La valle oscura

Non è tutto oro la Silicon Valley

È di giugno 2022 la notizia del negozio del colosso tecnologico Apple che ha aderito a un sindacato: è stato il primo sugli oltre 270 presenti negli Stati Uniti. È successo a Towson, nello Stato del Maryland, dove 65 dipendenti hanno votato a favore della partecipazione a una sigla sindacale (33 i voti contrari). Si conferma quindi la (nuova) tendenza alla sindacalizzazione che si sta registrando nei negozi al dettaglio statunitensi, ma anche nei ristoranti e nelle compagnie Tech, da Amazon a Starbucks, dove i lavoratori chiedono salari più alti, maggiori benefit e di avere più voce sulle misure anti-pandemia. Il sindacato e i dipendenti di Towson hanno dichiarato di aver inviato all’Amministratore Delegato di Apple, Tim Cook, la comunicazione di volersi organizzare; nella dichiarazione si legge che la motivazione che li ha spinti alla scelta è di cercare “diritti che attualmente non hanno”.

In Italia, dove i sindacati fanno parte della nostra storia economica, la notizia dei tentativi dei lavoratori mondo Tech statunitense, soprattutto legato alla Silicon Valley, di ottenere una rappresentanza ha suscitato un po’ di curiosità: la zona che sorge nella San Francisco Bay Area, in California, e che ospita numerose startup e società internazionali specializzate in tecnologia come Apple, Facebook e Google, non è abituata a questo tipo di organizzazioni.

Lo racconta anche Anna Wiener, scrittrice e giornalista americana, nel libro La valle oscura (Adelphi, 2020), un memoir di quando, da redattrice editoriale nata e cresciuta a New York, pochi anni fa si è trovata ad accettare un lavoro in una startup di analisi dati di San Francisco – un ruolo non tecnico che le permetteva di avere una posizione di osservatrice – e di farlo stipendiata.

Il viaggio negli aspetti meno noti delle startup

Una volta arrivata nella Silicon Valley, Wiener ha iniziato a farsi alcune domande: per quale ragione gli spazi di lavoro sono disegnati come appartamenti e questi come spazi di lavoro? In base a quale idea anche chi hai seduto di fronte comunica con te solo via messaggio? Come mai gli unici scambi diretti fra umani ruotano intorno alle ordinazioni del delivery food successivo? E soprattutto, oltre a imporre una vita quotidiana, così diversa da tutte le altre, che cosa fanno veramente le startup? Accumulano quantità inimmaginabili di dati su ciascuno di noi e li organizzano secondo strategie sempre più veloci e sofisticate, è la teoria dell’autrice che se ne chiede il motivo.

Wiener ha cercato le risposte per cinque anni e quando è uscita da quel mondo ha deciso di scrivere il libro-rapporto, che ha assunto poi la forma di un romanzo. Nel testo sono portate alla luce diverse questioni: se la più evidente è lo sviluppo incontrollato del capitalismo delle imprese Tech e i danni della cosiddetta ‘economia della sorveglianza’, la seconda, che sta a cuore all’autrice, riguarda la condizione delle donne sul posto di lavoro, indipendentemente dal fatto che esso sia fisico o virtuale. Le allusioni, i commenti ‘da caserma’, i comportamenti volgari e sessisti, infatti, travalicano le mura degli edifici per diffondersi nel web, nelle chat, nei forum online. “Mi consideravo una femminista, ma il mio lavoro mi aveva messa in una posizione di incessante e professionalizzata deferenza verso l’ego maschile”, ammette Wiener nel libro.

Come riconosce anche la giornalista, inoltre, il desiderio di dedicarsi al lavoro come fosse un’azione sociale, propria del settore Tech, non riguarda solo questa funzione. È comune anche nel settore editoriale, animato dallo stesso spirito di dedizione. E questo libro, scritto da una persona che dall’editoria è passata al Tech, e poi tornata all’editoria, lo dimostra. Nella quarta di copertina c’è scritto: “Si ride molto, a leggerlo. Ma si ride sempre, quando si ha paura”.

Silicon Valley, Apple, Anna Wiener, La valle oscura, Towson


Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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