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Materialità nell’industria 4.0, robot, umani e organizzazione

Recentemente, la sociologa Lia Tirabeni (2019) ha proposto un’approfondita rassegna della letteratura centrata su lavoro e organizzazione nel contesto di Industria 4.0, tuttavia, come nota la stessa autrice, c’è una marcata esigenza pratica di oltrepassare il gap di una visione prettamente tecnologica, rimettendo al centro la questione del design organizzativo del nuovo paradigma industriale.

Nell’immaginario collettivo le tecnologie 4.0 consentirebbero a un operaio altamente qualificato di lavorare da remoto, comandando macchinari altamente automatizzati e a un’industria di modificare rapidamente i propri prodotti grazie a veloci connessioni digitali, alla grande potenza di calcolo delle apparecchiature informatiche e alle nuove forme di collaborazione tra macchine e umani.

In un simile quadro, l’enfasi sulle risorse immateriali tende a oscurare il ruolo esercitato ancora oggi dagli aspetti fisici e materiali della vita organizzativa, quali la progettazione degli ambienti, le modalità di contatto fisico con consumatori e clienti, le interfacce persone-strumenti e la logistica della consegna-distribuzione.

L’industria 4.0 nei dibattiti scientifici

Il termine Industria 4.0 ha origine in Germania (Mari et al., 2017), ma si è rapidamente diffuso in Europa come pilastro della strategia di rinnovamento del sistema industriale ed è al tempo stesso riconducibile al più ampio dibattito sugli impatti della digitalizzazione nei sistemi industriali (Ślusarczyk, 2018).

Questo concetto è declinato anche come Connected enterprise negli USA e Fourth industrial revolution nel Regno Unito (Morrar et al., 2017). Le caratteristiche di base che qualificano i sistemi di Industria 4.0 sono:

  • l’automatizzazione dei processi produttivi attraverso il passaggio dal lavoro manuale alla robotronica;
  • l’introduzione dell’Internet of Things e delle comunicazioni inter-macchina;
  • l’adozione di programmi di auto-apprendimento per il miglioramento costante dei sistemi di produzione.

Sul piano teorico, le caratteristiche sopra sintetizzate determinano la modernizzazione dei sistemi logistici e di movimentazione delle merci e l’ampia digitalizzazione delle differenti fasi di produzione.

Alla luce di ciò l’Industria 4.0 viene considerata capace di rendere le aziende più flessibili e reattive alle tendenze dei mercati, che si caratterizzano per la crescente volatilità e cicli di vita dei prodotti più brevi.

Inoltre, consente alle imprese di aumentare la produttività accelerando le innovazioni e l’avvio di nuovi business, grazie alla digitalizzazione e alle possibilità di integrazione macchina-macchina e uomo-macchina, anche in ottica di utilizzo intelligente dei Big data per la realizzazione e la vendita di nuovi prodotti.

Fino a oggi il dibattito scientifico internazionale si è caratterizzato principalmente attorno alla questione della sostituzione del lavoro umano da parte delle macchine (Pfeiffer, 2016). Il dibattito italiano, invece, si è contraddistinto per l’attenzione data ai fattori che influenzano l’adozione di questi sistemi da parte delle imprese (Di Maria, 2018).

Ciò che accomuna i due filoni di studi è che la maggior parte di essi si distinguono per un marcato funzionalismo e per l’orientamento prescrittivo, tendono cioè a creare il proprio oggetto di ricerca definendo schemi di ruoli e funzioni che qualificano ciò che rientra o meno nell’Industria 4.0.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2020 di Sviluppo&Organizzazione.
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industria 4.0, Internet of Things, automazione, nuove tecnologie produzione, design organizzativo

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