Pontiggia

Le esperienze del presente per dare forma al futuro

La pandemia, con 20 milioni di morti, ha innescato un processo di ripensamento delle relazioni di lavoro. La guerra in Ucraina, con ingenti perdite di vite e danni ancora da valutare, ha reso necessario un ripensamento delle politiche di fornitura di energia e di materie prime e definitivamente imposto una revisione delle politiche economiche dei Paesi occidentali. La contrapposizione economica tra Cina e Stati Uniti, con sanzioni e vincoli agli scambi economici, ha modificato lo scenario geopolitico e, conseguentemente, le scelte di investimento e le opportunità di sviluppo delle aziende nei mercati internazionali.

Solo pochi anni fa sarebbe stato difficile immaginare la fine della iper globalizzazione, il mondo senza barriere che abbiamo conosciuto, e di cui alcuni hanno sofferto gli effetti, sembrava inattaccabile. Ancora, è accaduto che gli equilibri finanziari ed economici siano stati messi a dura prova generando ripensamenti e successivi interventi per superare le crisi, ponendo la questione di ridisegnare i rapporti di fornitura a tutto tondo.

A fronte di questi e tanti altri fattori di incertezza l’unica sicurezza sembra provenire dall’esperienza quotidiana, dalle routine personale definita dai tempi e dai luoghi di lavoro. La zona di confort ha la meglio sulla sensazione di disequilibrio, di iniquità e di incoerenza rispetto alle esigenze e alle aspettative individuali e collettive.

Certo è che con la fine del lockdown, il tentativo di tornare al modo di lavorare precedente sembra assorbire più risorse di qualsiasi altro sforzo per ripensare e riorientare i modelli organizzativi. Tempi e modalità ritenuti immutabili, tanto rassicuranti quanto anacronistici. Soluzioni che cambiano nome (per effetto delle mode) senza mutare nei contenuti. Cresce la sensazione che i cambiamenti debbano essere tutti il risultato di eventi di portata globale, di crisi di scala globale, unici ingredienti di trasformazione dei modelli di organizzazione del lavoro. Sovente il colpevole lo cerchiamo negli scenari esterni, che certamente hanno un peso, così però si finisce con il deresponsabilizzare il management.

Ora, di fronte alle opportunità che nascono dal drammatico esperimento naturale che abbiamo vissuto, crediamo che si possano vivere due scenari: tornare al modello precedente oppure continuare con le soluzioni sperimentate nel periodo di lockdown. E nell’incertezza emergono le forme ibride di organizzazione del lavoro.

Tuttavia, il tema non è solo quello di scegliere quale soluzione adottare, ma quali sono le domande, i fabbisogni che questi modelli tendono a risolvere. E ancora, come interpretare, dare un senso all’esperienza acquisita. Una strada è quella di ‘riscoprire’ gli strumenti di analisi e di progettazione organizzativa (nel box alcuni esempi).

Quando l’organizzazione diventa una domanda più che una risposta

È il momento giusto per scoprire che le competenze specialistiche di gestione del personale sono sì necessarie ma non sufficienti, in un periodo nel quale è cresciuta una domanda di ripensamento delle modalità, dei tempi e dei luoghi del lavoro. C’è il bisogno di sviluppare e di consolidare le conoscenze degli strumenti e dei metodi di analisi e di disegno organizzativo; e la rinascita di interesse per la progettazione organizzativa è coerente con le esigenze imposte dal cambiamento dello scenario, dalle incertezze e dalle ambiguità, da una necessità di innovazione e di profondo ripensamento delle relazioni di lavoro.

Si deve riconoscere quanto l’accelerazione forzata degli ultimi cinque anni abbia avuto un ruolo anche nello sviluppo di novità del modo di lavorare, di apprendere. Il contributo personale e collettivo è diventato il centro d’attenzione, il punto dove convergono tendenze sociali e pressioni economiche. Si pensi alla presenza sempre più invasiva di un modello di automazione ‘intelligente’ (smart contract e Intelligenza Artificiale, AI). Possiamo subirne le conseguenze e limitarci a gestirne gli effetti oppure fare uno sforzo per guidare e per indirizzare i processi di trasformazione del lavoro. Anticipare, anche in questo caso, è la ricetta per non cadere in una posizione passiva piena di preoccupazione.

In questo contesto, la progettazione organizzativa è un imperativo per chi ha responsabilità di gestire persone. Non è solo un atteggiamento o un’attenzione, ma un impegno che, al di là delle tecniche (assolutamente necessarie), è efficace a patto che si proceda con un orientamento diverso (problemi e soluzioni) e con una chiarezza sul modo di lavorare (alcune ‘regole o princìpi’). Ma procediamo con ordine e prima di vedere logiche e princìpi è utile presentare il ‘protagonista anonimo’.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Maggio 2023 di Persone&Conoscenze.
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progettazione organizzativa, organizzazione aziendale, nuovi paradigmi


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Andrea Pontiggia

Ima Lab Università Ca’ Foscari, Venezia, Sda Bocconi, Milano

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