Economia_Italia_2025

L’Italia (non) s’è (ancora) desta

L’inizio dell’anno è il momento dei buoni propositi: dovremmo impegnarci tutti a fare in modo che a fine 2025 potremo dire che “l’Italia s’è desta”. Approfittando della stagnazione economica dei Paesi europei, dovremmo cogliere l’occasione per riprenderli. È dal 2000 che il nostro divario con loro è aumentato continuamente ogni anno; dopo decenni di continua crescita e con un reddito pro capite addirittura superiore a Francia e Regno Unito negli Anni 90, dal 2000 (quando siamo entrati nell’euro) è iniziato il nostro crollo.

Tutti i Paesi europei hanno continuato a crescere e noi invece ci siamo improvvisamente bloccati e abbiamo iniziato a diventare sempre più poveri. Abbiamo perso più del 24% persino rispetto alla Francia (il Paese a più lenta crescita). Ora che tutti si sono fermati, dovremmo capire perché l’euro ha portato prosperità a tutti e invece più povertà solo a noi: basti notare che il nostro potere di acquisto è ora inferiore persino a quello del 1990.

La diagnosi del perché di ciò non è affatto difficile, ma ci è stata ‘nascosta’ dai politici per anni e tuttora non conviene a nessun partito parlarne. L’errore sarebbe non avere ancora una strategia propria italiana; affidarci solo alla strategia europea ci ha fatto perdere il contatto con gli altri Paesi. Ora la strategia green rischia di farci aumentare ulteriormente il distacco: questa implica grandi investimenti e noi abbiamo meno possibilità a riguardo rispetto agli altri Paesi. Infatti il nostro debito fa sì che l’Europa non ci consenta di aumentarlo, e i Paesi nordici non si fidano a fare un debito comune con noi (come auspicherebbe l’ex premier Mario Draghi).

Alla ricerca di una strategia italiana

Già oggi c’è una chiara differenza tra gli investimenti che stanno facendo gli altri Paesi (autorizzati dall’Europa) e i nostri: questa differenza ci dice già che nei prossimi anni, se adotteremo la stessa strategia comune (basata prevalentemente sul green) il nostro gap potrà solo aumentare. Considerando che tale distanza si sommerà a quello dell’Europa (essa stessa in declino), è plausibile immaginare che andremo sempre peggio rispetto al resto del mondo. Ricordiamoci che dal 2000 l’Italia ha infatti perso ben il 47% di reddito pro capite rispetto agli Usa (il nostro 27% rispetto all’Europa, più il 20% perso dal Vecchio Continente rispetto a Washington).

Non c’è dubbio: l’Europa ha sbagliato strategia e noi ci abbiamo aggiunto il nostro contributo di ‘totale mancanza di strategia’. E così l’Europa, invece di farci bene, ci ha fatto male. Bruxelles si è troppo concentrata sulla emanazione di regole interne, invece che sulle azioni per il mantenimento di un ruolo attivo nel mercato globale (fidandosi troppo della locomotiva tedesca), e l’Italia non è riuscita ad aumentare il valore dei suoi prodotti e servizi, subendo così la concorrenza dei Paesi dell’Est Europa, che – com’è noto – possono produrre le stesse cose a costi molto inferiori.

È il momento di svegliare l’economia

Quindi le ‘colpe’ dell’Europa e dell’Italia si sono sommate, in un ‘combinato disposto’, portandoci all’attuale difficile situazione. La prima priorità dell’Italia è raddrizzare l’andamento negativo. E, come anticipato, la comune stagnazione europea può aiutarci, visto che, Est a parte, si stanno fermando tutti i Paesi occidentali. Vogliamo provare a svegliarci e reagire approfittando del momento, trovando una nostra strategia? O vogliamo continuare ad accettare passivamente il declino in cui ci siamo infognati passivamente?

Purtroppo le fotografie scattate dal Censis e dall’Ocse dimostrano che la colpa della ‘non reazione’ è solo nostra: siamo diventati completamente inerti e aspettiamo che l’Europa ci dica cosa fare. Sarebbe invece ora di svegliarci e pensare alle parole del nostro inno nazionale: facciamo in modo che a fine 2025 possiamo confermare che “l’Italia s’è desta” per davvero.

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Giorgio Merli

Giorgio Merli è autore di numerosi libri e articoli sul management pubblicati in Europa e negli Usa; è consulente di multinazionali e Governi, oltre che docente in diverse università in Italia e all’estero. È stato Country Leader di PWCC e di IBM Business Consulting Services

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