Non è un mondo (del lavoro) per giovani
Il mondo del lavoro in Italia è caratterizzato da fenomeni vari, come mismatch, mancanza di competenze e Neet, cioè ragazzi che né studiano né cercano un impiego. A pagarne le conseguenze sono soprattutto i giovani. Nel 2021 era occupato, infatti, solo il 28,5% dei giovani tra i 15 e i 24 anni, rispetto alla media europea del 43,6% (fonte Eurostat); i Neet erano il 23,1% rispetto al 13,1% della media europea (fonte Eurostat) e, inoltre, nel periodo 2022-26 il mismatch è previsto arrivi a oltre 50mila laureati all’anno (fonte: Sistema informativo Excelsior). Questi sono alcuni dati riportati nel libro Gioventù bloccata (Il Sole 24ore, 2024), scritto da Valentina Magri, Giornalista, e da Francesco Pastore, Professore di Economia Politica dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli (scomparso nel 2022), che ha l’obiettivo di favorire una riflessione sull’occupazione dei giovani.
Il passaggio dalla scuola al lavoro è analizzato e presentato come particolarmente complesso e inefficiente per diverse cause, tra le quali la cesura tra teoria e pratica che caratterizza il sistema formativo italiano. “Poche o nulle sono le occasioni per incontrare le aziende; mancanza di orientamento in entrata e in uscita dalla scuola; impostazione prevalentemente umanistica della formazione, poco orientata a preparare le persone al mondo del lavoro”: così gli autori descrivono l’impostazione scolastica nel libro. Anche le imprese, però, hanno le loro responsabilità nel rendere poco fluido l’ingresso nel mondo lavorativo, in particolare sottolineando alcuni aspetti: ”L’abuso nell’utilizzo di stage, metodi di selezione più orientati al passaparola che al merito, scarsa propensione alla formazione dei giovani, poca apertura nei confronti della scuola e delle altre istituzioni che contribuiscono alla formazione del capitale umano”. Solo per concretizzare qualche dato, per esempio, il Ministero del Lavoro ha calcolato che nel 2021 sono stati attivati in media, ogni trimestre, 82mila tirocini, cioè meno del 40,1% rispetto al 2020.
Una causa contingente di questo scenario è, però, l’economia italiana che fatica a crescere: il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha previsto una crescita dello 0,7% del Prodotto interno lordo nel 2024 e di conseguenza è difficile aumentare il livello occupazionale. E a finire al centro dell’attenzione è l’innovazione sul fronte della tecnologia: “Le Piccole e medie imprese (PMI) faticano a stare al passo con l’evoluzione tecnologica, perché le politiche di investimento o di innovazione sono appannaggio di imprese globali, leader sia a livello tecnologico sia di mercato. Tecnologia, investimenti e innovazione sono leve importanti per la crescita di qualsiasi azienda”, scrivono Magri e Pastore. In particolare, a risentire del ritardo innovativo e, quindi occupazionale, sono le aziende del Sud: secondo il rapporto 2020 dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), citato nel libro, nel Sud gli occupati Under 35 sono il 29,5% rispetto al 49% nel Centro Nord.
Le tre vie dell’impegno per il lavoro
Dopo aver presentato in modo esauriente gli interventi governativi che negli anni hanno cercato di sostenere l’occupazione – per esempio il reddito di cittadinanza, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e il piano nazionale Neet Working – la seconda parte del libro si sofferma su che cosa si può fare di più, analizzando in tre capitoli differenti il ruolo dell’Italia, dell’Europa e delle famiglie. Partendo dall’istruzione, l’invito degli autori è istituire un sistema che punti a fornire conoscenze tecniche e pratiche utili nel lavoro: “Sarebbe necessario rendere gli atenei più professionalizzanti, creare università professionali per i diplomati tecnici, introdurre l’apprendistato scolastico ‘alla tedesca’, incrementare gli Its Academy, migliorare l’orientamento”. L’apprendistato alla ‘tedesca’ prevede, infatti, per gli studenti del terzo e il quarto anno delle scuole superiori di seguire a scuola, per tre giorni a settimana, le lezioni teoriche, mentre in azienda quelle pratiche.
A livello di sistema Europa, la prospettiva positiva degli autori è, invece, che la crescita economica può generare maggiore richiesta di beni e, di conseguenza, assunzioni di lavoratori per produrli. “L’Europa dovrebbe sostenere la crescita dei Paesi europei, adottare una politica fiscale e industriale europea non protezionistica, promuovere maggiori investimenti in Ricerca e sviluppo (R&S)”, è l’analisi di Magri e Pastore che approfondisce i vari temi in capitoli dedicati.
Infine, propongono gli autori del libro, serve puntare anche sulle famiglie che devono promuovere una maggiore consapevolezza delle esperienze lavorative. “I giovani dovrebbero svolgere esperienze lavorative in Italia o all’estero durante gli studi, anche semplici e brevi, cogliendo le occasioni offerte dalla scuola; e scegliere percorsi scolastici e post scolastici che offrano sbocchi occupazionali ed esperienze di lavoro in azienda. I genitori dovrebbero incoraggiarli a farlo, evitando di imporre loro le proprie aspirazioni o tarpando loro le ali”.
Alessia Stucchi è giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne in triennale e in Sviluppo Economico e Relazioni Internazionali in magistrale. Nel 2023 ha vinto il Premio America Giovani della Fondazione Italia Usa che le ha permesso di conseguire il master Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy. Nel tempo libero si dedica alle camminate, alla lettura e alle serie tivù in costume.
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