Team building

No coinvolgimento no party (in ufficio)

Pizza party e gite in campagna con la classe possono suscitare grande entusiasmo negli studenti. Quando invece è un adulto che si vede costretto a partecipare a un aperitivo aziendale, a un esercizio di team building o a una festa in sala conferenze, allora non è detto che l’attività possa risultare così piacevole… Per più di due anni, però, la pandemia aveva bandito il divertimento forzato dell’era precedente; certo, molte persone hanno partecipato ad attività virtuali o all’happy hour in videochiamata, ma nel complesso si erano perse le tracce dei rituali mensili e degli aperitivi fuori orario di lavoro.

A portare all’attenzione il tema è stata la Bbc, che ha sottolineato nella sua analisi come ora, anche se alcune aziende hanno richiamato i dipendenti in ufficio, il ‘divertimento obbligato’ al lavoro non sia più quello di una volta. In primo luogo, perché in un ambiente ibrido è difficile riunire tutte le persone. Inoltre, dall’inizio della pandemia molti hanno rivalutato le proprie priorità, per la maggior parte in favore di una rivalutazione del tempo per sé, e quindi, terminato l’orario di lavoro desiderano dedicarsi ai propri affetti e ai propri affari privati il più in fretta possibile.

Questo tuttavia non significa che i momenti di condivisione in azienda siano spariti: piuttosto hanno assunto nuovi connotati e gli eventi cui le persone desiderano davvero partecipare sono un modo utile per facilitare il legame di squadra e per dare a coloro che preferirebbero rimanere per lo più lontani una buona ragione per riunirsi ai colleghi. Le aziende più lungimiranti stanno lavorando, ha fatto notare l’emittente britannica, per offrire ai dipendenti proprio questo tipo di esperienza.

Un nuovo modo di fare squadra

Secondo Paul Lopushinsky, fondatore di Playficient, società di consulenza con sede a Vancouver, nella Columbia Britannica, in origine i party aziendali vecchio stile hanno preso le mosse dalle grandi aziende tecnologiche, cui si sono ispirate successivamente anche le altre organizzazioni. “Ma c’è sempre stato qualcosa di un po’ insidioso in quella cultura del divertimento. Mirava a spingere le persone a rimanere più a lungo in azienda”, ha spiegato Lopushinsky alla Bbc. E mentre alcuni lavoratori lo hanno apprezzato, molti altri ne sono stati a lungo irritati, vivendo la partecipazione forzata a eventi di questo tipo, con tanto di falsi sorrisi, come una forma di indottrinamento.

Oltre ad avere indotto a rendersi conto che lavorare in modo efficace non richiede necessariamente pasticcini e fischietti, la pandemia ha messo in primo piano l’esigenza di un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, spingendo i lavoratori a richiedere nuovi livelli di flessibilità. Le persone, è ciò che è emerso, sono ora molto meno propense a fare cose che non vogliono fare. Anche i manager, in fondo, dovrebbero vederlo come un vantaggio. Se l’obiettivo finale del divertimento in ufficio è facilitare il legame di squadra, è lecito pensare che possa funzionare molto meglio se nessuno si sente obbligato a partecipare: il senso di far parte di un gruppo emergerebbe in maniera molto più naturale. Se ogni momento del nostro tempo, come ha insegnato la pandemia, è prezioso anche le aziende, per averlo, devono utilizzarlo con saggezza.

Fonte: Bbc

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Erica Manniello

Laureata in Filosofia, Erica Manniello è giornalista professionista dal 2016, dopo aver svolto il praticantato giornalistico presso la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli. Ha lavorato come Responsabile Comunicazione e come giornalista freelance collaborando con testate come Internazionale, Redattore Sociale, Rockol, Grazia e Rolling Stone Italia, alternando l’interesse per la musica a quello per il sociale. Le fanno battere il cuore i lunghi viaggi in macchina, i concerti sotto palco, i quartieri dimenticati e la pizza con il gorgonzola.

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