Università

L’università come spazio di inclusione, ricerca e incontro con il mondo del lavoro

L’università come strumento per superare le disuguaglianze. Gli obiettivi della neo Rettrice de La Sapienza, Antonella Polimeni, partono dall’affrontare il tema dell’inclusione, che dovrebbe essere la quarta missione di ogni ateneo accanto a didattica, ricerca e dialogo con il territorio. La pandemia ha evidenziato l’importanza della ricerca di base: non ci può essere futuro senza ricerca e per questo servono risorse, come ha evidenziato anche il premio Nobel Giorgio Parisi. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dedica importanti risorse e, altrettanto significativi, sono i fondi stanziati dalla prossima legge di Bilancio. L’obiettivo è consentire al sistema produttivo di governare le grandi sfide della contemporaneità: partendo dalla sostenibilità e dalla velocità dell’innovazione tecnologica, il mondo accademico deve attrezzarsi per formare professionalità che ancora non esistono. E per costruire piattaforme efficaci per far incontrare domanda e offerta di lavoro. Con la dovuta attenzione alla rimozione degli ostacoli che tuttora intralciano la possibilità per molte donne di seguire le proprie passioni professionali. L’Università La Sapienza, che si conferma al primo posto tra gli atenei italiani nella classifica 2021 del Center for world university rankings, è guidata da una donna. La nostra conversazione inizia da qui.

Una donna per la prima volta al vertice della più grande università italiana: cosa significa per lei?

Ammetto che è una bella soddisfazione. Non considero questo ruolo come un traguardo, ma avere la responsabilità di guidare un’università come La Sapienza offre l’opportunità di poter cambiare le cose in meglio. Questo per me è un grande stimolo e il mio impegno è sempre stato indirizzato a raggiungere posizioni che mi consentissero di definire orientamenti. Il fatto che io sia una Rettrice è importante, è un esempio per le studentesse e per le giovani donne affinché capiscano che non ci sono strade e opportunità che sono precluse. Importante sottolineare, al di là del tema specifico di genere (che dal punto di vista della notizia ha rappresentato l’impatto più significativo), che la mia elezione – a un anno da quando ho preso servizio effettivo il 1 dicembre 2020 – è avvenuta al primo turno e con il 61% delle preferenze: un segno di grande unità dell’ateneo ed espressione di un consenso ricevuto sulla base di una proposta condivisa da tutta la nostra comunità, non solo quella docente e tecnico-amministrativa, ma anche – e soprattutto – quella di studenti e studentesse che mi hanno votato con una percentuale vicina al 90%. Elemento che mi fa piacere mettere in rilievo e che testimonia il consenso per una modalità di lavoro. Il mio percorso all’interno dell’ateneo mi ha vista ricoprire tanti i ruoli: Direzione di dipartimento, Presidenza di facoltà, Consiglio di Amministrazione e componente del nucleo di valutazione di ateneo. Un percorso che in 20 anni mi ha consentito di imparare e conoscere al meglio quest’istituzione ed evidentemente anche di essere conosciuta e apprezzata, visto il risultato della tornata elettorale.

Come considera il ruolo dell’università in proiezione futura, nel contesto internazionale, ma anche nella società italiana?

Le università offrono il grado più alto della formazione, devono aprire a lavori qualificati, dare opportunità ai nostri giovani di esprimere al meglio le loro potenzialità emancipandosi anche da ruoli stereotipati, e questo riguarda molto il genere femminile. L’università rappresenta uno spazio privilegiato dove dobbiamo praticare al massimo l’inclusione e renderla concreta. Abbiamo la responsabilità di formare nuove generazioni che sviluppino consapevolezza delle proprie potenzialità e di come poter incidere in ogni disciplina. Dobbiamo partire dal presupposto che non esistono opportunità privilegiate per alcuni, né posizioni che si sono cristallizzate nel tempo e che vanno a vantaggio di pochi.

Come si concretizza un progetto di inclusione?

Il compito delle università è consentire di elevarsi a chiunque abbia le capacità. Accanto a didattica, ricerca e al dialogo con il territorio (quello che chiamiamo “terza missione”, per indicare l’impatto sul territorio e sulla società civile), rendere concreto il tema dell’inclusione per superare le disuguaglianze che in questo periodo si sono amplificate deve essere un ulteriore obiettivo dell’università: quella che ho chiamato “quarta missione”. La pandemia, da cui si spera di essere in via d’uscita, ha allargato in maniera drammatica la forbice delle disuguaglianze e ha avuto impatti tremendi sull’occupazione femminile. L’università, lo diciamo spesso, deve tornare a essere veramente un ascensore sociale. Forse non è ancora abbastanza potente per contrastare completamente l’effetto delle disparità. Al momento, però, è sicuramente lo strumento migliore di cui disponiamo, a livello nazionale e internazionale.

Dovrebbe essere più valorizzato, anche con adeguati fondi, il ruolo della ricerca universitaria, e cioè della ricerca di base non direttamente finalizzata al profitto, ma alla conoscenza?

Questo è un tema rilevantissimo. Durante la crisi pandemica si è acceso il faro sull’importanza della scienza, e quindi dell’attività di ricerca, ma anche della formazione e della salute. E il tema degli investimenti in ricerca si è posto in maniera forte all’attenzione generale. Si è evidenziata l’importanza di valorizzarla in tutte le sue dimensioni, non solo per generare profitto. In questo senso, è apparsa evidente l’importanza di incentivare la ricerca di base, spesso fanalino di coda nei finanziamenti. Questa è sottratta a quelli privati perché, per definizione, è considerata improduttiva. La pandemia ha portato alla luce il valore di queste attività e oggi le università sono le custodi della ricerca di base, ma soprattutto – questo va sottolineato in maniera importante – rappresentano l’asse portante della formazione delle generazioni future.

I fondi del Pnrr possono aprire nuove opportunità?

Seguendo questa riflessione, la ricerca è alimentata dalla progettualità, dalla condivisione, dalla flessibilità; quindi importante è andare verso una ricerca transdisciplinare. Con i fondi del Pnrr possiamo cogliere opportunità importanti per potenziare alcuni driver che rappresentano altrettanti capitoli di spesa: per esempio ingegnerizzazione, green, innovazione e inclusione. È importante in questa fase sottolineare come anche la bozza della prossima finanziaria conferisca orizzonti di crescita significativi: sono previsti 90 milioni in più da destinare ogni anno al Fondo ordinario per enti e istituzioni di ricerca per il triennio 2022-2024 e, dall’anno successivo, un aumento di 100 milioni. Un riconoscimento importante al valore della ricerca al punto che, nel presentare la bozza della finanziaria Maria Cristina Messa, Ministro dell’Università e della Ricerca ha dichiarato come sia stata esaudita la richiesta del premio Nobel Parisi – docente del nostro Ateneo – che, nel giorno del conferimento del riconoscimento, ha puntato l’attenzione sulla necessità di potenziare i finanziamenti a università e ricerca. E la bozza della nuova finanziaria va certamente in questa direzione. La pandemia rappresenta un’occasione per valorizzare l’importanza del lavoro di ricerca, ma bisogna procedere con ritmi accelerati.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Ottobre-Novembre 2021 della rivista Sviluppo&Organizzazione.
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inclusione, ricerca, Antonella Polimeni, La sapienza


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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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