Lavoro: non basta proteggerlo, serve crearlo
Con la pandemia tutti i Paesi hanno adottato misure straordinarie per proteggere il lavoro. E per crearlo?
Per far fronte a una chiusura senza precedenti delle attività a causa della pandemia di Covid-19, negli ultimi mesi tutti i maggiori Paesi hanno messo in campo misure straordinarie per aiutare lavoratori, famiglie e imprese. L’uso massiccio di programmi di protezione dei posti di lavoro – su tutti la cassa integrazione – ha raggiunto cifre che non si erano viste neppure ai tempi dell’ultima crisi finanziaria.
Secondo i dati elaborati dall’Ocse, durante la prima ondata della pandemia, ha beneficiato di un’integrazione allo stipendio il 35% dei dipendenti francesi e il 30% di quelli italiani. Altrove non si è scesi sotto il 20-25%, laddove nel 2008 ci si fermava al 5%. In termini di ore lavorate, l’impatto iniziale del Covid-19 è stato 10 volte maggiore di quello della crisi del 2008 con una media Ocse che ha fatto registrare un calo del 12%.
Tutti i Paesi hanno messo in campo risorse straordinarie, investendo soltanto nei primi mesi della crisi pandemica una cifra pari a circa 10 trilioni di dollari: supporto fiscale alle imprese, sostegno al reddito, riduzione dell’orario di lavoro attraverso vari strumenti. Tutte misure per tamponare l’emergenza e preservare i posti di lavoro esistenti. Chi invece un lavoro lo ha perso comunque – o non l’ha mai avuto – è rimasto al palo. A quasi un anno dall’inizio della pandemia, ancora troppo poco è stato fatto sul fronte della creazione di nuova occupazione, con la conseguenza di accrescere vecchie diseguaglianze e aprire nuove ferite economiche e sociali.
Far transitare le competenze tra i settori
È la fotografia del Paese scattata anche dal Rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva presentato dal Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel). Con una crisi che ha colpito 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi, la pandemia ha accelerato tendenze nuove e disruptive nel mondo del lavoro, costringendo a ripensare molte delle categorie tradizionali. Non è un caso allora se, per la prima volta, l’organismo guidato da Tiziano Treu ha inserito nel suo rapporto annuale un capitolo dedicato al lavoro autonomo. “I bisogni espressi dai lavoratori in questa fase sono diversi da quelli di un tempo”, ha detto Treu.
“Nel 2020 si sono moltiplicati gli interventi di carattere universalistico in campi diversi del welfare, eppure le diseguaglianze sono aumentate. Ciò significa non solo che le misure vanno messe a regime, ma anche che le fondamenta del sistema economico e del mondo del lavoro sono ancora fragili ed esposte a impatti esterni”. Secondo il Presidente del Cnel, è tempo di un’analisi profonda delle distorsioni strutturali del mercato del lavoro per ricalibrare il sistema del welfare in funzione della protezione del reddito e della sua connessione con le politiche attive. “Non si tratta solo di rafforzare i servizi all’impiego, pubblici e privati, ma di governare transizioni epocali. Affinché siano giuste, dovranno essere accompagnate dal sostegno economico e da spinte propositive per far transitare lavoro e competenze da settori in declino ad altri attivi”.
L’integrazione tra politiche passive e attive del lavoro in Italia è sempre stata scarsa, non solo a livello di spesa ma anche di efficacia degli interventi. Abituati a immaginare la protezione ‘nel’ mercato del lavoro e non ‘del’ mercato del lavoro, gli italiani scontano antichi problemi che riguardano: orientamento al lavoro, mismatch di competenze, scarsa formazione professionale. Uno dei sette flag individuati dalla Commissione europea nel Next Generation Eu, il piano per la ripresa delle economie degli Stati membri dopo la pandemia, fa riferimento proprio ai concetti di upskilling e reskilling dei lavoratori, nella convinzione che l’acquisizione di nuove competenze e l’aggiornamento professionale facilitino sia l’ingresso sia la permanenza nel mercato lavoro, oltre ad accrescere la competitività delle imprese.
Il Fondo nuove competenze e la Garanzia di occupabilità
In quest’ottica il Fondo nazionale nuove competenze, varato con il decreto Rilancio, ha già coinvolto in due mesi 50mila lavoratori e punta a erogare 7,4 milioni di ore di formazione. “È un primo passo per investire nelle competenze, ma non basta”, ha ammesso la Ministra per il Lavoro Nunzia Catalfo. “Per questo motivo, all’interno del pacchetto Next Generation Eu ho presentato anche un piano nazionale da 3 miliardi di euro, da portare avanti con i Ministeri dell’Istruzione e dell’Università e della ricerca, che definisca i livelli essenziali delle prestazioni sulla base dei bisogni dei lavoratori”.
Si punta a rafforzare le competenze promuovendo una rete territoriale di servizi di istruzione, formazione e lavoro, anche attraverso partenariati tra pubblico e privato, promuovendo industry academy in sinergia con le regioni e accrescendo i percorsi di istruzione e formazione fino a sviluppare un sistema di life long learning. L’obiettivo è definire standard qualitativi per le attività formative, attivate in base a un sistema di profilazione stabilito a livello nazionale, e per i beneficiari, in modo da agganciare gli strumenti di sostegno a reddito alle politiche attive del lavoro.
Nei piani del Governo, agli interventi sulla formazione si intende affiancare un investimento sulle politiche attive del lavoro pari a 3,1 miliardi, di cui 500 milioni già inseriti in legge di Bilancio. Questa ha istituito la Garanzia di occupabilità per i lavoratori (Gol) come sistema di presa in carico delle persone in transizione occupazionale. Un meccanismo che associa la profilazione dei servizi per il lavoro alla formazione, mettendo a sistema una rete complessiva che coinvolga anche le agenzie per il lavoro private.
Strumenti di sostegno universali e attenzione ai giovani
Stefano Scarpetta, Direttore per l’Occupazione e gli Affari Sociali dell’Ocse, ha commentato così la situazione: “In questa fase di transizione, è importante mantenere le misure di breve periodo per sostenere chi ha perso o rischia di perdere poto lavoro e intervenire con cassa integrazione con misure più mirate sui settori colpiti dal contenimento, ma anche investire sugli incentivi alle assunzioni perché ci sono settori che stanno creando nuovi posti di lavoro”. Per investire in un lavoro più equo e resiliente, occorre risolvere i nodi cruciali del nostro mercato lavoro e richiedere ai datori di lavoro che utilizzano la Cig di investire in formazione.
“Questa crisi e lo strumento aggiuntivo del sussidio di disoccupazione agli autonomi possono essere lo spunto per creare uno strumento di sostegno complessivo per tutti i lavoratori, a prescindere dal tipo di contratto, e per investire in nuove assunzioni attraverso sgravi contributivi per giovani, donne e Sud”. L’idea di una riforma generale degli ammortizzatori sociali, condivisa anche dalla Ministra del Lavoro, punta ad allargare le tutele e superare la frammentarietà delle coperture pur declinando in modo diverso per qualifica e settore di appartenenza aliquote e durata degli interventi. Una misura che, però, resta valida solo in presenza di un rapporto di lavoro.
È importante per Scarpetta mettere in campo interventi più strutturali e recuperare lo squilibrio di una spesa nazionale sbilanciata su previdenza e pensioni. “Occorre rafforzare e razionalizzare le misure di sostegno al reddito integrandole con le politiche attive del lavoro investendo in un maggior coordinamento tra autorità locali e centrali. Ed evitare di occuparsi dei giovani troppo tardi, quando la disoccupazione è ormai diventata strutturale”.
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Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
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