Nell’era di Amazon, Postalmarket ci riprova
Il celebre catalogo si prepara a ritornare come portale del Made in Italy. Funzionerà l’effetto nostalgia?
Il progetto è ambizioso: recuperare la migliore tradizione degli Anni 60 e 70 e rilanciare il modello della vendita per corrispondenza. Provando magari a fare concorrenza al più grande marketplace del mondo, accreditandosi come la versione italiana di Amazon. Postalmarket, il celebre catalogo illustrato ideato nel 1959 dall’imprenditrice milanese Anna Bonomi Bolchini, si prepara a tornare nelle case degli italiani. Almeno in versione digitale (ascolta il podcast sull’analisi del ritorno di Postalmarket).
Dopo il fallimento del gruppo, il marchio è stato acquisito nel 2018 dall’imprenditore friulano Stefano Bortolussi, che oggi punta a rilanciarlo sotto forma di portale dedicato al Made in Italy. Moda, Design, Beauty, Food & Wine, Tech: il catalogo si propone di dare spazio a grandi e medie imprese, piccoli commercianti e associazioni di categoria sul modello marketplace e dropshipping.
Nonostante il passaggio al digitale e ai linguaggi tipici dell’ecommerce, non manca un occhio di riguardo per i nostalgici della carta, con un catalogo leggero riservato agli abbonati. Dopo le celebri copertine di Ornella Muti e Romina Power, Cindy Crawford e Claudia Schiffer – passando per Carla Bruni, Monica Bellucci e Linda Evangelista – il nuovo corso si inaugura con il volto di Diletta Leotta, a cui è dedicata la cover della stagione autunno-inverno 2021.
L’intuizione originaria: la vendita genera il bisogno
“Con Postal Market, sai, uso la testa e ogni pacco che mi arriva è una festa”, recitava il vecchio slogan. Antesignano della consegna a domicilio e persino del cambio e reso gratuito con la formula “soddisfatti o rimborsati”, il più famoso canale italiano per la vendita per corrispondenza aveva intuito già 60 anni fa il principio alla base del moderno ecommerce: l’idea cioè che la vendita non è fondata sul bisogno, ma genera essa stessa il bisogno.
Il catalogo despecializzato che arrivava nelle case degli italiani creava nei consumatori il desiderio di acquistare oggetti e prodotti di cui il compratore medio allora non aveva neppure conoscenza. Nell’Italia del boom economico, capace e desiderosa di spendere, Postalmarket suppliva alla mancanza di grandi magazzini e negozi specializzati e offriva a molti italiani la possibilità di accedere a prodotti difficilmente reperibili nei piccoli centri di provincia.
“Oggi potrebbe sfruttare quello che alcuni chiamano retro marketing, ovvero l’aggancio al passato di un marchio consolidato nella tradizione”, spiega Edoardo Sabbadin, Professore di Economia e Gestione delle Imprese all’Università degli Studi di Parma. Esperto del modello economico sotteso alla vendita per corrispondenza, Sabbadin aveva riassunto le sue ricerche sul fenomeno portato in Italia da cataloghi come La Base e Vestro in un libro pubblicato nel 1988, quando l’esperienza di Postalmarket stava già iniziando la sua parabola discendente.
Complessità e inefficienze postali: le ragioni della crisi
Dopo la fine del boom economico, gli Anni 70 sono un periodo di inflazione e crisi economica. Postalmarket sfrutta ancora l’inizio degli Anni 80, anni di ripresa e sviluppo dei consumi, ma sconta una difficoltà legata alla complessità. “Funzionavano bene le vendite con un catalogo limitato, ma società con un’offerta così ampia cominciavano già allora ad avere problemi legati alla complessità di gestire un magazzino con un numero altissimo di corrispondenze”, racconta il professore.
Secondo Sabbadin, “le difficoltà erano legate a due grandi elementi: in primo luogo, il fatto che in Italia abbiamo una presenza di punti vendita tra le più capillari, soprattutto nei settori diversi dal Food. Con moltissimi negozi a disposizione proprio sotto casa, veniva a mancare la convenienza di servizi che avevano invece maggiore presa in Paesi in cui la razionalizzazione della distribuzione era maggiore”.
