Lavoro agile? C’è chi dice no
Nel 2020 l’inizio della pandemia ha segnato anche l’affermarsi su larga scala, per necessità, del lavoro da remoto. Ora che molte delle misure di sicurezza sono state revocate, ampie fasce di dipendenti continuano a lavorare da casa, in molti casi in modo permanente. Inoltre, gli annunci di lavoro che prevedono modalità ibride o da remoto sono aumentati vertiginosamente, come mostrato da un recente studio di Indeed, secondo cui il numero di offerte che menzionano il lavoro a distanza è quasi triplicato dall’inizio della pandemia, passando da una media di appena il 2,5% a gennaio 2020 a quasi il 7,5% a settembre 2021, con Paesi come Irlanda, Spagna e Regno Unito che hanno registrato i maggiori incrementi. Nel frattempo, il sito per la ricerca di lavoro Ladders prevede che il 25% di tutti i lavori professionali in Usa sia destinato a diventare remoto entro la fine del 2022. Secondo il Work Trend Index 2022 di Microsoft, a livello globale circa il 38% dei dipendenti lavora in un ‘ufficio ibrido’. Questo, però, non vale per tutti i Paesi del mondo.
In alcuni Stati, il lavoro a distanza non è stato accolto con lo stesso calore o non ha mai preso piede a causa di barriere tecnologiche o logistiche. Quindi mentre molti Paesi marciano verso questa nuova realtà, i lavoratori, per esempio, di Francia o del Giappone tornano spesso in ufficio a tempo pieno. Secondo uno studio diffuso dal think tank francese Fondation Jean-Jaurès solo il 29% dei lavoratori francesi lavora a distanza almeno una volta alla settimana, rispetto al 51% dei tedeschi, al 50% degli italiani, al 42% degli inglesi e al 36% degli spagnoli.
Francia e Giappone prediligono il lavoro in presenza
In Francia la riluttanza al lavoro da remoto potrebbe anche avere a che fare con il modo in cui gli uffici hanno sempre funzionato. “Storicamente, le pratiche di gestione non sono state sviluppate attorno alla fiducia e all’autonomia, ma piuttosto intorno a un approccio legato al controllo dall’alto”, ha spiegato Sonia Levillain, Professoressa presso la Iéseg School of Management di Lille. Le interazioni sociali sono anche uno strumento chiave per il processo decisionale in Francia e poiché tradizionalmente avvengono in modo abbastanza informale è stato difficile replicarle sullo schermo di un computer. Lavorare in modalità ibrida su base sostenibile significherebbe passare dall’attuale struttura dell’ufficio informale a una più strutturata. “Culturalmente parlando penso che abbiamo ancora molto lavoro da fare per raggiungere questo obiettivo”, ha commentato Levillain.
Il Giappone è un altro Paese in cui le abitudini lavorative hanno remato contro l’affermarsi di modelli agili. Parissa Haghirian, Professoressa di Management Internazionale alla Sophia University di Tokyo, ha spiegato che ci sono molti messaggi non detti sul posto di lavoro, come sottili segnali del linguaggio del corpo, che potrebbero determinare la direzione di una riunione del tutto non riproducibili su uno schermo: “In Giappone è sempre meglio avere un incontro di persona che scrivere un’email, perché la comunicazione non verbale gioca un ruolo molto importante”. Il Paese è inoltre fortemente legato alla pratica del tutoraggio sul posto di lavoro: i membri senior hanno spesso il compito di insegnare e monitorare regolarmente i colleghi più giovani e questo non è avvenuto in modo efficiente remoto.
Il cambiamento sta arrivando dalle singole aziende
Tuttavia, alcuni segni di cambiamento ci sono. Il gigante IT Fujitsu, per esempio, nel 2021 ha lanciato il programma “Work life shift” che ha trasformato l’ufficio in un centro di collaborazione per il lavoro ibrido; ha anche creato ruoli lavorativi più chiaramente definiti, rendendo più facile, per i suoi 80mila dipendenti in Giappone, lavorare da remoto. La casa automobilistica Honda, l’operatore di telefonia mobile SoftBank e la società di telecomunicazioni Ntt communications hanno tutti concesso indennità simili per il lavoro a distanza, suggerendo una frattura nella cultura aziendale conservatrice del Giappone che potrebbe allineare maggiormente le aziende alla volontà dei lavoratori, l’80% dei quali ha espresso il desiderio di continuare a lavorare da casa in un sondaggio di febbraio 2020 realizzato del gruppo di ricerca Persol research and consulting co.
Dando uno sguardo globale si deve ammettere che c’è stato, un po’ in tutto il mondo, un innegabile cambiamento nella capacità di svolgere il lavoro oltre i confini dell’ufficio tradizionale. Anche se non tutti i Paesi possono essere interessati al lavoro a distanza quanto gli Stati Uniti o il Regno Unito, le tendenze ibride e remote, ha sottolineato la Bbc, sono qui per restare. Naturalmente, però, lo è anche l’ufficio. Le aziende di tutto il mondo stanno esplorando i pro e i contro di ogni modello, anche in base alle particolarità delle loro culture. Paesi come la Francia o il Giappone potrebbero essere lenti ad adattarsi al lavoro a distanza, ma anche da quelle parti le aziende più progressiste stanno infrangendo le norme aziendali. Potrebbe essere solo questione di tempo prima che il domino inizi a cadere.
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
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