La tecnologia non è donna
Negli Stati Uniti le donne ricoprono solo il 27% dei lavori in ambito tecnologico. A portarlo all’attenzione pubblica è stata l’analisi di WomenTech network, community specializzata in Diversity e mondo della tecnologia, riportata da Benefit news, che ha sottolineato come i processi di selezione siano un passaggio chiave per un maggiore coinvolgimento delle donne nel settore ICT.
Dal punto di vista di Paula Ratliff, Presidente della divisione Women Impact Tech, è un problema di mancato incontro tra domanda e offerta: da un lato i datori di lavoro non sempre implementano le giuste pratiche di assunzione e, dall’altro, le donne non necessariamente sono alla ricerca di aziende a cui proporsi. “Le donne sono in genere più leali degli uomini e una volta trovata una buona azienda, la tendenza è quella di rimanerci. Non cogliamo nuove opportunità con la stessa frequenza dei colleghi maschi e anche per questo trovare candidate donne nel settore tecnologico è più difficile”, ha spiegato Ratliff, illustrando il suo punto di vista.
Non si tratta solo di questo, però. Il 48% delle lavoratrici in ambito Science, technology, engineering and mathematics (Stem) ha segnalato, rispondendo al sondaggio del forum online Builitin, una qualche forma di discriminazione nel processo di selezione o assunzione: il 66% ha denunciato la mancanza di un chiaro percorso da seguire nelle professioni tecnologiche ; il 39% ha individuato nei pregiudizi di genere una barriera significativa per il proprio accesso al mondo del lavoro. Anche per questa ragione, dalla prospettiva di Ratliff, per un mondo del lavoro più equo andrebbe ripensato l’approccio al recruiting nella sua interezza.
Paladini dell’innovazione, ma non del cambiamento
Un primo passo per farlo è tenere conto in maniera costruttiva delle differenze tra generi e persone, non ignorando, per esempio, che spesso le donne si trovano a fronteggiare attività domestiche faticose e dispendiose, oltre a quelle legate al lavoro stesso, in maniera molto più consistente rispetto ai colleghi uomini. In quest’ottica diventa, quindi, fondamentale offrire alle lavoratrici e alle candidate forme di flessibilità che permettano di trovare il giusto equilibrio tra entrambi gli aspetti. “Il lavoro a distanza è essenziale per le donne che cercano di dedicarsi alla famiglia e la responsabilità di garantirlo è del datore di lavoro. Tra le donne che sono state intervistate dopo la pandemia, solo il 22% ha affermato di essere disposta a tornare in ufficio a tempo pieno”, ha raccontato Ratliff.
Un altro aspetto importante perché il talento femminile fiorisca nel settore tecnologico, passa dai luoghi di lavoro intesi in senso fisico. Quanto più l’organizzazione e le caratteristiche degli spazi sono favorevoli alle esigenze di tutti, incluse – ed è un peccato che lo si debba ancora ricordare – le donne, le persone di colore e la comunità Lgbtq+, tanto più le aziende che promuovono politiche di questo tipo diventano appetibili anche per profili diversi rispetto a quelli dell’uomo bianco cisgender. Proprio questo settore, tra l’altro, ha più di altri i mezzi e le risorse per implementare tali cambiamenti, che potrebbero concretizzarsi in servizi come l’assistenza all’infanzia in ufficio o in un’offerta di welfare più ampia che prenda in considerazione anche le specifiche demografiche.
Si tratta di privilegi dei quali purtroppo spesso chi ne gode è poco consapevole e a sentirne effettivamente il peso è solo chi, invece, ne è privato. Se il settore che si fregia del primato di trainare l’innovazione potesse essere anche quello in grado di garantire un cambio di prospettiva di questo tipo sarebbe una prova di virtuosismo ben maggiore di qualsiasi transizione digitale.
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
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