L’economia equa e resiliente passa dall’inclusione delle donne
Tra i vari contraccolpi della pandemia è stato riscontrato, anche in Italia, un tasso di perdita del lavoro molto più alto per le donne rispetto a quello degli uomini. Infatti, secondo i dati di Istat, dei 444mila occupati in meno registrati nel corso dell’intero 2020 in Italia, 312mila (il 70%) sono donne. Queste ultime, hanno fatto notare l’ex Governatrice del Rhode Island Gina M. Raimondo e la Presidente del sindacato Service employees international union Mary Kay Henry sulle pagine del Washington Post, detengono inoltre una quota maggiore di lavori di prima linea a basso salario come infermiere, insegnanti, assistenti all’infanzia e badanti e continuano a portare sulle proprie spalle la maggior responsabilità rispetto alla cura dei figli (i cosiddetti “Pink collar“). Solo nel settembre 2021, negli Stati Uniti 865mila donne Over 20 hanno abbandonato il mondo del lavoro, quattro volte più degli uomini che hanno compiuto la stessa scelta.
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Anche prima della pandemia il divario salariale di genere persisteva a tutti i livelli di reddito e di istruzione. Nel 2019, restando negli Usa, due terzi dei lavoratori che percepivano un salario minimo erano donne, che sono anche coloro alle quali fanno capo i due terzi di tutto il debito studentesco negli Stati Uniti. Le donne di colore, poi, si laureano con un debito significativamente maggiore rispetto agli uomini bianchi e impiegano più tempo a ripagarlo poiché guadagnano 62 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini bianchi. E ancora nel 2019 quasi un quarto delle famiglie con una donna a mantenere il nucleo familiare viveva in povertà e per le famiglie guidate da donne di colore o di origini latine il tasso cresceva ulteriormente.
Sicurezza economica e salute prima di tutto
A partire dalle disparità nell’economia e nella società statunitense messe ulteriormente in luce dalla pandemia Raimondo ed Henry hanno delineato un manifesto della ripartenza che passa per l’inclusione e la parità. Hanno chiesto, prima di tutto, una strategia nazionale globale per garantire la sicurezza economica e la salute delle donne che intervenga, per esempio, aumentando i salari e garantendo l’accesso ai benefici di base come il congedo per malattia retribuito e l’assistenza sanitaria a prezzi accessibili.
Raimondo ed Henry hanno poi evidenziato la necessità per le donne, in particolare di colore, di avere percorsi accessibili in settori con salari più alti rivalutando anche i programmi di formazione professionale: per troppo tempo le lavoratrici sono state spinte a rischiare e investire senza alcuna garanzia di un buon lavoro.
Infine, non va dimenticato che migliori opzioni per l’assistenza all’infanzia possono aiutare le donne a reinserirsi nel mondo del lavoro, migliorare le loro prospettive lavorative e far crescere anche, di conseguenza, il Prodotto interno lordo. Diversamente, la forza lavoro è destinata a rimanere insicura e la riprese debole. Per (ri)costruire un’economia equa e resiliente si può cominciare dalle donne.
Fonte: Washington Post
Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.
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