Parità di genere: un obbligo sociale
La cronaca recente ha affrontato diffusamente il caso delle recenti dimissioni di premier: in Nuova Zelanda, Jacinta Ardner, e in Scozia Nicola Sturgeon, a cui si sono aggiunte le recentissime dimissioni di donne ai vertici di aziende nella Silicon Valley, Susan Diane Woicicky CEO di YouTube. Tutte hanno addotto motivi personali legati alla qualità della vita e hanno dimostrato un minore attaccamento al potere, forse garanzia di una leadership più obiettiva, saggia e previdente. Si evidenzia così una differenza di leadership maschile e femminile o si possono interpretare queste dimissioni come segno di debolezza e inaffidabilità?
“Abbiamo davanti a noi donne che hanno agito con grande onestà intellettuale: hanno saputo contrastare un modello culturale patriarcale che non riconosce a noi donne gli sforzi che dobbiamo fare per arrivare alle stesse posizioni degli uomini”, dice Anna Maria Tarantola, Presidente della Fondazione Centesimus Annus ed ex Vice Direttore Generale di Banca d’Italia, intervistata sul numero 0 – Primavera 2023 di I,WE – Inclusion, Welfare, Environment, la nuova rivista della casa editrice ESTE e di EcoEridania Editore dedicata alla sostenibilità. “Il coraggio di queste persone, inoltre, deriva dal fatto di aver saputo acclarare che il senso della vita non è quello che ci è stato imposto dagli uomini, ovvero il successo lavorativo a ogni costo in un contesto di competizione esagerata e distruttiva. Infine, queste tre donne hanno anche dimostrato che, agendo da sole, in poche, è impossibile riuscire a cambiare il modello. Ci viene quindi imposta una scelta: accetto di aderire a questo sistema soffocando le mie priorità o le faccio valere e vengo distrutta? L’alternativa può derivare solo dalla fortuna di avere l’aiuto della famiglia. Io sono riuscita a vivere il confronto con questo mondo lavorativo, con quegli impegni e quello stress perché ho avuto una famiglia forte, coesa e aiutante”.
Riequilibrare le retribuzioni per incrementare la natalità
Quelli analizzati sono esempi di donne che si sono dimesse con incarichi ai massimi livelli istituzionali, ma dobbiamo occuparci anche di tutte le donne che fanno lavori ‘normali’, o vorrebbero potersi esprimere nella professione che hanno scelto e non ci riescono. Le donne, inoltre, generalmente, sono pagate di meno rispetto agli uomini e se formano una famiglia, è più conveniente che stiano a casa. Per creare una società più giusta potremmo partire dal riequilibrare le retribuzioni. E il pay gap è una questione irrisolta.
A questo proposito, sempre Tarantola, dice: “Eliminare la differenza nelle retribuzioni rappresenta un fattore chiave per determinare se ci stiamo incamminando verso un percorso di parità. Ci sono studi che dimostrano come, a parità di ruolo e responsabilità, soprattutto nel privato, ci sia ancora una differenza sostanziale tra i compensi di uomini e donne. Bisogna anche tenere in considerazione il fatto che il tasso d’occupazione femminile è caratterizzato da un sovradimensionamento di lavori precari, posizioni che, di fatto, danno minori possibilità di avanzamento di carriera. Abbiamo avuto un notevole miglioramento per quanto riguarda la presenza di donne all’interno dei Consigli d’amministrazione delle grandi aziende quotate, grazie a una legge che impone l’assunzione di quote di genere e che scatta nel caso in cui uno dei due sessi sia sottorappresentato. Se, però, si va a vedere all’interno di tutte quelle aziende per cui questa norma non è applicata, la percentuale di presenze femminile è molto bassa. Così come lo è per le figure di Amministratore Delegato e di tutte le figure dirigenziali”.
In sintesi, il genere femminile nel mondo del lavoro è sottorappresentato e ai dati negativi sull’occupazione femminile dobbiamo associare l’inverno demografico che sta investendo il Paese. Una situazione che sta mettendo a rischio la sostenibilità nel nostro ecosistema. È stato calcolato che, entro il 2070 l’Italia perderà più o meno 11,5 milioni di abitanti. Nei prossimi 25 anni i giovani sotto i 35 anni caleranno di 4 milioni, mentre le persone Over 65 saranno 18-20 milioni, e la spesa per pensioni e sanità potrebbe assorbire un quarto del Prodotto interno lordo. Il conto della crisi della natalità è qualcosa che raggela.
Come fare per invertire la rotta? “Tutti i Paesi con un livello d’occupazione femminile maggiore del nostro hanno anche un tasso di natalità più alto, come Francia e Germania. Se economicamente forte, la donna si sente più gratificata, sicura e pronta ad affrontare la maternità“, ragiona Tarantola. Il tema retributivo è correlato all’educazione finanziaria: insegnare alle donne a gestire la propria finanza è strettamente connesso alla loro crescita in ambiti che, finora, secondo la cultura dominante, non erano ascrivibili ai ruoli femminili”.
Il testo integrale dell’intervista ad Anna Maria Tarantola, Presidente della Fondazione Centesimus Annus ed ex Vice Direttore Generale di Banca d’Italia è pubblicato sul numero ‘0’ della nuova rivista I,WE – Inclusion, Welfare, Environment che presentiamo il 4 aprile 2023 a Milano al Palazzo delle Stelline. Iscrizioni all’evento a questo link.
maternità, lavoro femminile, Gender pay gap, Anna Maria Tarantola, IWE-Inclusion Welfare Environment