Le battaglie inutili: se la lotta di genere passa dallo schwa
Eccoci a settembre, il vero Capodanno, il mese in cui si rimettono le cose in ordine. Finiscono le vacanze, gli orari anarchici non sono più tollerati e le tessere del mosaico si ricompongono. O così dovrebbe essere. Perché viviamo in un Paese refrattario alla gestione governata dal buon senso. Ci innamoriamo di lotte cui è difficile dare una giustificazione sensata, come la battaglia inneggiata a favore dello schwa, un esperimento di scrittura neutra per creare un linguaggio inclusivo: si bandiscono i riferimenti di genere con risultati illeggibili e impronunciabili.
Più utile sarebbe una battaglia per prolungare il tempo-scuola e iniziare il calendario il 1 settembre; sarebbe quanto meno un provvedimento utile per famiglie e mamme che devono gestire una ripresa del lavoro che si trasforma in un incubo. Ma i paladini dello schwa sono tutti senza figli? Mi viene questo sospetto, perché vorrei fare la domanda a un difensore del ‘genere neutro’ e chiedere se nella vita non sia sensato procedere per priorità: prima combatto per le cose essenziali, poi mi occupo del contorno. Per dire, prima compro una casa, poi quando sono sistemata, decido che lo zerbino lo voglio in cachemire. Invece qui prima ci battiamo per lo zerbino in cachemire per tutti, dimentichi del fatto che la casa se la possono permettere in pochi.
E infatti, a colpi di schwa, i figli nel nostro Paese sono diventati un lusso. Cominciamo a batterci per aumentare le quote disponibili negli asili nido (e qui abbiamo già detto che il nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza non ha fatto abbastanza), per allungare il tempo scuola visto che i test Invalsi hanno certificato l’ignoranza dei nostri ragazzi e tre mesi non sono vacanze, ma una voragine dove si inabissa l’ignoranza.
Cominciamo a discutere di vita reale, perché se a settembre inoltrato le mamme devono venire in ufficio con i figli perché non sanno a chi lasciarli (vita vissuta anche in ESTE) significa che viviamo in un Paese che trascura i diritti delle donne e il sostegno alle famiglie. E dovremmo fare attenzione alle battaglie che appoggiamo, perché la più importante è la difesa del lavoro, dell’autonomia, dell’indipendenza. Oggi siamo, relativamente, tranquille perché le nostre madri negli Anni 70 hanno combattuto per noi che oggi possiamo abortire, divorziare, avere pari diritti nel matrimonio. Ma ci stanno togliendo la possibilità di costruirci il futuro che vogliamo se professione e maternità sono dimensioni che richiedono sforzi, e costi, sovrumani per essere conciliate.
Pensavamo di avere conquistato la possibilità di esprimerci come madri e come professioniste, ma basta dare un’occhiata ai dati sulla natalità, che confermano un malessere strutturale, per rendersi conto che non è così. I diritti non sono acquisiti per sempre. Dall’Afghanistan ci arriva una lezione forte. Ma anche dagli Stati Uniti, dove i repubblicani vogliono proibire l’interruzione di gravidanza dalla sesta settimana in tutto il Paese, i segnali non sono incoraggianti. Se poi vogliamo guardare in casa nostra, il 9 settembre 2021 l’Amministratore Delegato della Rai Carlo Fuortes ha nominato la nuova squadra. Tutti uomini.
maternità, schwa, diritti delle donne