Mi licenzio perché… tanto un altro lavoro lo trovo
Il New York Times ha raccontato di recente che negli Usa il numero di posizioni aperte sta toccando livelli da record e, di pari passo, tanti lavoratori si licenziano per cogliere nuove opportunità. I dati relativi a posizioni aperte, licenziamenti e dimissioni, pubblicati mensilmente dal Dipartimento del lavoro statunitense, sono indicativi del rapporto tra domanda e offerta e mostrano uno spaccato dell’economia d’oltreoceano, che dà segnali di ripresa dopo i mesi di pandemia, anche se molti datori di lavoro registrano carenza di manodopera.
Sono state circa 11,3 milioni le posizioni aperte a febbraio 2022, numero sostanzialmente in linea con il mese precedente e in leggero calo rispetto al record toccato a dicembre 2021: si è registrato un incremento di 678mila nuovi posti di lavoro non agricoli e le assunzioni complessivamente sono aumentate di 263mila unità, arrivando a circa 6,7 milioni. Nel mese di marzo 2022, l’economia Usa ha evidenziato un ulteriore incremento di 431mila nuovi posti di lavoro.
Dopo la decrescita che ha caratterizzato il periodo Covid-19 nel 2020, i tassi con cui i lavoratori di età compresa tra 25 e 54 anni lavorano – o cercano un posto – sono tornati ai livelli prepandemici. Eppure la domanda ha superato l’offerta e sono cresciuti anche salari e benefit: secondo i dati del Governo, ci sono ancora circa 3 milioni di persone che, dopo lo stop imposto da restrizioni e lockdown, non sono tornate al lavoro. “Se le aziende vogliono attrarre i talenti, devono puntare a coinvolgere anche coloro che potrebbero non essere attivamente alla ricerca di lavoro in questo momento o cercare di risultare la prima opzione che le persone sceglieranno quando torneranno a lavorare”, ha scritto in una nota Ron Hetrick, Economista Senior presso Emsi Burning Glass, società specializzata nell’analisi del mercato del lavoro.
Le aziende americane devono essere attrattive, non solo con la retribuzione
Secondo molti sindacati e attivisti sindacali, la ragione del mancato rientro al lavoro delle persone è da ricercarsi nel fatto che queste ultime non si sentono abbastanza apprezzate dai datori di lavoro, nonostante gli aumenti salariali. Sia le grandi aziende pubbliche sia le piccole imprese, in linea generale, hanno, infatti, notevolmente aumentato le retribuzioni in risposta alla pandemia e all’inflazione, mai così alta dagli Anni 80. Eppure la strategia sembra non aver sortito l’effetto sperato. La questione apre a nuove riflessioni su come i leader dovrebbero relazionarsi con i team e dimostrare alle persone del gruppo, anche trovando modi non convenzionali, l’apprezzamento per il lavoro svolto.
Al momento c’è da registrare – è quanto emerge da alcuni sondaggi – che nonostante la diffusa preoccupazione per l’inflazione che in febbraio 2022 ha toccato il picco del 7,5% e pur con le difficoltà legate alla carenza di alcuni prodotti e delle materie prime e lo ‘stop and go’ delle maggiori catene di approvvigionamento globali, le aziende statunitensi sono almeno più ottimiste riguardo al futuro. I numeri diffusi dalla compagnia assicurativa MetLife econfermati dall’indice delle piccole imprese della Camera di Commercio degli Stati Uniti hanno mostrato che la fiducia verso il futuro abbia recentemente raggiunto il massimo dall’era della pandemia: circa tre imprenditori su cinque descrivono la loro attività come in buona salute.
Giornalista professionista, Cecilia Cantadore ama raccontare storie di persone e imprese. Dopo la laurea magistrale in Culture e Linguaggi per la Comunicazione all’Università degli Studi di Milano è entrata nel mondo dell’editoria B2B e della stampa tecnica e professionale lavorando per riviste specializzate. Scrive di cultura aziendale, tecnologia, business e innovazione, declinando questi macro temi per le diverse testate cartacee e online con cui collabora come freelance. Dedica il suo tempo libero alla musica, ai viaggi e alle camminate in montagna.
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