Marco Biagi

Marco Biagi, l’eredità dispersa di un ispiratore incompreso

Il ventennale dal barbaro assassinio con cui i terroristi delle Brigate Rosse posero fine alla vita di Marco Biagi può essere l’occasione per riflettere sul suo lascito e su come il suo pensiero abbia o meno ispirato le riforme dell’Economia e del Lavoro degli ultimi 20 anni. Gli elementi di fondo delle proposte di innovazione del docente bolognese si possono collocare su cinque assi: la dimensione europea di riferimento; il modello della flexicurity; il ruolo dei servizi per il lavoro; la funzione centrale della formazione; il ruolo della bilateralità.

Andando con ordine, la dimensione europea di riferimento è coinvolta rispetto al disegno di un sistema di welfare per il lavoro, in grado di fare parte di un quadro europeo di intervento, utile per affermare una cittadinanza sociale europea che sia reale ed esigibile. La flexicurity è analizzata nella necessità di affiancare le tutele sul rapporto di lavoro alla promozione di garanzie sul mercato lavorativo, per la gestione delle transizioni di lavoro e per la necessità di regolare i rapporti flessibili e a rischio di irregolarità.

C’è poi il ruolo dei servizi per il lavoro, in cui alla necessaria riforma del sistema pubblico si affianchi una rete di servizi privati specializzati nell’orientamento, nella ricerca e selezione del personale e nell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro; e la funzione centrale della formazione, nell’ambito di un sistema complessivo di apprendimento permanente, ma anche nella convinzione di dover passare da un sistema passivo di sostegno al reddito per i disoccupati basato sullo schema ‘indennità al disoccupato-incentivo al datore di lavoro’ a un modello di aggiornamento delle competenze per il reinserimento di chi ha perso l’impiego. Infine si deve considerare il ruolo della bilateralità, ossia di relazioni sindacali basate sulla condivisione di responsabilità per la promozione del mercato del lavoro e della qualità nei rapporti lavorativo e non solo sulla regolazione del conflitto interno alle categorie.

Indicazioni programmatiche sul lavoro all’avanguardia

Gli elementi di fondo citati, insieme con la proposta di riforme presente nel Libro Bianco curato da Biagi sul mercato del lavoro in Italia, costituivano 20 anni fa le indicazioni programmatiche che, forse per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, avrebbero potuto determinare quella svolta nelle politiche per il lavoro, il welfare e la formazione di cui il Paese aveva da tempo bisogno. Tutto questo era stato pensato e progettato al momento giusto, grazie all’intelligenza del giuslavorista bolognese. Il terrorismo, come ha fatto per altri riformatori coraggiosi, colpì invece in modo preciso, privando l’Italia dell’energia e della competenza di una persona che aveva saputo indicare la strada corretta e utile per il lavoro forse prima di chiunque altro in Europa.

Le riforme successive hanno raccolto alcuni frammenti di questo pensiero, inserendoli in diversi interventi di riforma diluiti nel corso di lunghi anni, ma mai organici. Se pensiamo che il primo intervento che si richiama all’impostazione di Biagi è di pochi mesi successivo alla sua morte e che solo con il Jobs Act si è intervenuti, più di 10 anni dopo, ad aggiornare alcune riforme sul mercato del lavoro che si sono richiamate al pensiero del professore bolognese, siamo di fronte senza dubbio a una ispirazione costante, ma anche a una eredità dispersa e disarticolata.

Il Libro Bianco andrebbe oggi riletto con attenzione, proprio per lo sforzo di rimettere insieme quelle componenti delle politiche, del diritto e degli ammortizzatori sociali che per troppo tempo nella nostra cultura stavano separate. In quel testo è evidente lo sforzo di proporre un sistema organico e la consapevolezza dello studioso che sa che dalla definizione di un sistema si genera qualità e innovazione, si crea qualcosa di nuovo e di diverso.

L’ultima occasione è investire (bene) le risorse del Pnrr

Lo sforzo di ‘fare riforme di sistema’ si è perso nel tempo ed è stato più facile prendere parti parziali del disegno di Biagi: per esempio fare flessibilità senza adeguare la sicurezza o potenziare i servizi per l’impiego e la formazione, che provare a perseguire un disegno che fosse per sua natura organico, proprio perché di ampio respiro riformatore e potenzialmente strategico. Se dobbiamo pensare a un disegno organico che si può richiamare agli intenti di Biagi e che ha avuto un notevole impatto nella modernizzazione del lavoro, serve uscire dall’Italia per andare in Germania, dove pochi mesi dopo la morte del giuslavorista si è avviato un ciclo di riforme denominato ‘Piano Hartz’ con cui il Governo di Gerhard Schröder ha finanziato in modo robusto e realizzato un sistema di workfare che ha aiutato a diminuire il numero dei disoccupati nel Paese, proprio mentre da noi, a causa delle indecisioni, si è avviato un ciclo di crisi occupazionale.

D’altra parte, fare le riforme in modo non organico è forse il miglior modo per non farle. Il tentativo del Governo di Matteo Renzi ha provato, 10 anni dopo, a rilanciare un sistema organico di intervento, ma in modo non del tutto convinto e convincente, con misure che gli Esecutivi successivi hanno contribuito in buona parte a depotenziare, per il vizio italico per cui i governanti successivi devono sempre provare a smontare ciò che è stato fatto dai predecessori.

Il risultato del ventennio di balbettii riformisti è che ci troviamo oggi a discutere delle opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nella consapevolezza, ancora una volta, di dover recuperare il tempo perso. Per poter utilizzare le importanti risorse, il Governo di Mario Draghi deve fare in poco tempo ciò che in questi anni pochi sono riusciti a fare: le sfide non sono poche e neppure semplici.

Serve cambiare il reddito di cittadinanza per ricondurlo in un sistema di politiche attive; creare un programma nazionale di attivazione al lavoro (denominato Gol), che metta al centro la formazione dei disoccupati e sia coordinato insieme con le Regioni (magari meglio di quanto si è fatto con Garanzia giovani); riformare l’Agenzia nazionale politiche attive lavoro (Anpal) e la complicata governance sul lavoro e sulla formazione tra Stato e Regioni; rafforzare i servizi per l’impiego più deboli d’Europa; spingere l’acceleratore sulle competenze come fattore chiave per il reimpiego.

Tutto questo si deve fare ora e subito, perché prima qualcuno ha perso tempo. Molto tempo. E l’Europa non può aspettare le nostre indecisioni sulle riforme. Sono passati 20 anni. Ci è mancata la lungimiranza e il coraggio; proprio quelle doti che a Biagi non mancavano affatto.

welfare, Pnrr, Marco Biagi, Brigate Rosse, Eonomia del lavoro


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Romano Benini

Esperto degli interventi per lo sviluppo economico del Pnrr presso la Presidenza del Consiglio, Romano Benini è Professore di Sociologia del Welfare presso la Link Campus University di Roma e docente di Sociologia del Made in Italy presso l’Università la Sapienza di Roma. Giornalista economico e saggista, è autore de Il posto giusto, programma economico di RaiTre, e di numerosi saggi.

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