Relazione

L’occasione per ripartire dalle relazioni

Per singoli e organizzazioni, la pandemia di covid-19 ha rappresentato un improvviso capovolgimento della quotidianità, dei programmi a breve e medio termine e del ‘dato per scontato’. Istituzioni e mondi vitali sono stati costretti a misurarsi con una turbolenza di carattere sanitario e sistemico. La società, il lavoro e il consumo hanno dovuto adattarsi a molteplici mutamenti: fra questi, il dilagare della crisi sanitaria e infodemica (Rothkopf, 2003), legata a un eccesso di informazioni e interpretazioni; il radicalizzarsi dei processi di glocalizzazione, in un sempre più vorticoso equilibrio fra territori e reti; una repentina accelerazione digitale, presupposto per un cambiamento a lungo termine del lavoro e degli stili di vita (Lombardo e Mauceri, 2020).

L’emergenza della primavera 2020 ha indotto le imprese a sospendere o rallentare per un certo periodo la propria attività, adottare misure di prevenzione e sicurezza (con nuove responsabilità in capo ai datori di lavoro), snellire e dematerializzare i processi aziendali e, in alcuni casi, riconvertire il modello produttivo e distributivo (Istat, 2020b). A un tempo, in un’ottica sistemica (Golinelli, 2008) e relazionale (Grunig, 2016), la pandemia ha rappresentato un’occasione senza precedenti per rinnovare la vicinanza al Paese e agli stakeholder, più che mai inclini a riconoscere nelle imprese un decisivo corpo intermedio, capace di contribuire alla tenuta dei consumi, del lavoro e del benessere sociale (Edelman, 2021).

Alla luce di questo scenario, il contributo presenta i risultati di un’indagine sulle evoluzioni della comunicazione organizzativa-interna (O-I) di fronte all’eccezionalità del black swan (Taleb, 2008): un’emergenza repentina e di carattere globale (Bailey e Breslin, 2021), per effetto della quale l’Italia è stata il primo Paese europeo a entrare in lockdown il 9 marzo 2020. Attraverso testimonianze di prima mano di comunicatori e decision maker aziendali, la ricerca ha puntato a esplorare strategie e azioni messe in atto per informare, rassicurare e coinvolgere i lavoratori a inizio pandemia, alla luce dei rischi e delle opportunità che la crisi ha offerto sul piano relazionale, quale ‘arena’ di comunicazione e cambiamento accelerato per le organizzazioni del Paese. Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione, quindi, è eccellente Confucio

Contesto della ricerca e rassegna delle fonti

Per le imprese, la pandemia ha rappresentato un banco di prova delle relazioni a tutti i livelli: O-I, istituzionali, di marketing, economico-finanziarie (Fiocca, 1993; Guatri et al., 1999). Le organizzazioni hanno potuto sperimentare sulla propria pelle un accresciuto senso di interdipendenza con la comunità e la conseguente urgenza di comunicare a e con i diversi stakeholder (Censis-Ascai, 2020a; Martello et al., 2020).

La pandemia e la comunicazione ‘capovolta’

La pandemia ha determinato un impulso senza precedenti alla trasformazione digitale delle imprese italiane: la connettività ha modificato i canali di comunicazione e commercializzazione di beni e servizi, raddoppiando in pochi mesi la diffusione dell’ecommerce (Istat, 2020a). A un tempo, le organizzazioni hanno disinvestito sulla comunicazione pubblicitaria e di marketing massive, in favore di una maggiore selettività e focalizzazione sui legami primari e fondativi, indispensabili per la continuità aziendale. Da una parte, hanno sentito di dover rassicurare i partner commerciali e clienti più fedeli, tenendo vive le relazioni con aggiornamenti e canali il più possibile personali e diretti. Dall’altra, la comunicazione corporate, tesa a raccontare e ‘istituzionalizzare’ l’impresa, ha guadagnato via via terreno anche fra le Piccole e medie imprese (PMI) italiane, tradizionalmente più esposte sul fronte del marketing e della comunicazione di prodotto (Invernizzi e Romenti, 2020).

