Non c’è digitalizzazione senza infrastrutture adeguate e formazione

A tre mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria, che ha portato le aziende a rivoluzionare il loro modo di operare e lavorare, Regione Veneto e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali hanno raccontato di recente com’è cambiato lo scenario e quali sono state le problematiche e le esigenze in termini di business continuity per garantire un adeguato supporto allo Smart working. Al loro fianco si è schierata Nutanix, società di cloud computing che vende software per infrastrutture iperconvergenti e servizi cloud.

“Da quanto abbiamo potuto constatare con i nostri clienti, l’emergenza sanitaria è stata affrontata in due modi”, ha spiegato Alberto Filisetti, Country Manager Nutanix: “chi non aveva introdotto, prima del 2020, innovazioni tecnologiche e processi organizzativi agili, ha scelto soprattutto le soluzioni cloud. A chi invece aveva già iniziato a innovare, è bastato poco per adattarsi alle difficoltà sopraggiunte”. Fare innovazione, infatti, vuol dire fare delle scelte e pianificare, investendo in tecnologia e competenze.

Allineare tecnologia e competenze umane

Lo ha confermato Luca De Pietro, Direttore Unità Organizzative, Strategie ICT e Agenda Digitale di Regione Veneto, che ha raccontato come già prima di marzo 2020 avessero avviato in regione un progetto pilota di Smart working. Questo comprendeva circa 100 persone su 3mila dipendenti, che lavoravano da remoto fino a tre giorni alla settimana.

“Improvvisamente, dopo l’8 marzo 2020, tutti dovevano lavorare da casa. In pochissimo tempo, grazie agli investimenti precedenti, abbiamo velocizzato i processi di innovazione: se non avessimo già avuto una visione strategica e un data center organizzato, probabilmente non saremmo stati in grado di organizzare i colleghi da remoto già dal 12-13 marzo 2020”, ha dichiarato. La difficoltà più grande è sorta non a livello tecnologico, ma pratico, perché ‘solo’ 600 persone possedevano il Pc portatile. “Queste difficoltà ci hanno spronato a investire per dotare tutti i lavoratori degli strumenti necessari”, ha aggiunto.

Anche Daniele Lunetta, Dirigente dell’ufficio Digitalizzazione e innovazione tecnologica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è soddisfatto del percorso di digitalizzazione iniziato nel 2017, che ha facilitato molto la gestione del personale durante il lockdown: “Da tre anni usiamo un ambiente virtuale in mobilità, soprattutto per dirigenti di primo e secondo livello. In poco tempo abbiamo poi dovuto creare le condizioni per mettere circa 850 collaboratori in modalità Smart working”, ha raccontato.

Il suo team ha cercato di sfruttare il periodo di emergenza per capire come affrontare il periodo di ripresa, velocizzando l’installazione di strumenti tecnologici e App come la cloud transformation. Pur essendo avvantaggiati da un punto di vista tecnologico, anche Lunetta ha rivelato di aver incontrato delle difficoltà: “Sfruttare la tecnologia per ripensare la produttività è utilissimo, ma molto ricade nell’indole delle persone: è mancata un’alfabetizzazione adeguata sull’uso degli strumenti digitali, anche se avevamo introdotto delle guide online e dei ticket specifici di supporto”. La resistenza maggiore è stata quindi culturale: l’idea di portare l’ufficio fuori dalle mura tradizionali faceva paura.

Integrare la cultura digitale non solo nei luoghi di lavoro

Stessa situazione di De Pietro, che ha sottolineato come il sistema fosse pronto dal punto di vista infrastrutturale, ma non dal lato persone. Il suo team ha ovviato il problema inviando, ogni due giorni, una newsletter ai colleghi con pillole di lavoro agile su come fare una video call (il manager ha riportato che, da marzo 2020, lui e il suo staff hanno effettuato più 31mila video call, mentre nei sei mesi precedenti ne erano state fatte 32mila), come deviare il numero fisso del lavoro sul cellulare, come creare file condivisi, ecc.

Per cogliere tutte le opportunità bisogna investire nella formazione: lo stiamo facendo perché lo Smart working non è il vecchio telelavoro, ma un modo completamente nuovo modo di lavorare” ha sostenuto De Pietro. “La formazione deve partire dal management, anche se poi i fruitori di tecnologia siamo tutti. Il problema è che la cultura digitale non è insegnata nemmeno a scuola”.

A proposito di cultura digitale, Lunetta ha affermato che la politica dovrebbe fare maggiormente i conti con la realtà, dato che lo Smart working non è un accordo individuale per raggiungere un obiettivo temporaneo, ma un passo verso la crescita digitale del Paese, che sarebbe più veloce senza alibi o burocrazia. “Attualmente, si pensa troppo alla logica delle tutele e poco alla crescita”, ha aggiunto.

Offrire la connettività equa in tutto il Paese

Con tanti lavoratori connessi da remoto, i due dirigenti hanno anche toccato con mano le disuguaglianze nella connessione a Internet delle varie zone coinvolte. “Ci sono differenze molto alte anche all’interno della stessa città, come Roma. Se non si riesce a coprire un territorio molto vasto con la fibra e la banda larga, bisognerebbe puntare sul 5G per avere almeno una connessione mobile adeguata”, è stata la proposta di Lunetta.

Per quanto riguarda il Veneto, la Regione cofinanzia il piano di digitalizzazione Banda Ultralarga sul territorio nazionale, ma secondo De Pietro prima del 2022 non ci saranno esiti significativi.

“La Pubblica amministrazione non è unica, è composta da tante realtà, e purtroppo il digitale ha molta potenza nell’erogare servizi singoli, ma nella gestione complessiva diventa complicato da declinare. Il piano vorrebbe integrare tutti i servizi e trovare supporto adeguato anche per i piccoli comuni”, ha anticipato De Pietro.

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Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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