L’ora della competenza
Un nuovo governo (ancora una volta) per l’Italia. Dopo che il cosiddetto Conte Ter è sfumato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di conferire l’incarico a Mario Draghi. L’ex Presidente della Banca centrale europea (Bce) ha “accettato con riserva” il compito di “formare un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”.
Un profilo considerato da più parti di altissimo livello, quello di Draghi, chiamato a gestire il Recovery Fund e la crisi politico-economica alla guida di un Esecutivo composto da nuove personalità che non si identifichino con il mondo della politica.
Questa situazione apre una riflessione sul ruolo di chi guida la gestione della crisi e di chi si deve occupare della successiva ripresa. L’ex Premier Giuseppe Conte ha lavorato per uscire dall’emergenza, ma per rilanciare la crescita dell’Italia la scelta è ora ricaduta su un economista di alto profilo: quella di Draghi, secondo molti osservatori, sarebbe proprio la figura più adatta. E il suo nome non è una novità, visto che circola da mesi.
Con Draghi sembra di ripercorrere la storia di un altro civil servant nonché figura a lui molto vicina: a inizio Anni 90, Carlo Azeglio Ciampi fu incaricato dal Quirinale per gestire un momento particolarmente complicato per il Paese. Ma l’ex Presidente della Bce è la persona giusta? Un ex dirigente italiano – che ha chiesto l’anonimato – propone una sua riflessione, risultato anche di una lunga carriera all’interno di diverse multinazionali.
A volte è necessario azzerare il management
Ero ancora un giovane quadro, quando la filiale italiana della multinazionale per cui lavoravo stava attraversando un periodo di crisi: bilancio in perdita, management che cercava di gestire la situazione senza però riuscire a cambiarla. Improvvisamente la casa madre decise di sostituire l’Amministratore Delegato. Arrivò un nuovo manager con una mission precisa supportata dal budget necessario a implementarla. Il suo compito era di risanare l’azienda riportando il bilancio in positivo.
Per la prima volta nella storia di quell’azienda si attuò una pesante riduzione del personale utilizzando il budget messo a disposizione per le buone uscite. Questo fu accompagnato dal passaggio da un’organizzazione verticale (e burocratizzata) a una orizzontale e poi a matrice con headquarter europei. Tutto il Top management fu letteralmente azzerato e i direttori del Consiglio d’amministrazione furono estromessi.
L’idea era che il management esistente, e lo stesso personale, non fossero pronti per lo sviluppo che la casa madre aveva in mente. Erano abituati a gestire lo status quo. Naturalmente vennero implementate anche revisioni di tutte le spese, di tutte le procedure dispendiose al fine di ottenere risparmi. Il reparto commerciale fu orientato a dare priorità al profitto piuttosto che al fatturato.
Poi il manager promosse una decina di quadri (tra cui il sottoscritto) a dirigenti sotto il suo diretto controllo. Non c’era più il livello dei direttori del Top management. In quegli anni si lavorò a dei ritmi a cui non eravamo abituati. Ricordo ancora riunioni finite all’1.30 di notte o telefonate dell’Amministratore Delegato mentre era in giro per il mondo e bisognava essere pronti a dargli l’aggiornamento giornaliero.
Comunque finimmo tutti per apprezzare la sua ferrea volontà con cui riuscì nell’intento di riportare in positivo il bilancio. A quel punto, però, bisognava pensare allo sviluppo della società. Quindi serviva un nuovo Amministratore Delegato, che infatti arrivò con una mission completamente diversa e con il relativo budget per implementarla.
Questo è un esempio di come, nell’ambito della gestione di una crisi, si alternino tre tipi di management: prima quelli ‘seduti sugli allori’; poi ‘Attila il distruttore’ che ripiana la situazione; infine lo ‘sviluppatore’.
Il motivo per cui si cambia il vertice, in questi casi, è perché non si può tenere il capo che ha la fama di essere ‘Attila’ anche in tempi normali o positivi. I dipendenti, i clienti e i fornitori possono resistere durante il periodo di crisi, poi devono avere una guida che li tranquillizzi, che li motivi, che li incentivi, che li premi.
Mettere in un determinato ruolo la persona giusta al momento giusto (e accompagnare ciò con una riorganizzazione generale) significa scegliere la persona e l’organizzazione più adatta a una specifica fase e agli obiettivi che ci si prefigge.
leadership, mario draghi, governo italiano, gestione della crisi