Parla come lavori: è giusto mettere al bando le parole straniere?
È recente la proposta di legge – firmata da Fabio Rampelli – per rendere la lingua italiana come unico mezzo di comunicazione all’interno della Pubblica amministrazione (Pa): in sintesi, sono bandite le parole straniere, ma anche sigle e denominazioni (a meno che non possano essere tradotte). Da tempo si discute dell’iniziativa, che secondo chi l’ha proposta, dovrebbe contrastare l’ampio uso di parole inglesi che sono vastamente utilizzate nelle organizzazioni, oltre che nella vita quotidiana (sono previste sanzioni fino a 100mila euro per chi viola gli obblighi nella Pa).
Ma davvero non siamo in grado di rinunciare agli inglesismi (sono circa 9mila presenti nel dizionario Treccani)? E poi: la cultura aziendale passa anche dal linguaggio; perché depauperare la nostra lingua di tutte quelle influenze che nel tempo sono state accettate e integrate?
Gli ospiti della puntata:
Chiara Lupi, Direttrice Editoriale ESTE
Luca Magni, Professor of Practice presso la Luiss Business School
Simone Pulcher, PhD Assegnista di Ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano- Bicocca; Professore a Contratto di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano
Francesco Varanini, Manager, Formatore, Consulente, Scrittore e Docente, Fondatore di Persone&Conoscenze, Direttore Responsabile di MIT Sloan Management Review Italia, Presidente di Assoetica
Con l’interventi di:
Alessandra Corbetta, Direttore di Ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media e docente, presso l’Università Liuc – Cattaneo di Castellanza