E poi c’erano i limiti del servizio di consegna. “Il secondo fattore che creava problemi era l’inefficienza della rete logistica, che riguarda alcuni uffici postali e alcune provincie, con la conseguenza di creare una campagna che funzionava in alcune Regioni e non in altre”. Adesso che tutto è cambiato, con l’avvento dei colossi della Logistica e dell’esercito dei corrieri, quel modello potrebbe funzionare meglio di un tempo. A patto di riuscire a ricavarsi una fetta del mercato.
Nell’era di colossi come Amazon e Alibaba, c’è ancora spazio per il vecchio Postalmarket? “Dipende da che modello di business adotterà”, riflette Sabbadin. La pandemia ha spostato l’attenzione di tutti sugli acquisti online, rafforzando quella macrocategoria che prende il nome di no stop Retail e che ha finito per scavalcare i canali di vendita tradizionali. “I portieri e i custodi dei palazzi oggi gestiscono gli ultimi metri della filiera logistica”. Non a caso, l’ultimo rinnovo del Contratto collettivo nazionale della categoria prevede una clausola ribattezzata “indennità Amazon”: laddove ai lavoratori venga assegnata la mansione di ritiro dei pacchi – oltre che della posta raccomandata – è riconosciuta un’indennità pari a 1 euro per ogni unità immobiliare (1,30 euro nel caso di immobili di uso non abitativo). “Nella situazione tradizionale del sistema postale, l’Italia aveva ritardi pazzeschi: oggi ci sono ancora inefficienze, ma per fortuna esistono altre soluzioni”.
L’opportunità nel modello omnicanale
Negli Stati Uniti hanno già cercato di ibridizzare la forma della vendita per corrispondenza: dopo il catalogo aperto dei negozi, si è passati ai catalog showroom, spazi dove si potevano vedere e toccare con mano i campioni. “Il futuro potrebbe essere quello di creare formule ibride. La stessa Amazon ha comprato una catena di supermercati negli Usa e ha diffuso questa modalità”.
L’esempio a stelle e strisce, dunque, rimane. Anche se la vendita per corrispondenza si è diffusa negli Usa, con importanti aziende che hanno sfruttato lo sviluppo della posta e del trasporto ferroviario per diffondere catalogo e merci, a voler risalire indietro nel tempo, l’intuizione è tutta italiana. Anzi veneziana. “La prima forma di vendita a distanza è quella di Aldo Manuzio, che inventò il libro portatile”, rivela l’esperto. “I libri prodotti in Germania dopo l’invenzione delle prime tecniche di stampa erano grandi e voluminosi, Venezia sviluppò invece un’editoria di dimensioni trasportabili: le navi partivano dalla Laguna con una copia del Vangelo, raccoglievano gli ordini e una volta rientrati si stampavano le copie ordinate. È la prima vendita a distanza su campione”.
Anche nella nuova realtà omnicanale, in cui si affiancano shop online e negozio fisico, c’è chi ha fatto da apripista, come i grandi colossi di Amazon ed eBay che hanno sviluppato anche interessanti strategie di supporto e partnership con le associazioni dei commercianti. “Questo sorta di ‘effetto Amazon’ potrebbe favorire il rilancio di un operatore che si riaggancia a una tradizione legata al passato, ma punta a sfruttare tutti i canali”, continua Sabbadin.
“Bisognerà vedere che tipo di assortimento verrà proposto. Nella fase iniziale, Postalmarket ha sfruttato un periodo economico positivo, in cui crescevano i consumi di certi prodotti legati alla moda e all’abbigliamento. Oggi c’è una grande attenzione alla sostenibilità e all’economia circolare, che significa anche vendere prodotti usati”, ragiona l’esperto. “Occorrerà saper sfruttare bene le sinergie tra catalogo cartaceo e online, individuando un target che ancora ama sfogliare le raccolte. D’altronde, si dice che il libro più stampato al mondo ormai sia il catalogo Ikea”.
Articolo a cura di
Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom – Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE.
Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.
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