Perché agli imprenditori servono gli intellettuali
Lo sguardo attento e acuto sulla storia mondiale si è tradotto in un imponente affresco sulla situazione geopolitica attuale: Nella storia mondiale è l’ultimo libro di Giulio Sapelli (Guerini e Associati, 2021), un lavoro che ha richiesto anni per essere portato a termine e che ci aiuta a comprendere significato e correlazioni tra eventi ai quali assistiamo e ai giochi di forza che li determinano. Nel momento in cui ci sentiamo per questa conversazione, Sapelli non ha ancora ricevuto la prima dose di vaccino ed è, giustamente, molto critico verso un’organizzazione e un sistema Paese che genera dubbi sulla capacità di gestire una situazione dalla complessità così elevata.
Siamo in buona compagnia perché quasi tutto il mondo è in difficoltà. Fanno eccezione pochi Paesi tra cui la Nuova Zelanda, governata da Jacinda Ardern che ha vaccinato tutta la popolazione e Israele, che sta tornando gradualmente alla normalità. I numeri della popolazione, che in questi Paesi non superano i 10 milioni, certamente semplificano la questione organizzativa legata alla gestione delle campagne vaccinali, ma complessivamente possiamo dire che il mondo, a causa della crisi che il Covid ha innescato, da Est a Ovest è in seria difficoltà. L’economia mondiale, scrive Sapelli nel suo libro, è arrivata all’appuntamento con la pandemia nella peggiore delle situazioni possibili, con alta vulnerabilità del debito e alta leva finanziaria speculativa. La nostra chiacchierata inizia da qui.
In che situazione ci troviamo ora?
Il capitalismo riesce sempre meno a generare la chiave alla base della sua vittoria storica che è la produzione di plusvalore e profitto. Come racconto, il modello mondiale del capitalismo si fonda sull’abbassamento dei redditi, su un enorme debito speculativo e deboli investimenti nell’economia reale per la deflazione in cui siamo immersi. Negli ultimi 40 anni si è verificato un abbassamento dei salari in tutto il mondo e il reddito universale ha subito trasferimenti che non si sono mai verificati prima. La grande evoluzione dal Secondo Dopoguerra è stata rappresentata, in tutto il mondo, dall’aumento del reddito delle famiglie. Un incremento che ha consentito i vari miracoli economici che avevano alla base un’economia mista e una grande capacità di investimento e produzione di profitto, con un impatto positivo sui salari. Ora che si è centralizzata la regia dei meccanismi economici, tutto questo si è disgregato provocando un impoverimento della classe media.
In questo scenario è arrivato un virus dalla Cina…
Uno choc esogeno, una crisi completamente diversa da quelle cui il sistema capitalistico mondiale era preparato, perché colpisce allo stesso momento domanda e offerta e impatta sulla demografia a causa dell’aumento della mortalità.
Tutto questo cosa sta producendo?
Il debito pubblico e il debito privato sono immensi: più degli Stati sono indebitate le grandi corporation. Alla Borsa di Wall Street, le corporation quotate sono sempre meno e sono sempre più grandi e concentrate e sorreggono i titoli acquistando azioni proprie: da queste operazioni ne beneficiano i manager che sono retribuiti con stock option. C’è dunque un conflitto endemico che sostiene artificialmente questo capitalismo. Poi c’è un fenomeno paradossale: con bassi salari e una disoccupazione estesissima, siamo entrati in deflazione. La gente non spende, risparmia. E il denaro confluisce in rendite finanziarie o bancarie. Paradossalmente si scopre che il mondo è organizzato in modo diverso.
E come?
In tutto il mondo il numero di dipendenti pubblici è elevatissimo, l’Italia è il Paese che ne ha meno (un terzo rispetto ai Paesi dell’Europa del Nord, due terzi di Francia e Germania). Per questi, e anche per molti dipendenti privati, non è cambiato nulla. I pensionati hanno un reddito garantito e in Italia siamo circa 12 milioni. La pandemia colpisce i lavoratori autonomi, i piccoli e medi imprenditori che hanno contribuito ad arginare le crisi delle grandi corporation e tutti i lavoratori dell’economia dei servizi come Turismo, Ristorazione e i lavoratori informali che rappresentano oggi il 15-20% dei disoccupati. In questo scenario dobbiamo rilevare che in tutto il mondo è cresciuto il numero dei lavoratori interinali che sono altrettanto colpiti. La prospettiva è che avremo un aumento della povertà assoluta e questo avrà ripercussioni sulla democrazia che ne uscirà indebolita.
Cosa significa tutto questo?
Ci sarà una ripresa veloce delle attività industriali che si rimetteranno in moto presto, trainate dal Piano Biden più che dall’Europa, dove il Recovery fund deve fare i conti con la Corte costituzionale tedesca che potrebbe bloccarne la ratifica (la Corte costituzionale tedesca, nel momento in cui andiamo in stampa, ha riconosciuto la proporzionalità degli interventi e respinto i ricorsi contro gli acquisti della Bce, ndr). La sentenza di Karlsruhe è un campanello d’allarme: se il Piano non verrà approvato dalla Germania gli esiti saranno incerti. Anche la Spagna, per timore di dover intervenire pesantemente sulle riforme di pensioni e previdenza sociale, potrebbe rigettare i finanziamenti europei. Di nuovo l’economia americana diventerà la locomotiva del mondo. Tutto tornerà come prima con un consistente aumento delle differenze sociali.
Ora si sta lavorando alla riforma degli ammortizzatori sociali…
Riformarli significa dividere assistenza da previdenza, perché l’Inps non può più farsi carico della Cassa integrazione. È necessario dividere le politiche di povertà dalle politiche di orientamento e sostegno al lavoro. Ma abbiamo creato agenzie per il lavoro gestite da chi non conosce il funzionamento delle imprese.
Per informazioni sull’acquisto scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)
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