Insieme al territorio e alle community relation (Burke, 1999; Magnani, 2016), la comunità aziendale ha quindi rappresentato il fronte relazionale più sensibile per affrontare l’emergenza e la successiva ‘ripartenza’. Il lavoro ha rappresentato la sfera più esposta all’effetto trasformativo della pandemia (Microsoft, 2020), con effetti a cascata su molteplici ambiti: un colossale esperimento di lavoro da remoto ha coinvolto in Italia un terzo circa dei dipendenti (34% a settembre 2020; Assolombarda, 2021), sdoganando su larga scala il ricorso a sistemi di videoconferenza e messaggistica precedentemente prerogativa delle organizzazioni più grandi e internazionalizzate (Istat, 2020a; Zerfass et al., 2021). Al di là dell’accelerazione tecnologica, l’emergenza ha soprattutto rilanciato l’alleanza tra organizzazioni e lavoratori, più che mai bisognosi di essere guidati, rassicurati, incoraggiati (Heide e Simonsson, 2021; Ecklebe e Löffler, 2021), coinvolti empaticamente nel cambiamento (Mazzei e Butera, 2021; Mazzei et al., 2021).

Relazioni o-i e impatto della pandemia

Da marzo 2020, imprese e organizzazioni del Paese sono state costrette a sperimentare nuove modalità di comunicazione e gestione del proprio personale. Manager e colletti bianchi hanno affrontato la duplice sfida del lavoro agile e della digitalizzazione: entrambi fronti che, nel pre pandemia, vedevano l’Italia in una situazione di arretratezza in Europa (Assolombarda, 2021). Nello stesso tempo, le imprese hanno dovuto garantire continuità a processi produttivi ‘situati’ e non trasferibili in remoto, adottando inediti modelli di gestione del workplace.

L’emergenza ha così segnato un prima e un dopo, alla luce di molteplici tendenze: l’affermazione dell’home office (spesso celebrato euforicamente in Italia come “Smart working”), per contenere il contagio sui luoghi di lavoro e nei trasporti pubblici; la migrazione della comunicazione ai e con i collaboratori su piattaforme digitali, vecchie e nuove; la rimodulazione degli spazi in funzione della sicurezza e del distanziamento; la sperimentazione di un modello misto e ‘figitale’, basato su inediti intrecci fra architettura e tecnologia (Microsoft, 2021). Cambiamenti di tale portata hanno richiesto un enorme sforzo di reazione e adattamento: a ridefinirsi sono stati i modelli di organizzazione del lavoro, ma anche gli stili di comunicazione e relazione che supportano la condivisione della cultura e delle strategie aziendali, per attivare da parte di singoli e gruppi di lavoro i nuovi comportamenti funzionali al cambiamento.

Di fatto, con la pandemia le imprese hanno dovuto comunicare di più e meglio con le proprie persone. La forte accelerazione sulla comunicazione O-I in seguito al lockdown (Censis-Ascai, 2020a e 2020b; Cerc, 2020a e 2020b) rende conto dell’urgenza di tenere compatti i lavoratori, evitando il panico nella compagine aziendale e fra gli stakeholder; come pure, nel medio periodo, dell’opportunità di responsabilizzare i singoli e coltivare, fra collaboratori e partner strategici, energie e comportamenti proattivi indispensabili per la ripartenza (Mazzei e Butera, 2021; Mazzei et al., 2021).

Da questo punto di vista, la comunicazione di pandemia chiama in causa i processi di interazione finalizzati ad auto-generare e governare le due risorse intangibili ‘catalizzanti’ il funzionamento aziendale e il vantaggio competitivo (Coda, 1991; Mazzei, 2011 e 2014): ovvero le conoscenze e competenze degli attori organizzativi (capitale intellettuale), insieme alla collaborazione e ai rapporti fiduciari (capitale sociale). A dispetto di queste potenzialità, la comunicazione O-I, quando formalizzata nell’organigramma delle imprese italiane, risulta tradizionalmente poco autonoma e per lo più sublimata in altre funzioni, come le Risorse Umane e la gestione del personale (Invernizzi e Romenti, 2020). Nel pre pandemia essa dava vita a una funzione dedicata soprattutto nelle grandi imprese (56%), nella maggioranza dei casi attivata da meno di un decennio (65%; Mazzei e Quaratino, 2019): ci si è avviati così a istituzionalizzare, in tempi relativamente recenti, una tradizione d’eccellenza che si deve in passato all’intuizione di imprese e imprenditori illuminati del Paese.

L’articolo è pubblicato sul numero di Dicembre 2021 della rivista Sviluppo&Organizzazione.
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comunicazione, relazioni, black swan


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Valentina Martino

Ph.D., Professoressa Associata di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi al Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma

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