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Liberi di scegliere (la tecnologia)

È iniziato il countdown per la presentazione dei nuovi prodotti Apple. Il 9 settembre 2024 (alle 19 in Italia), durante un evento speciale è previsto l’annuncio dell’iPhone 16, ma anche della nuova gamma di Apple Watch e dei nuovi modelli di AirPods. In attesa che siano svelate le novità dei suoi prodotti, Apple ha già iniziato la sua rincorsa nel mercato dei device business.

Secondo le analisi di IDC, l’azienda di Cupertino ha già un buon posizionamento nel mercato consumer: è tra i principali leader di mercato e nel 2024 ha registrato una crescita significativa nelle vendite di Pc (+22,1%); ma stando ai dati della società di analisi indipendente Canalys, Lenovo, HP e Dell mantengono quote di mercato più elevate. Nel mercato degli smartphone, invece, il competitor di Apple è Samsung, mentre Xiaomi è alle sue spalle.

Discorso molto diverso, invece, quello che riguarda l’ambito business. In questo caso, Apple è il quarto fornitore per numero di dispositivi in azienda, dietro Lenovo, HP e Dell. Ma qualcosa sta cambiando e la conferma arriva da un’azienda impegnata nella gestione in outsourcing degli strumenti digitali di lavoro: le soluzioni della Mela, infatti, sono in costante crescita tra le preferenze degli utenti. La risposta è stata il fenomeno dell’employee choice, cioè la possibilità offerta ai dipendenti dall’azienda di scegliersi la propria tecnologia.

Ogni dipendente può scegliere il proprio device

Abbiamo chiesto a MMN – primo Apple Authorised Enterprise Reseller in Italia e partner IT particolarmente innovativo, con una visione biocentrica centrata sul benessere delle persone e sulle tematiche della sostenibilità con i progetti digitali Carbon Neutral, come spiegato da Antonio Poloni, Managing Director – di commentare la quota residuale che Apple ha in questo business, ben lontana dai già citati competitor. Per spiegare il dato, Matteo Bertani,  Business Lead – Employee Choice di MMN ricorda che nel nostro Paese le aziende ‘pagano’ la loro dimensione contenuta e soprattutto la scelta di non rivoluzionare la tecnologia di fabbrica, fedeli al motto tecnologico: ‘se funziona, non toccarlo’. Insomma, Apple è arrivata più tardi e quindi fatica a prendere il sopravvento in quegli ambienti già presidiati e di certo complessi da trasformare.

Tuttavia, il tema della tecnologia, in questo caso, si intreccia con altre questioni molto rilevanti. Le imprese sono alla costante ricerca di persone e anche la proposta di poter utilizzare quotidianamente specifici device può fare la differenza. Ne consegue che si stanno moltiplicando, come spiegato da MMN, le imprese che invece di imporre la scelta dei device dall’alto, consentono al proprio personale di scegliere il proprio strumento di lavoro. L’employee choice può fare la differenza nella decisione dei candidati se accettare o meno un’offerta di lavoro.

Se fino a qualche tempo fa la questione non era all’ordine del giorno ed Apple era il brand al quale si ricorreva come benefit ‘premio’ per alcune posizioni apicali, ora lo scenario è profondamente cambiato. Non solo per la sempre più complicata ‘guerra dei talenti’ in senso stretto – un fenomeno che subisce numerose influenze socio-culturali – ma anche perché in questi anni sta facendo il suo ingresso in azienda quella generazione che con Apple di fatto è cresciuta e sui dispositivi di Cupertino ci studiato e ha trascorso molte ore del giorno e della notte. Perché, dunque, scegliere un’azienda – perché oggi è il candidato che sceglie dove andare a lavorare – che non offra la possibilità di utilizzare i device Apple?

La tecnologia non è più una scelta dell’IT, ma è una decisione che si allarga a diversi interlocutori; Apple è il mezzo attraverso il quale le persone possono lavorare secondo il loro mindset, perché risponde alle nuove modalità di lavoro”, prosegue Bertani, che nel suo ruolo segue i processi di trasformazione delle imprese, fornendo supporto tecnologico e formativo.

La fine delle decisioni IT imposte dall’alto

Per le aziende che si sono rifatte per lungo tempo al claim ‘persone al centro’ non sarà difficile comprendere il fenomeno e darne un’adeguata risposta. La tecnologia, infatti, può essere uno strumento per valorizzare le persone, con la funzione IT chiamata a orchestrarla affinché tutti siano produttivi e soddisfatti di lavorare. “Da quattro anni, quindi dalla fine del Covid, veicoliamo il messaggio che l’ambiente di lavoro deve essere funzionale alla produzione”, spiega il manager di MMN, ribadendo l’importanza che certe decisioni non possono più essere imposte dall’alto.

In particolare questo vale nell’era nella quale assistiamo alla liquefazione tra la vita e il lavoro, con gli strumenti tecnologici usati indistintamente in tutti gli ambiti. “È l’era della persona e la tecnologia deve aiutarci a raggiungere i nostri scopi”, argomenta Bertani. Oltre al Chief Information Officer (CIO), anche altri manager sono ora coinvolti dal cambiamento: vale per il Direttore del Personale e per chi si occupa di Talent attraction e inclusion, ma anche per il responsabile della sostenibilità.

A confermare come l’employee choice meriti attenzione sono i numeri di una ricerca Report Canalys, secondo la quale il 77% dei candidati lavorerebbe in un’azienda che consente di scegliere il proprio device; il Report US Student Monitor svela invece il 60% degli studenti Usa vorrebbero che le imprese consentissero la scelta. Inoltre secondo il Report Forrester, nelle aziende in cui è attiva l’employee choice si osserva un aumento del 20% della fidelizzazione del personale (calcolato come aumento dei punteggi di gradimento nelle survey). E per concludere c’è Report Boston Consulting che l’84% delle aziende più innovative prevedono programmi di scelta della tecnologia. Apple ha numerose proposte che sembrano soddisfare i nuovi lavoratori; non ultima l’AI, e anche in questo caso, come confermato da Canalys, l’azienda di Cupertino è l’unica a proporre il ‘computer di massa’ AI Capable. La sfida è lanciata e sembra quasi già scritto il risultato. Forse.

Apple, employee choice, device business


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Dario Colombo

Articolo a cura di

Giornalista professionista e specialista della comunicazione, da novembre 2015 Dario Colombo è Caporedattore della casa editrice ESTE ed è responsabile dei contenuti delle testate giornalistiche del gruppo. Da luglio 2020 è Direttore Responsabile di Parole di Management, quotidiano di cultura d'impresa. Ha maturato importanti esperienze in diversi ambiti, legati in particolare ai temi della digitalizzazione, welfare aziendale e benessere organizzativo. Su questi temi ha all’attivo la moderazione di numerosi eventi – tavole rotonde e convegni – nei quali ha gestito la partecipazione di accademici, manager d’azienda e player di mercato. Ha iniziato a lavorare come giornalista durante gli ultimi anni di università presso un service editoriale che a tutt’oggi considera la sua ‘palestra giornalistica’. Dopo il praticantato giornalistico svolto nei quotidiani di Rcs, è stato redattore centrale presso il quotidiano online Lettera43.it. Tra le esperienze più recenti, ha lavorato nell’Ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato italiane, collaborando per la rivista Le Frecce. È laureato in Scienze Sociali e Scienze della Comunicazione con Master in Marketing e Comunicazione digitale e dal 2011 è Giornalista professionista.

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