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