Lavorare quattro giorni allo stipendio di cinque

Dopo le esperienze di Unilever in Nuova Zelanda, di Toyota in Svezia e di Microsoft in Giappone, anche l’azienda di abbigliamento spagnola Desigual ha proposto ai suoi dipendenti (iniziando dalla sede centrale di Barcellona) di lavorare quattro giorni a settimana invece dei canonici cinque, con la possibilità di farne uno in Smart working. La scelta – così è stato spiegato – è stata dettata dall’esigenza delle persone di raggiungere un maggiore equilibrio tra vita privata e lavoro: i collaboratori possono esprimere il loro parere entro il 7 ottobre 2021. L’accordo comporta però un taglio del salario del 6,5%. È l’altro lato della medaglia, il prezzo cioè per il work-life balance, che ricade sulle spalle di chi lavora.

Ma non sembrerebbe essere un problema, visto che recenti ricerche (per esempio un sondaggio commissionato dalla società di software Atlassian a PwC) indicano che più del salario conta la possibilità di gestire il proprio tempo. Più della metà delle persone intervistate, infatti, ha dichiarato che rinuncerebbe a una promozione se ciò significasse salvaguardare la propria salute mentale.

Spostandoci più a Nord, il Governo scozzese guidato dalla Premier Nicola Sturgeon ha appena stanziato un fondo da 10 milioni di sterline. Il motivo? “Permettere alle aziende di esplorare i benefici di una settimana lavorativa di quattro giorni”, è stato scritto nella nota stampa diffusa per raccontare l’iniziativa. A incoraggiare il piano hanno contribuito i risultati di un sondaggio dell’Institute for public policy research (Ippr), condotto su un campione di oltre 2mila persone in età lavorativa, in cui otto risposte su 10 affermavano la convinzione che la riduzione dei giorni di lavoro avrebbe potuto avere un effetto positivo sul benessere individuale.

Da quanto si apprende, il piano dovrebbe sostenere le aziende disposte a sperimentare una riduzione del 20% delle ore medie lavorate, per circa 20mila lavoratori in un periodo di tre anni. Secondo l’Ippr, un progetto di questa portata permetterebbe di valutare appieno l’impatto del cambiamento. Non ci sono però indicazioni sull’eventuale riduzione salariale.

Lavorare meno… per far lavorare tutti

E in Italia? Mentre la Pubblica amministrazione (Pa) ha richiamato i dipendenti al lavoro in presenza perché lo Smart working esperienziale si è rivelato un esperimento fallimentare, la società di consulenza e headhunting internazionale Carter & Benson va in tutt’altra direzione e ha deciso di ridurre la settimana lavorativa di un giorno a parità di stipendio. La sperimentazione, per la verità, è cominciata a gennaio 2020 con la riduzione di quattro ore di lavoro a settimana; da gennaio 2021, sempre a parità di stipendio e di benefit, è poi stata ridotta di otto ore la settimana lavorativa (che è passata da 40 a 32 ore), portandola effettivamente a quattro giorni.

Era una delle ambizioni di William Griffini, CEO di Carter & Benson, quella di arrivare a un più equo bilanciamento fra lavoro e vita privata: “Già dal 2006 abbiamo abolito ‘il cartellino’, quindi le nostre persone erano già flessibili e autonome. Il nuovo esperimento è una scommessa che abbiamo vinto tutti insieme e che si è rivelata positiva sotto tutti i punti di vista, in special modo sulla qualità del lavoro e il benessere di ognuno”. La produttività è rimasta la stessa, ma per Griffini è normale che sia così perché lo staff lavorava bene anche prima dell’attuazione del progetto: “Il punto è che non si può lavorare tutti tanto, soprattutto adesso che l’impatto tecnologico ha sostituito – e sostituirà –alcune mansioni. Ricordiamo che sono le persone che contano, mentre la tecnologia – che pure non deve mancare – è un supporto”.

Nella visione del CEO di Carter & Benson c’è l’idea che bisogna far lavorare tutte le risorse e se serve ridurre le ore di lavoro non è un problema. Ogni dipendente ha quindi otto ore libere retribuite a settimana da usare come vuole (si possono utilizzare anche non tutte insieme). “Ovviamente non possono farlo tutte le aziende di ogni settore produttivo, ma non nego che i benefici si vedono tutti i giorni, anche se non abbiamo agevolazioni fiscali che premiano le società che riducono carichi di lavoro e assumono persone in più”.

L’avvertimento di Griffini è quello di applicare questa modalità senza toccare il welfare e i benefit aziendali: “La cura e la salute delle persone sono al centro della nostra vision. Recentemente abbiamo anche offerto a tutti i nostri collaboratori la possibilità di effettuare un check up completo una volta all’anno, opportunità che abbiamo voluto estendere anche ai familiari che possono avvantaggiarsi di uno sconto del 60%”. In questo contesto anche il concetto di leadership cambia ed evolve verso un modello in cui la fiducia, la collaborazione e la responsabilità sono gli asset intorno ai quali far crescere l’organizzazione in benessere e qualità. “Valutiamo i dipendenti su base qualitativa e non quantitativa. Così il controllo non è più un’unità di misura del dipendente, perché di fatto non ‘dipende’ da nessuno”, conclude Griffini.

settimana corta, Carter & Benson, William Griffini


Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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